Jfc Coordinamento editoriale e fotografico: E. "Gomma" Guameri Immagine di copertina: Mario Canali Progetto grafico: Paoletta Nevrosi, Rosie Pianeta, Kix Realizzazione grafica delle mappe e contributo editoriale: Marco Philopat Consulenza tecnico-informatica: u.v.L.S.I. Fotocomposizione: ShaKe/Paoletta Nevrosi Grazie a: Aldo Bonomi (direttore Aaster) e ai suoi collaboratori Claudio Donegà, Gabriela Bustamante, Federico Moro, Gianmario Folini, Grazia Grena. Grazie inoltre a: Melina, Pino Tripodi, Daniele Farina, Enzo Iannuzzi, Paolino "Punk" Schiavone; Daniela, Gegé, Pino Perita, il Ladro; Stiv Rottame; le assemblee al completo dei centri sociali Leoncavallo e Cox 18 e tutti i fotografi e gli archivi che hanno messo a disposizione il loro materiale. Contatti postau: ShaKe, via C. Balbo 10, 20136 Milano Contatti telefono: 02/583 17306 Contatti elettronici: Decoder Bbs, 02/29527597; N-8-1; 300-14.400 bd, dalle 14.00 alle 8.00 Stampa: Bianca & Volta, Truccazzano (MI) I diritti dei testi e delle foto sono di proprietà dei rispettivi autori, tranne per Polisemia di un luogo i cui diritti sono stati ceduti alla ShaKe. Per quanto riguarda le mappe incluse nel testo il diritto d'autore è di Primo Moroni. No copyright esclusivamente per i centri sociali. Per ogni eventuale utilizzo si devono comunque contattare gli estensori del volume e/o ShaKe e in ogni caso citare la fonte. Prima edizione: Giugno 1996 ISBN 88-86926-01-4 Consorzio Aaster, Centro sociale Cox 18, Centro sociale Leoncavallo, Primo Moroni CENTRI SOCIALI: GEOGRAFIE DEL DESIDERIO Dati, statistiche, progetti, mappe, divenire SHAKE EDIZIONI UNDERGROUND INDICE INTRODUZIONE E. "Gomma" Guarneri POLISEMIA DI UN LUOGO Consorzio Aaster 7 21 IL LEONCAVALLO E LA CITTÀ DEL DESIDERIO. UN FIORE, IL DESERTO, LO STAGNO 85 Centro sociale Leoncavallo COX 18: UNA MICROSTORIA METROPOLITANA. IDENTITÀ, RAPPRESENTANZA, CONFLITTO. LUOGHI 105 Centro sociale Cox 18 e Calusca City Lights UN CERTO USO SOCIALE DELLO SPAZIO URBANO 161 Primo Moroni L'inchiesta autogestita qui pubblicata - stimo- lo e baricentro di questo libro, che in fieri si è esteso anche al di là dell'inchiesta - è nata da esigenze e condizioni che sono apparentemen- te casuali. La prima, quella che ha portato alla collaborazione tra il Consorzio Aaster e i centri sociali Conchetta (Cox 18) e Leoncavallo, è l'e- sito di fili soggettivi che legano alcuni compo- nenti dei centri e della libreria Calusca all'Aa- ster e, contemporaneamente, è l'incrocio degli stessi con alcune esigenze reali di comprensio- ne che si andavano formando in questi luoghi. L'occasione che ha legato queste circostan- ze ha preso corpo durante le due iniziative an- tiproibizioniste che Cox 18 e il Leoncavallo avevano promosso nel luglio del 1995 ("Ma- rijuana e altre storie" e "Piantatela"). 7 Qualche tempo prima alcune compagne del Leoncavallo sentiva- no l'esigenza di esplorare le problematiche della diffusione dei deri- vati della cannabis nei centri sociali (ma anche l'avvertita sensazione di una certa penetrazione dell'ecstasy), la presunta presenza di "ven- ditori di fumo" e i rischi connessi a questa presenza e si chiedevano se i centri sociali dovessero assumersi direttamente il compito di pro- durre e diffondere i derivati della cannabis. Il Leoncavallo, poi, era stato da poco oggetto di una forsennata e criminalizzante campagna di stampa portata avanti dai potenti mezzi del "Corriere della Sera"; serviva quindi una verifica dello "spessore" sociale e umano di "fre- quentatori" rispetto all'"uso" del centro sociale come "piazza di fu- mo" e l'incrocio di questa esigenza con tutte le altre motivazioni le- gate all'appartenenza al "luogo" poteva fornire indicazioni molto uti- li sul "che fare". Sulla traccia di questionario preparato dal Leoncavallo è stata ri- chiesta la collaborazione tecnico-professionale del Consorzio Aaster che, dall'elaborazione di un questionario strutturato, si estenderà al "caricamento dati" e all'elaborazione degli stessi in tabelle, schemi, torte ecc. (un lavoro lunghissimo e faticoso, eseguito con mezzi tecni- ci sofisticati, altamente professionali e, nello spirito dell'iniziativa, gratuitamente). Nei centri sociali l'adesione degli "intervistati" è stato molta alta e sono stati scarabocchiati o sprecati solo 5 questionari su 1.400, una dimostrazione evidente di come i "compilatori-frequentatori dei cen- tri sociali" avessero interesse specifico e d' "appartenenza" a tutto ciò che è connesso al funzionamento di questi "luoghi". Dopo la prima elaborazione dati, non ancora organizzati in incro- ci, varianti ecc., sono state poi organizzate varie riunioni tra esponenti dell' Aaster (in particolare il suo direttore Aldo Bonomi) e i rappresen- tanti di vari centri sociali (non solo quindi Leoncavallo e Cox 18, ma anche Pergola Tribe, Garibaldi e altri ancora che però non partecipe- ranno all'elaborazione finale). Queste riunioni erano finalizzate a sta- bilire quali incroci e varianti fossero ritenute prioritarie da parte dei centri sociali. Poi, in lenta sequenza, sono venute l'elaborazione finali delle tabelle, delle torte, degli incroci, delle varianti, e una lettura/in- terpretazione soggettiva dell'Aaster che è riportata in questo volume con il titolo Polisemia di un luogo. Per questo libro i centri sociali Leoncavallo e Cox 18, nello spirito della più completa autogestione di tale materiale, hanno deciso di affiancare al testo dell'Aaster una loro Centri sociali: geografie del desiderio interpretazione dei dati e delle statistiche e darne una lettura soggetti- va. Si tratta di interventi scritti a più mani ed elaborati durante assem- blee: un tipo d'operazione orizzontale ma sempre molto faticosa, che ha richiesto qualche tempo per la realizzazione. Fin qui il "racconto" dell'occasionale progettualità che ha portato alla realizzazione di questo libro e dell'inchiesta che, nella sua parzia- lità, ha il grande pregio di essere la prima in Italia. Ma i lettori più av- vertiti, e non solo loro, sanno benissimo che le questioni sul terreno sono assai più complicate e che l'occasionalità legata alle due iniziati- ve antiproibizioniste è stata solo un pretesto, poiché ragioni più profonde ne facevano sentire la necessità. Appare indubbio che i "professionisti" dell'Aaster nel compilare le domande del questiona- rio le abbiano avvertite. Queste stesse ragioni hanno attraversato una riflessione che si è svolta nei centri sociali in particolare negli ultimi tre anni. Molte sono le tematiche che sono state agitate e una loro parte viene ampiamente rappresentata o intuita negli interventi all'interno di questo libro. Qui si può solo ricordare che tra i centri, a partire dal 1993, sono sta- te espresse una quantità di posizioni e opinioni diverse e contrastanti su molte questioni inerenti l'identità, i progetti, il rapporto con le isti- tuzioni (per esempio la rigidità delle posizioni "occupazioniste" con- trapposta alla flessibilità di quelle "trattativiste") e il profondo modi- ficarsi dell' "utenza" collettiva. Le questioni in gioco non sono cosa da poco, perché coinvolgono il futuro stesso del ruolo e della funzio- ne di questi luoghi della socialità e della "sottrazione" ai paradigmi dominanti. In mezzo alle molte differenze e ai molti e reciproci "occultamen- ti" delle rispettive esperienze concrete, almeno su un punto le opinio- ni sembrano non essere discordi: una certa epoca "eroica" dei centri sociali sembra essere decisamente entrata in crisi e con questa il suo bagaglio di orgogliosa rivendicazione della "marginalità" o, secondo altri, di fedeli, generosi e intelligenti custodi della memoria delle pra- tiche e delle lotte degli anni Settanta. Questa crisi del precedente ruo- lo non è tanto riferibile a carenze di progetto da parte dei collettivi di gestione dei centri ma, paradossalmente, proprio alla loro efficienza nel proporre iniziative (teatrali, culturali, musicali ecc.) legate a tema- tiche e bisogni quali la fruizione di cultura carica di "senso" e che a motivo di ciò si intreccia indissolubilmente con l'ormai spasmodico bisogno di socialità. Una socialità che appare largamente negata e di- Introduzione 9 strutta proprio a ragione dei profondi sconvolgimenti produttivi che non restituiscono più né identità né tessuto solidale ai soggetti sociali. Si è trattato di processo generale, forte e dispiegato, che per essere compreso e eventualmente governato, necessitava di strumenti di ana- lisi e comprensione che in realtà nessuno dei componenti dei centri possedeva (ma chi degli "altri" peraltro ne aveva il possesso?) e che ha profondamente contribuito a modificare il bacino di utenza dei centri sociali. Appare quindi ovvio l'attuale "spaesamento" dei collet- tivi di gestione che sempre più si rendono conto che esiste il rischio concreto di una separatezza tra le aspettative politiche dei collettivi e la "massa fluttuante dei frequentatori". Questo "rischio" e le possibili contromisure da prendere è, per esempio, uno dei leit-motiv che sottende le riflessioni contenute nel severo opuscolo/dibattito 10 settembre 1994 che contiene interventi di Radio Black-Out, Officina 99, Leoncavallo, Murazzi, Lavori in cor- so, Asilo politico, Centro Lo Russo e altri. 1 Le risposte all'intervenuta modifica degli universi sociali, culturali, materiali e di classe, dei frequentatori possono esser molte e tenden- zialmente anche conflittuali tra loro. Molti sono i problemi e in tutti centri sociali è ben cosciente la necessità che è giunto il momento di "avviare e realizzare una autotrasformazione molto grossa". 2 Ma sulle modalità di questa necessaria autotrasformazione il dibattito è piutto- sto aspro, contraddittorio e aperto a esiti assai diversi. Risulta così abbastanza chiaro come la proposta di un incontro na- zionale tra i centri sociali e alcune decine di amministrazioni locali che doveva tenersi ad Arezzo nell'inverno 1995 (il cosiddetto "scaz- zo" del "pomo di Arezzo") 3 abbia prodotto una polemica dai toni ac- cessi e a volte "velenosi" che hanno finito per "sconsigliare" l'effet- tuazione del convegno stesso/ E, in effetti, il breve documento di convocazione di quel convegno andava a toccare i "nervi scoperti" di molte delle tematiche connesse alla difficile transizione da un modello di gestione a un altro. Temati- che quali i rapporti con il "terzo settore" e l'emergere di organismi "no profit", il fare "impresa sociale" e l'autoproduzione di reddito, il terreno delle nuove e possibili "forme di rappresentanza", il rapporto tra avanguardia politica autodeterminata e "massa fluttuante dei fre- quentatori" ecc. Percorsi e argomenti che probabilmente erano stati eccessivamente sintetizzati nelle ormai mitiche "tre paginette" di con- vocazione ad Arezzo. 10 Centri sociali: geografie del desiderio Da allora il dibattito ha viaggiato veloce e per larga parte in forma indiretta, soprattutto sulle pagine de "il manifesto", attraverso gli in- terventi puntuali di Marco Revelli, Aldo Bonomi, Sergio Bologna, Pi- no Tripodi, Beppe Caccia, Luca Casarini, Daniele Farina e altri e che hanno fatto "scomodare" anche Rossana Rossanda. Tematiche quali il ruolo e le caratteristiche dell'impresa sociale nell'epoca della deca- denza del "welfare", i contorni dell'organizzazione postfordista, le nuove forme della socializzazione, sono penetrate nei dibattiti interni ai centri sociali attraverso assemblee, seminari, documenti. Tutto ap- pare in "movimento" compresa la posizione, assolutamente compren- sibile e rigorosa, di coloro che auspicano invece un terreno di più ri- gorose certezze teoriche e organizzative. Quando, nel luglio 1995, è stata realizzata l'inchiesta molto di tut- to ciò esisteva in filigrana e molto meno dispiegato e dichiarato, ma i cardini delle problematiche erano già tutti presenti e nell'elaborazio- ne delle domande del questionario si è cercato di tenerne conto. Alla luce dei risultati dell'inchiesta e nell'attuale panorama del dibattito, molto probabilmente l'impianto dell'inchiesta sarebbe stato assai più complesso, completo e in profondità, ma nei limiti del materiale rica- vato dai questionari, i risultati sono comunque di enorme interesse e sfatano molte "leggende metropolitane". Pensiamo sia utile ripetere questa esperienza anche altrove facen- do tesoro dei limiti di questo nostro lavoro e proprio per questo si pubblica a seguire il testo completo del questionario. Qualche ultima annotazione. Dapprima sulla scelta del titolo, do- vuta alla convinzione che territorio, corpo e desideri siano stati negli ultimi due decenni al centro dell'azione dei movimenti, mirata più al soddisfacimento di bisogni immediati, che al rilancio di grandi utopie. In questo senso si legge la pratica dei centri sociali e dei soggetti intor- no a essi gravitanti di costruire - occupando, autogestendo, ristruttu- rando, ridisegnando - una nuova geografia metropolitana, ribaltando i codici - comportamentali, urbanistici, relazionali - progettati per al- tri fini. Perciò, si è pensato di includere in questo testo delle mappe topografiche e fotografiche che potessero essere d'aiuto nella com- prensione della storia di una dinamica sociale che di fatto ha trasfor- mato le modalità dell'aggregazione giovanile e della sua rappresentan- za politica a Milano innovandola, modernizzandola e, almeno parzial- mente, strappandola al business del divertimento, o al monopolio di ormai "fatiscenti" organizzazioni partitiche e sindacali. Introduzione 11 Queste mappe hanno richiesto un notevole lavoro di ricerca e di ricostruzione di frammenti d'esperienza, di bit di memoria, che spes- so, per loro stessa natura, i movimenti lasciano andar perduti nelle sabbie mobili della vita in metropoli. Ma i volti e i corpi nella fotogra- fìe e i territori "viventi" e "in "movimento" delle carte geografiche la- sciano senz'altro un segno nella nostra sensibilità, escono con forza dalla pagina e aiutano a ridefinire un presente di cui al momento è difficile dare un'interpretazione chiara. Nelle intenzioni le nostre "mappe" potrebbero rientrare in un tentativo - ci auguriamo condivi- so - di costruzione di nuovi percorsi storiografici dal basso, per ren- dere noti o far ricollocare avvenimenti, che per quanto recenti, sono già sottoposti a tentativi di rimozione quando non di revisione. NOTE 1 10 settembre 1994, Velleità Alternative. Torino 1995. Occorre precisare che il materiale dei centri sociali su questi argomenti è molto più vasto, ma che qui vie- ne citato questo opuscolo per la sua sinteticità. 2 Ibidem. 3 Per una sintetica ma efficace ricostruzione di quella polemica, vedi Centri Sona- li: che impresa!, Castelvecchi, Roma 1996. 4 Ciò nonostante il lavoro degli esponenti delle amministrazioni locali all'interno del progetto definito la "Carta di Arezzo", prosegue indipendentemente dalla partecipazione dei centri sociali. 12 Centri sociali: geografie del desiderio QUESTIONARIO DISTRIBUITO NEI CENTRI SOCIALI LEONCAVALLO E COX 18 1. Età (in anni compiuti) 2. Sesso MQ Fa 3. Stato civile - celibe o nubile a - coniugato/a o convivente a - separato/a o divorziato/a a - vedovo/a a 4. Condizione abitativa - da solo a - con uno o più conviventi a - con genitore/i a - con il partner a - con il partner e i figli a - con i figli a - altro (specificare) a 5. Livello di istruzione - nessun titolo a - elementare a - media inferiore a - diploma di formazione/qualifica professionale a - diploma scuola media superiore a - alcuni anni di università a - laurea a - specializzazione post laurea a 6. Condizione professionale - lavoratore dipendente a - lavoratore autonomo a Introduzione 13 - lavoratore occasionale □ - in cerca di prima occupazione □ - disoccupato □ - studente □ - studente-lavoratore □ - altro (specificare) □ 7. Se lavori come dipendente (anche precario) guai è la tua qualifica? - apprendista □ - operaio (o mansioni esecutive) □ - tecnico □ - impiegato □ - dirigente □ 8. Se lavori autonomamente in quale settore/i lavori? (massimo tre risposte) - industria e artigianato □ - agricoltura □ - edilizia (muratore, imbianchino, idraulico...) □ - commercio/ristorazione □ - stampa, editoria, radio-Tv □ - pubblicità, marketing, comunicazione □ - consulenza aziendale (organizzazione, gestione, contabilità...) □ - servizi sociali □ - turismo e tempo libero □ - altro □ 9. Frequenti qualche centro sociale? Sì □ No □ 10. Se sì, puoi indicare quali? 11. Indica quale delle seguenti definizioni ti sembra più vicina alla tua idea di centro sociale (una sola risposta) - associazione culturale □ - impresa sociale □ - centro di iniziativa politica □ - gruppo di impegno sociale □ 14 Centri sociali: geografie del desiderio - luogo di ritrovo □ - altro (specificare) □ 12. Per quali motivi principalmente frequenti i centri sociali? (massimo due risposte) - per stare insieme agli altri □ - per le iniziative culturali (mostre, cinema, teatro...) □ - per le iniziative musicali □ - perché condivido gli obiettivi politici □ - per il confronto e la discussione □ - per partecipare a gruppi e strutture interne □ - per avere servizi a basso costo (bar, libri, concerti...) □ - altro(specificare) □ 13. Come sei entrato in contatto con la realtà dei centri sociali? (una sola risposta) - attraverso amici/che □ - attraverso compagni/e di scuola □ - attraverso compagni/e di lavoro □ - attraverso le informazioni di stampa ed emittenti radio-Tv □ - attraverso le forme di propaganda (volantini, locandine...) □ - attraverso gruppi o associazioni □ - altro (specificare) □ 14. Cosa significa per te il fumo? (una sola risposta) - star bene con me stesso, fuori dallo stress e dalle imposizioni della società □ - stare insieme agli altri in maniera più rilassata e comunicativa □ - rifiutare la logica del sistema che mi vuole sempre attivo e "produttivo" □ - un'alterazione artificiale, e quindi dannosa, dello stato di coscienza □ - non significa nulla, mi piace e basta □ - il fumo non mi interessa □ 15. Sei mai stato fermato dalle Forze dell'ordine per possesso di fumo? Sì □ NoQ Introduzione 15 16. Se sì cosa ti è successo in quel momento? - mi hanno portato in questura/caserma □ - mi hanno rilasciato sequestrando il fumo □ - altro □ 17. Se sei stato processato guai è stato il tuo esito - condanna □ - condanna con sospensione della pena □ - assoluzione con riconoscimento dell'uso personale □ - altro □ 18. Cosa pensi del fumo nei centri sociali? - è una cosa normale, non ci si deve neanche fare caso □ - è una cosa positiva perché i centri sociali sono spazi di autonomia e libertà □ - bisogna andarci piano perché ci si espone a rischi legali □ - è rischioso perché si può passare a qualcosa di più pesante □ 19. Cosa pensi si debba fare con quelli che vendono fumo nei centri sociali? (una sola risposta) - sarebbe meglio allontanarli □ - non sono un problema perché fanno un servizio utile □ - sarebbe meglio una gestione collettiva di questa vendita □ 20. Sei favorevole o contrario alle seguenti eventualità? (rispondi a tutte le domande) - i centri sociali dovrebbero organizzarsi per fare coltivazione della canapa indiana □ - i centri sociali dovrebbero organizzare attività di produzione dei derivati della canapa indiana (fibre tessili, prodotti alimentari...) □ - i centri sociali dovrebbero organizzare attività di formazione sull'uso, sulla coltivazione e sulla trasformazione della canapa indiana □ - bisogna legalizzare il fumo □ - bisogna liberalizzare il fumo □ 16 Centri sociali: geografie del desiderio 21. Cosa pensi del consumo di ecstasy? (una sola risposta) - è roba per maratoneti da discoteca □ - accresce le energie di vita e permette di raggiungere stati emotivi ad alta intensità □ - è una droga organica al sistema perché eccita le stesse qualità che sono richieste dall'organizzazione produttiva: velocità, concentrazione, ripetitività dei gesti... □ - non saprei □ 22. Con quale delle seguenti affermazioni sei più d'accordo? (una sola risposta) - nei centri sociali il consumo di ecstasy dovrebbe essere incoraggiato □ - nei centri sociali l'ecstasy dovrebbe essere tollerata □ - nei centri sociali bisognerebbe organizzare forme di vendita controllata dell'ecstasy □ - nei centri sociali bisognerebbe scoraggiare il consumo di ecstasy con la discussione sui rischi □ - nei centri sociali bisognerebbe impedire il consumo di ecstasy □ 23. Ritieni che il centro sociale che più frequenti debba: (massimo due risposte) - fare più iniziative nel quartiere □ - impegnarsi maggiormente in iniziative di solidarietà (immigrati, nomadi...) □ - organizzare iniziative politiche generali □ - aumentare le iniziative culturali □ - migliorare gli spazi e le strutture interne □ - altro (specificare) □ 24. Comune di residenza 25. Provincia di residenza 26. Cittadinanza Introduzione 17 CENTRI SOCIALI FREQUENTATI Torkiera 19 1,9% Leon cavallo 826 80,9% Cox 18 459 45,0% Garibaldi 144 14,1% Squot 34 3,3% Pergola Tribe 333 32,6% Cantiere 14 1,4% Gorizia 67 6,6% Garigliano 60 5,9% Adrenaline 35 3,4% Transiti 25 2,4% Mandragora 56 5,5% Livello 57 di Bologna 23 2,3% Belfagor di Piacenza 2 0,2% Kavarna di Cremona 7 0,7% Torricelli 8 0,8% Godzilla di Livorno 1 0,1% Conte Rosso 3 0,3% Kinesis di Tradate 5 0,5% El Paso di Torino 4 0,4% Laboratorio Anarchico 22 2,2% Forte Guercio di Alessandria 8 0,8% Eterotopia 3 0,3% Cayenna di Feltre 6 0,6% Gratosoglio 2 0,2% N.S.S.N. 1 0,1% Amandla 6 0,6% XXII Aprile di Modena 2 0,2% C. Soc. Giovani di Locate Triulzi 1 0.1% Golgonooza 1 0,1% Laurentino 1 0,1% Cascina Mtb 1 0,1% Castello di Genova 1 0,1% Zapata di Genova 4 0,4% Ex Alcione 1 0.1% Lex 3 0,3% 18 Centri sociali: geografie del desiderio Spazzali 3 0,3% Nautilus 1 0,1% Scaldasole 4 0,4% Gabrio di Torino 3 0,3% Bakeka 0,2% Ex Emerson di Firenze 0,2% Indiano di Firenze 1 0,1% Forte Prenestino di Roma 1 0,1% Piazza Roma di Como 0,6% Sintesi di Seregno 11 1,1% Pedro di Padova 3 0,3% Rivolta di Marghera 3 0,3% Corte del Diavolo 1 0,1% La Talpa 0,2% Cascina Monluè 0,6% Subbuglio di Alessandria 3 0,3% Saranno 1 0,1% Murazzi di Torino 4 0,4% Magazzino 47 di Brescia 10 1,0% Casa occupata Aspromonte 3 0,3% Officina 99 di Napoli 1 0,1% Auro di Catania 1 0,1% Experia di Catania 1 0,1% Italo Calvino 1 0,1% IlBuko 1 0,1% Scintilla di Modena 1 0,1% Boschetto di Caronno 1 0,1% Rote Fabrik di Zurigo 1 0,1% Delta House 1 0,1% Agro di Treviso 1 0,1% Sga di Arese 0,2% Link di Bologna 7 0,7% Mattoids di Bologna 0,1% Terra di Nessuno di Genova 0,2% Città Vekkia di Taranto 1 0,1% Eskimo 0,1% Totale 1.021 100,0% Introduzione 19 i 1H f 1» -» POLISEMIA DI UN LUOGO IL RISCHIO DELLA "ZONA D'OIVBRA" È una storia che si ripete. All'apparire di un attore collettivo sulla scena pubblica vengo- no utilizzati, per descrivere quell'attore, gli aspetti più facilmente "notiziabili" dai mezzi di comunicazione, quelli di più immediata presa sull'opinione pubblica. Quegli stessi aspetti che poi, per una sorta di gioco di specchi, finiscono per rafforzarsi nella rap- presentazione che l'attore collettivo tende a dare di sé all'esterno. E questo succede quan- do l'attore in questione (normalmente in mo- vimento) è particolarmente interessato a ri- marcare differenze rispetto agli attori in gio- co (partiti, movimenti, istituzioni ecc.) o a enfatizzare i "temi" della propria azione poli- 21 tica. In fondo, riprodurre nei propri comportamenti gli stereotipi prodotti dall'" avversario", magari stravolgendoli in chiave ironica o grottesca, è stato uno dei tratti caratteristici dei movimenti dagli an- ni Sessanta a oggi. Succede anche, poi, che la rappresentazione inevitabilmente sem- plificata che ne deriva venga utilizzata per descrivere anche il profilo socioculturale dei singoli partecipanti, moltiplicando così a livello in- dividuale i tratti che servono a inquadrare l' tt identità collettiva" del- l'attore. Questo trasferimento ai singoli partecipanti dell'immagine "mediatizzata" rappresenta normalmente la principale fonte di equi- voci e fraintendimenti, perché assume per buona una premessa sem- pre contraddetta dalla concreta esperienza dei movimenti: che cioè i caratteri del gruppo siano gli stessi degli individui che lo compongo- no, che nella biografia dei singoli siano già "fotograficamente" rap- presentati i tratti dell'identità collettiva e che esista la possibilità di di- videre ad infinitum questa identità, senza che i suoi caratteri salienti abbiano a risentirne. In sostanza, la possibilità di prendere il singolo partecipante a immagine delle caratteristiche del gruppo. È questa anche la principale fonte di sorprese allorché si decide di saperne di più, o meglio di non dare per scontate le rappresentazioni in circolazione. Perché è a questo punto che si scopre che in realtà un gruppo, un movimento, un'associazione non sono una "cosa", un'entità che si presenta come data all'osservazione, ma una realtà multiforme che impone una multiformità di livelli di osservazione: quello delle forme di partecipazione dei soggetti, quello delle strate- gie, quello del rapporto tra élites e "base" e così via. Soprattutto si scopre che l'identità collettiva non si può dividere a piacimento, sen- za con questo perderne di vista alcuni caratteri essenziali, e che quin- di il singolo individuo non è una specie di gruppo "in piccolo" ma l'unità elementare di un'identità collettiva alla quale è tuttavia irridu- cibile. I centri sociali di Milano sono stati recentemente oggetto di attenzione da parte dei mezzi di comunicazione a causa delle note vi- cende che hanno contrapposto il Leoncavallo alla giunta Formentini. E questa "origine" tutta politica, oltre che tutta milanese, ha certa- mente contribuito alla formazione, o almeno al consolidamento di immagini e stereotipi con i quali bene o male ora si è costretti a fare i conti, dentro e fuori i centri sociali. Ebbene, per quanto radio, stam- pa, televisione, concedano molto a un approccio che individua nei comportamenti agiti dai centri i tratti di una "patologia sociale" 22 Centri sociali: geografie del desiderio (marginalità, aggressività, illegalità, "randagità" ecc.), non sarà inuti- le ora tentare di vedere più da vicino alcuni aspetti di queste aggrega- zioni, che forse contribuiscono a mettere in discussione certi schemi precostituiti e di immediato impatto sull'opinione pubblica. I diversi profili dei frequentatori stanno alla base delle osservazioni che se- guono, profili che, seppure indirettamente, chiamano in causa aspet- ti più generali, quali il rapporto con il territorio, visto sia dal lato del singolo soggetto sia da quello del centro sociale, la profonda caratte- rizzazione in senso generazionale (in grande maggioranza i frequen- tatori dei centri sono giovani), le trasformazioni della composizione sociale in area metropolitana ecc. Ma è bene precisare che questi rap- presentano piuttosto dei "rimandi" che non l'oggetto dell'indagine, i temi cioè cui le osservazioni che seguono rinviano e che devono sem- mai comparire nella riflessione interna ai centri che potrà scaturire da questa ricerca. USCIRE DALLA RETORICA DELLA MARGINALITÀ Dal punto di vista generazionale, un centro sociale occupato e auto- gestito (csoa) è anzitutto un luogo frequentato da giovani e giovanis- simi e la tabella 1 ne rappresenta l'universo secondo un ordine per classi di età. Tabella 1. Classi di età dei frequentatori Classi di età Valori assoluti Valori percentuali non indicato 119 8,5 meno di 18 anni 42 3,0 da 18 a 21 anni 368 26,4 da 22 a 25 anni 379 27,2 da 26 a 30 anni 269 19,3 da 3 1 a 35 anni 150 10,8 oltre 35 anni 68 4,9 Totali 1.395 100,0 Si può notare il peso specifico di ciascuna classe e così idealmente elaborare una sorta di rappresentazione grafica che riproduce una fi- Polisemia di un luogo 23 gura a forma piramidale, il cui vertice è costituito da soggetti in età compresa tra i 21 e i 30 anni, e la base da giovani in età compresa tra i 18 e i 21 anni da una parte e dai frequentatori con età superiore a 36 dall'altra. Le percentuali relative a ciascuna classe di età del campione atte- stano come la frequentazione di un centro sociale interessi i giovani e i giovanissimi e di come la partecipazione a un centro sia inversamen- te proporzionale all'età. Nel considerare quindi le forme di partecipa- zione, l'intensità di questa, le aspettative che vi si sviluppano, le stesse relazioni intersoggettive interne ai centri, non si può non fare riferi- mento a questo carattere preliminare. L'altro carattere anagrafico che segna in maniera decisiva la com- posizione dell'universo dei frequentatori dei centri è la dominanza di "genere" (vedi tabella 2). La percentuale di donne che frequenta un centro sociale è di gran lunga inferiore a quella degli uomini: su cento frequentatori solo 27 sono donne. Se questo dato ci informa dell'esi- stenza di una griglia "al maschile", che preseleziona i frequentatori di un centro sociale, c'è da notare una sostanziale omogeneità tra i grup- pi d'età dei frequentatori riferita al genere. Tabella 2. Frequentatori per sesso Sesso Valori assoluti Valori percentuali non indicato 42 3.0 maschi 984 70,5 femmine 369 26,5 Totali 1.395 100,0 L'unica vera differenza percentuale riguarda il segmento di fre- quentatori con età inferiore ai 18 anni: le giovanissime sono più attrat- te dei loro coetanei maschi dalle attività dei centri e di conseguenza la selettività nei confronti della partecipazione femminile comincia a operare più tardi. Indagare sui caratteri di questa partecipazione se- lettiva - le sue ragioni, i codici di cui si avvale, le forme di relazione che instaura - richiederebbe altri strumenti di ricerca. Qui è sufficien- te segnalare il dato. In conseguenza della preponderante componente giovanile, un'al- ta percentuale di frequentatori si dichiara celibe o nubile (vedi tabella 24 Centri sociali: geografie del desiderio 3) e in questa situazione anche i modelli abitativi prevalenti hanno nella famiglia di origine un chiaro punto di riferimento. Tabella 3. Stato civile dei frequentatori Stato civile Valori assoluti Valori percentuali non indicato 5 0,4 celibe o nubile 1.218 87,3 coniugato o convivente 132 9,5 separato o divorziato 28 2,0 vedovo/a 12 0,9 Totali 1.395 100,0 Il 56,8 percento dei frequentatori dichiara infatti di vivere con i ge- nitori. Emergono tuttavia altre modalità abitative che fanno riferi- mento a orientamenti, comportamenti e stili di vita differenziati, tipici del resto di realtà metropolitane o densamente urbanizzate: le percen- tuali di single (14,6 percento) o di persone che convivono non neces- sariamente in una relazione di coppia (15,3 percento), testimoniano una propensione a sperimentare modelli abitativi meno garantiti e consolidati, in cui affermare una ricerca di autonomia abitativa, molto probabilmente correlata anche a percorsi professionali e formativi (vedi tabella 4). Tabella 4. Condizione abitativa Condizione abitativa Valori assoluti Valori percentuali non indicato 4 0,3 da solo 203 14,6 uno o più conviventi 214 15,3 con genitore/i 792 56,8 con il partner 113 8,1 col partner e figli 33 2,4 con i figli 13 0,9 altro 7 1,6 Totali 1.395 100,0 Polisemia di un luogo 25 C'è da notare che se analizziamo la condizione abitativa in relazio- ne alla differenza sessuale (tabella 5), le donne sono orientate ad anti- cipare l'uscita dai legami familiari di origine e a sviluppare progetti di vita che valorizzino una maggiore autonomia personale. Tabella 5. Condizione abitativa secondo il sesso Condizione abitativa Sesso Totali non indicato Maschio ! Femmina j v.a. % v.a. % v.a. I v.a. % non indicato 2 4,8 ^7 02 4 0,3 da solo 4 9,5 143 14,5 56 i 15,2 203 14,6 uno o più conviventi 8 19,0 129 13,1 77 ! 20,9 214 153 con genitore/i 23 54,8 602 61,2 167 ì 45,3 792 56,8 con il partner 2,4 65 6,6 47 i 12,7 113 8,1 col partner e figli 2 4,8 23 2,3 8 i 2,2 33 2,4 con i figli 2,4 6 0,6 6 1 1,6 13 0,9 altro 2,4 14 1,4 8 22 23 1,6 Totali 42 100,0 984 100,0 369 ! 100,0 1.395 100,0 I dati indicano chiaramente questa dinamica: la percentuale di uo- mini che dichiara di vivere con i genitori è di oltre il 60 percento, per le donne questo valore si attesta sul 45 percento; mentre al 6,6 per- cento di uomini che dichiara di vivere con il partner corrisponde una percentuale quasi doppia per le donne (12,7 percento). Inoltre sono percentualmente più praticati da donne i modelli abitativi che con- templano il vivere da soli o con uno o più conviventi. L'ultima osser- vazione è riferita al fatto che anche in questo campione la responsabi- lità della cura dei figli, nel momento in cui la coppia entra in crisi o si scioglie, ricade in prevalenza sulle donne. Il valore assoluto di uomini e di donne che dichiarano di vivere con i soli figli è esattamente ugua- le, a fronte però di un campione in cui le donne rappresentano il 26,5 percento dell'universo. La relazione sesso-età-condizione abitativa rivela un'altra serie di comportamenti abbastanza noti (vedi tabella 6) nella realtà sociale ita- liana e che si trovano riproposti nella popolazione analizzata: 26 Centri sociali: geografie del desiderio - si abita con il genitore/i soprattutto tra i 18 e i 21 anni; - si sperimentano modelli di coabitazione soprattutto tra i 22 e i 25 anni; in coincidenza, spesso, di particolari condizioni esistenziali o professionali (condizione di studenti, di soggetti migranti, di preca- rietà lavorativa ecc.); - prendono forma modelli abitativi differenziati tra i 26 e i 30 anni e il distacco dalla famiglia originaria trova impulso dalla stabilizzazio- ne dei percorsi affettivi e professionali. Intorno a quest'età si decide di vivere in coppia o di assecondare il desiderio di autonomia del "vi- vere da soli"; - si costituiscono unità abitative che insistono su normali profili familiari soprattutto a partire dai 3 1 anni; il rapporto abitativo inclu- de quindi la formalizzazione di rapporti affettivi (matrimonio) e la nascita/presenza di figli; intorno ai 35 anni troviamo la maggiore concentrazione di nuclei composti da un solo componente, a segna- lare casi di crisi coniugali, divorzi e separazioni o il semplice prolun- gamento-stabilizzazione della condizione di single maturata in anni precedenti. Pohsemid di un luoqo 27 £ 8 1 1 ' "SS '3' - i i 1 8 8 1 1 ' 3" '333 ' ' '3 'SS 3 - i i !" a* 8 1 1 '5" 'SS-? ' 1 'S3SS 3 fN 1 1 a S i| 1 1 1 3 „1 § f 85 87,0 4,3 8,7 3 1 sag^s*" ^ 2 £ £ 2 - - 11 I! S5 87,5 12,5 3 da solo 75,0 25,0 9,1 6,3 16,8 29,4 28,0 10,5 5,4 7,1 21,4 30,4 26,8 8,9 3 4 S5 § n 3 non indicato / età non indicato da 18 a 21 anni da 22 a 25 anni da 26 a 30 anni da 31 a 35 anni maschio / età non indicato meno di 18 anni da 18 a 21 anni da 22 a 35 anni da 26 a 30 anni da 31 a 35 anni più di 35 anni fenunina / età non indicato meno di 18 anni da 18 a 21 anni da 22 a 25 anni da 26 a 30 anni da 31 a 35 anni più di 35 anni 28 Centn sociali: geografie del desiderio La diversità dei profili dei frequentatori appare anche da un rapi- do sguardo ai percorsi formativi e ai livelli di istruzione. NelTintro- durre questa parte è opportuno segnalare una generale situazione di alta scolarità, a fronte di una situazione, ormai anche lombarda, carat- terizzata da elevati tassi di abbandono scolastico, sia come strategia "volontaria" di ricerca anticipata di un ingresso nel mercato del lavo- ro, sia come esito, sempre più frequente, di un processo di esclusione dal ciclo formativo. In dettaglio la tabella 7 svela come la freccia relativa al livello di istruzione tra i frequentatori dei csoa sia orientata verso l'alto. Tenen- do opportunamente in considerazione che stiamo trattando una po- polazione che, data la condizione anagrafica, vede al proprio interno una buona presenza di soggetti ancora inseriti in un percorso formati- vo, il titolo di studio più rappresentato è il diploma di scuola media superiore. Intorno a questo nocciolo si posizionano altre situazioni di scolarità: - verso il basso, con il 12,3 percento di titolari di diploma profes- sionale, con il 20 percento di titolari di licenza media, con lo 0,5 per- cento di titolari di licenza elementare; - verso l'alto, con il 26,4 percento di soggetti che dichiarano di fre- quentare o di aver frequentato alcuni anni di università, con il 7,9 per- cento di laureati, con l'I, 8 percento di soggetti che hanno conseguito una specializzazione post laurea. Questi ultimi in particolare rappre- sentano una quota addirittura doppia rispetto alla media regionale. Tabella 7. Livello di istruzione Livello di istruzione Valori assoluti Valori percentuali non indicato 3 0,2 nessun titolo 7 0,5 elementare 7 0,5 media inferiore 278 19,9 diploma professionale 172 12,3 diploma media superiore 425 30,5 alcuni anni università 368 26,4 laurea 110 7,9 specializ. post laurea 25 1,8 Totali 1.395 100,0 Polisemia di un luogo 29 L'analisi del livello di istruzione delinea un quadro sociale forte- mente orientato a investire in percorsi formativi e che quindi ha nel diploma professionale e nel diploma di scuola media superiore i titoli di scolarità più rappresentati. Ma anche in questo caso le differenze di genere (tabella 8) rompono questo quadro omogeneo e pongono in evidenza percorsi differenziati in cui sembra prevalere: - per gli uomini, un percorso "tipo" che sfocia nel diploma profes- sionale o di scuola media superiore; - per le donne, un percorso che, più di frequente, si prolunga ad alcuni anni di frequenza universitaria o alla laurea. Le donne che frequentano i csoa hanno mediamente in corso o al- le spalle carriere scolastiche e formative più lunghe, complesse e me- no finalizzate alla ricerca di un'occupazione immediata. Tabella 8. Livello di istruzione per sesso Livello di istruzione Sesso Totali non indicato Maschio Femmina ! 1 v.a. % v.a. % v.a. % v.a. % non indicato 2 4,8 0,1 - 1 3| 0,2 nessun titolo 6 0,6 1 0,3 7! 0,5 elementare 1 2,4 5 0,5 1 0,3 7; 0,5 media inferiore 13 31,0 218 22,2 47 12,7 278 19,9 diploma professionale 4 9,5 130 13,2 38 10,3 172! 12,3 diploma media superiore 8 19,0 312 31,7 105 28,5 425| 30,5 alcuni anni di Università 11 26,2 226 23,0! 131 35,5 368 ! 26,4 laurea 3 7,1 67 6,8 40 10.8 1 10; 7,9 specializz. post laurea 19 1,9 6 1,6 25| L8 Totali 42 100,0 984 100,0 369 100,0 1.395 100,0 L'esame della condizione professionale dei frequentatori delinea una situazione che per molti versi sfugge alla rappresentazione che spesso si è soliti dare dei centri e che, talvolta, finisce per essere con- divisa anche all'interno dei centri stessi. L'analisi della tabella 9 ci restituisce il quadro di una condizione professionale in cui emerge una consistente area di stabilità: si tratti di 30 Centri sociali: geografie del desiderio posizioni lavorative autonome o dipendenti, la condizione di quanti lavorano appare piuttosto distante dall'immagine di soggetti prove- nienti da sacche di marginalità sociale e di esclusione, che normal- mente si tende a ritagliare loro addosso. Tabella 9. Condizione professionale Condizione professionale Valori assoluti Valori percentuali non indicato 6 0,4 lavoratore dipendente 430 30,8 lavoratore autonomo 228 16,3 lavoratore occasionale 104 7,5 in cerca di prima occupazione 33 2,4 disoccupato 86 6,2 studente 313 22,4 studente-lavoratore 165 11,8 altro 19 1,4 militare 9 0,6 pensionato 2 0,1 Totali 1.395 100,0 La prima constatazione che appare dalla distribuzione professio- nale dei frequentatori è infatti l'ampiezza di un'area di lavoro nella quale trova posto un consistente numero di soggetti. Quasi il 50 per- cento dell'intero campione si trova in una condizione lavorativa relati- vamente stabile (relativamente, è naturale, alla stabilità di cui può go- dere una qualsiasi condizione lavorativa in questi anni), in prevalenza nell'area del lavoro dipendente (30,8 percento). Accanto a questo primo settore di attività troviamo una presenza di soggetti ancora, in parte o totalmente, inseriti nel circuito formati- vo. Ci riferiamo a quanti dichiarano di trovarsi nella condizione di studente o di studente-lavoratore. Considerati nel loro insieme, questi soggetti ammontano a quasi il 35 percento del campione. Questa stratificazione sociale, che di fatto polarizza il quadro pro- fessionale, delinea il costituirsi di due aree socioprofessionali relativa- mente autonome e differenziate: - un' "area dell'inclusione", rappresentata dai vettori del percorso Polisemia di un luogo 31 lavorativo e reddituale che garantiscono accessibilità a risorse, servizi e consumi, - un'"area della precarietà", nella quale i soggetti, collocati sul mercato del lavoro in posizione marginale o di instabilità, si trovano di fatto a intraprendere strategie di adattamento verso esiti auspicati di progressiva inclusione, utilizzando le risorse di flessibilità, adattabi- lità e mobilità, caratteristiche della condizione lavorativa nel mercato del lavoro metropolitano. In questa situazione, l'area della precarietà (disoccupati, in cerca di prima occupazione, lavoratori occasionali), quella non compresa nell'ambito delle posizioni di lavoro e nei percorsi scolastici, si dimen- siona attorno al 16 percento del campione. Soprattutto in considera- zione della giovane età dei soggetti, si tratta di un'area piuttosto circo- scritta nelle due dimensioni, particolarmente per quanto riguarda i soggetti in cerca di prima occupazione e per i lavoratori occasionali. Connessa ai dati sulla condizione abitativa, certamente fornisce un supporto consistente all'ipotesi già avanzata, secondo la quale è ne- cessario rivedere il diffuso stereotipo che associa il pubblico dei fre- quentatori dei centri sociali alle immagini di marginalità e di esclusio- ne sociale, che pure interessano sempre nuovi segmenti della società metropolitana. Tuttavia, la differenza di genere costituisce ancora una volta il principio di altre differenze. 32 Centri sociali: geografie del desiderio Tabella 10. Condizione professionale secondo il sesso Condizione professionale Sesso Totali non indicato Maschio Femmina v.a. % v.a. % v.a. % v.a. % non indicato 4 0,4 2 0,5 6 0,4 lavoratore dipendente 14 33,3 330 33,5 86 23,3 430 30,8 lavoratore autonomo 10 23,8 171 17,4 47 12,7 228 16,3 lavoratore occasionale 3 7,1 64 6,5 37 10,0 104 7,5 in cerca di prima occupazione _ 18 1,8 15 4,1 33 2,4 disoccupato 4 9,5 55 5,6 27 7,3 86 6,2 studente 8 19,0 216 22,0 89 24,1 313 22,4 studente lavoratore 3 7,1 101 10,3 61 16,5 165 11,8 altro 15 1,5 4 1,1 19 1,4 militare di leva 9 0,9 9 0,6 pensionato 1 0,1 1 0,3 2 0,1 Totali 42 100,0 984 100,0 369 100,0 1.395 100,0 Infatti l'area teoricamente più vulnerabile sotto il profilo del ri- schio di marginalità sociale e di caduta in situazioni di povertà parla al femminile. Le condizioni di lavoro occasionale, di disoccupazione, di ricerca di una prima occupazione e poi le situazioni professionali mi- ste (studente-lavoratore) riguardano percentualmente più le donne che gli uomini. Nella distinzione di genere questi ultimi svolgono più frequentemente attività caratterizzate da regolarità del rapporto di la- voro e da stabilità nel tempo, mentre le donne intersecano più spesso situazioni di precarietà lavorativa e professionale. L'analisi del campio- ne rivela come a fronte di una percentuale del 33,5 percento di uomini che dichiarano un'occupazione da dipendente, la stessa condizione sia condivisa dal 23,3 percento delle donne, e come il lavoro autonomo interessi il 17,4 percento del totale maschile e il 12,7 percento delle donne. Si tratta naturalmente di informazioni parziali che richiedereb- Polisemia di un luogo 33 bero analisi specifiche ma, anche senza voler trarre generalizzazioni indebite, sono rivelatrici di una dinamica già osservata in altri contesti di ricerca più focalizzati sugli aspetti di povertà, disagio ed esclusione sociale. A parità di altre condizioni, la componente femminile di una data popolazione presenta una maggiore vulnerabilità di fronte ai ri- schi che comportano questi processi. E a compensare i loro effetti possono non risultare sufficienti le reti di relazioni preesistenti, nor- malmente reti su base familiare, che pure rappresentano, come si è vi- sto, un'importante risorsa di stabilità e di continuità dell'esperienza biografica, anche quando questa si apre a discontinuità di percorso. Nell'area del lavoro dipendente prevale la figura professionale del- l'operaio (43,7 percento); seguono le categorie degli impiegati e dei tecnici (rispettivamente, 28 percento e 11,3 percento), mentre una percentuale minoritaria di soggetti è occupata in funzioni dirigenziali (3,7 percento). Dal canto suo, l'area del lavoro autonomo si caratterizza per un'accentuata diversificazione di settori e attività, che in parte riflette le più generali dinamiche dell'occupazione regionale e milanese in particolare. Tabella 11. Settori di attività dei lavoratori autonomi Settori d'attività Valori assoluti Valori percentuali industria e artigianato 67 16,2 agricoltura 6 1,4 edilizia 24 5,8 commercio/ristorazione 55 13,3 stampa, editoria, radio e Tv 53 12,8 pubblicità, marketing, comunicazione 61 14,7 consulenza aziendale 16 3,9 servizi sociali 34 8,2 turismo e tempo libero 22 5,3 altro 76 18,4 Totale risposte analizzate 414 100,0 N.B. Era possibile indicare fino a un massimo di tre settori. Parallelamente si delinea una prevalenza di attività che insistono sulla produzione in ambito industriale o artigianale, ma con un peso 34 Centri sociali: geografie del desiderio relativo certamente non preponderante sull'insieme delle attività. Complessivamente considerate, infatti, le occupazioni terziarie rap- presentano la maggioranza delle posizioni lavorative autonome e in particolare appaiono rappresentate soprattutto le figure professionali connesse alle attività di comunicazione (stampa, editoria, pubblicità ecc.). Nel dettaglio, questi sono i settori terziari principalmente inte- ressati dalla diffusione di posizioni di lavoro autonomo: - commercio e ristorazione (13,3 percento); - stampa, editoria, pubblicità, radio e Tv (12,8 percento); - pubblicità, marketing, comunicazione (14,7 percento); - servizi sociali (8,2 percento); - turismo e tempo libero (5,3 percento). Come si vede, una gamma piuttosto estesa che riproduce fedel- mente i caratteri tipici di un mercato del lavoro metropolitano, con prevalenza di occupazioni terziarie ma, all'interno di queste, di quelle attività più tradizionali connesse alla ristorazione e di quelle dei servi- zi avanzati nel campo della comunicazione e in generale delle cosid- dette "nuove professioni". UN PROFILO DEI PRINCIPALI CENTRI: COX 18 E LEONCAVALLO Se nella prima parte sono stati presentati i dati che si riferiscono alla generalità dei frequentatori, può essere ora utile dare uno sguardo a quella parte del campione che ha dichiarato di frequentare un solo centro sociale. Si tratta, in termini statistici, di un insieme pari al 23,6 percento del nostro campione di frequentatori; mentre, in valore as- soluto, i soggetti che dichiarano di frequentare il solo Leoncavallo e il solo Cox 18 (i due centri più frequentati) sono rispettivamente 241 e 69 soggetti. L'utilità di questo approfondimento sta nella possibilità di esami- nare le caratteristiche di quella parte di frequentatori che, in qualche modo, appaiono come i più "identificati" con i rispettivi centri. L'ipo- tesi che sottostà alle considerazioni che seguono, infatti, considera che la scelta di un unico centro comporti una maggiore identificazio- ne con quel centro, di quanto non accada normalmente a un soggetto che distribuisca la propria partecipazione su più centri e che a quella scelta corrisponda anche, almeno in certa misura, una condivisione delle finalità e degli stili di comportamento propri di quel centro. Polisemia di un luogo 35 Intanto però occorre sottolineare che i dati appena riportati con- fermano quanto già noto al pubblico dei centri sociali, cioè l'esistenza di un circuito informale di transito dei soggetti, in cui prevale la di- mensione della pluriappartenenza e della mobilità territoriale: come si è visto, infatti, la partecipazione focalizzata su un unico centro riguar- da poco più di un soggetto su cinque. Tenuto conto che la provenienza dei questionari grosso modo si uguagliava (717 provenienti da Cox 18 e 678 dal Leoncavallo), c'è da notare poi come la partecipazione al Leoncavallo, pur senza risultare in alcun modo esclusiva, tenda a risultare più "focalizzata" e quindi selettiva nei confronti della partecipazione agli altri centri. Quanto pesino su questa caratteristica fattori interni al Leoncavallo e quanto invece le vicende politiche che hanno coinvolto il centro - cosa, que- sta, che potrebbe avere contribuito a rinsaldare i legami di apparte- nenza - non è qui possibile indagare. Certo è che, nel caso del Leon- cavallo, l'identificazione sviluppata dai singoli partecipanti appare più alta che per gli altri centri. Tanto che l'indice di fedeltà (valore per- centuale dei frequentatori "focalizzati" sull'universo dei frequentatori del centro sociale) al Leoncavallo è decisamente superiore a quello espresso dai frequentatori di Cox 18: rispettivamente, 35,5 percento e 9,6 percento. Volendo riflettere su un'ipotetica "identità leoncavalli- na", ci si dovrebbe riferire a questo zoccolo. Sotto il profilo anagrafico, i frequentatori del Leoncavallo sono più giovani di quelli di Cox 18. Tabella 12. Età dei frequentatori secondo il csoa più frequentato Età Leoncavallo Cox 18 v.a. % v.a. % non indicato 30 12,4 3 4,3 meno di 18 anni 5 2,1 1 1,4 da 18 a 21 anni 67 27,8 7 10,1 da 22 a 25 anni 65 27,0 20 29,0 da 26 a 30 anni 38 15,8 18 26,1 da 31 a 35 anni 25 10,4 9 13,0 oltre 35 anni 11 4,6 11 15,9 Totali 241 100.0 69 100,0 È soprattutto nella fascia di età compresa tra i 18 e i 21 anni dove si manifestano le maggiori differenze: il 27,8 percento dei frequenta- tori abituali del Leoncavallo è compreso in questa classe a fronte del 10,1 percento di Cox 18. Il picco percentuale di Cox 18 è nella fascia d'età compresa tra i 26 e i 30 anni, ma le differenze si manifestano esplicitamente anche nella fascia di età più adulta, cioè quella che comprende soggetti con più di 35 anni: dal 4,6 percento di frequenta- tori abituali del Leoncavallo che si trovano in questa condizione ana- grafica, si passa al 15,9 percento di Cox 18. A questa diversità anagrafica dei due "bacini di utenza" corrispon- dono differenze marcate anche su altri piani. Condizione abitativa, li- vello di istruzione e condizione professionale rappresentano le princi- pali variabili descrittive di queste differenze. La condizione abitativa, come in parte era ipotizzabile dalla com- parazione tra le classi di età dei due sottocampioni, rivela percorsi più differenziati e autonomizzati da parte dei frequentatori di Cox 18. Dal 21,7 percento di frequentatori abituali di Cox 18 che dichia- rano di vivere "da solo/a" si passa al 10 percento del Leoncavallo; ma è soprattutto la comparazione tra chi dichiara di vivere con i ge- nitori che rende evidente la diversità dei modelli abitativi: il 47,8 percento di frequentatori abituali di Cox 18, il 62,2 percento del Leoncavallo. Tabella 13. Condizione abitativa dei frequentatori secondo il csoa più frequentato Condizione abitativa Leoncavallo Cox 18 v.a. % v.a. % non indicato 1 0,4 da solo 24 10,0 15 21,7 uno o più conviventi 30 12,4 12 17,4 con genitore/i 150 62,2 33 47,8 con il partner 21 8,7 4 5,8 col partner e figli 10 4,1 3 4,3 con i figli 2 0,8 1 1,4 altro 3 1,2 1 1,4 Totali 241 100,0 69 100,0 Polisemia di un luogo 37 D confronto tra i livelli di istruzione mostra una realtà più com- plessa, perché buona parte dei frequentatori abituali del Leoncavallo si trova ancora inserita in un percorso formativo, di cui naturalmente non è possibile prevedere gli esiti, mentre per una parte più consi- stente di partecipanti a Cox 18 questo iter è ormai concluso. Per que- sto, più che rappresentare una fotografia allo stato attuale, sembra più corretto vedere questi dati come indicatori di potenzialità di sviluppo del capitale umano, particolarmente per quanto riguarda la situazione del Leoncavallo. Sotto questo profilo, tale potenziale deve fare riferi- mento a quel 27,4 percento di frequentatori abituali del Leoncavallo, che dichiara di avere nel proprio bagaglio formativo alcuni anni di università. Viceversa, tra i frequentatori abituali di Cox 18, il capitale umano, in molti casi giunto al termine del percorso istituzionale di istruzione, presenta una più precisa configurazione connessa alle mi- nori possibilità di sviluppo ulteriore. Sotto il profilo della condizione professionale, Leoncavallo e Cox 18 presentano, almeno in parte, una differente composizione. Tabella 14. Condizione professionale dei frequentatori secondo il csoa più frequentato Condizione professionale Leoncavallo Cox 18 v.a. % v.a. % non indicato 1 0,4 lavoratore dipendente 86 35.7 28 40,6 lavoratore autonomo 25 10,4 17 24,6 lavoratore occasionale 17 7,1 7 10,1 in cerca di prima occupazione 1 0,4 1 1,4 disoccupato 22 9,1 1 1,4 studente 55 22.8 5 12 studente-lavoratore 26 10,8 7 10,1 altro 7 2,9 1 1,4 militare di leva 0,4 pensionato 2 2,9 Totali 241 100,0 69 100,0 Coerentemente con la diversa composizione per classi di età, il Centri sociali: geografie del desiderio 38 Leoncavallo vede al proprio interno una quota di studenti nettamente superiore (22,8 percento contro il 7,2 percento di Cox 18). Dal canto suo, Cox 18 presenta una parte di soggetti in condizione lavorativa nettamente superiore, sia in qualità di lavoratori dipendenti, sia in proporzioni ancora maggiori come lavoratori autonomi. La più alta stabilità occupazionale di Cox è inoltre documentata, a contrario, da una presenza pressoché nulla di disoccupati e di quanti sono in cerca di prima occupazione; lo stesso non si può dire per il Leoncavallo, al- meno per la quota di disoccupati, che rappresentano infatti un non trascurabile 9,1 percento. Dato, quest'ultimo, che oltre a rimarcare una notevole differenza con l'altro centro più frequentato, si discosta anche dalla media regionale. Se l'analisi condotta sulle variabili strutturali (età, titolo di stu- dio, condizione professionale, condizione abitativa) ha messo in lu- ce differenze non marginali nei profili dei frequentatori dei due principali centri milanesi, anche l'esame di alcune variabili qualitati- ve riflette un'analoga differenziazione. Anzitutto sui modi attraverso cui è avvenuto il primo contatto con il centro sociale. In primo luo- go, i frequentatori di Cox 18, in misura ben più rilevante dei "leon- cavallini", sono entrati per la prima volta in rapporto con il centro tramite amici. Tabella 15. Primo contatto con i csoa secondo il csoa più frequentato Contano con i centri sociali Leoncavallo Cox 18 v.a. % v.a. % non indicato 8 3,3 5 7,2 attraverso amici 159 66,0 50 72,5 attraverso compagni di scuola 22 9,1 attraverso compagni di lavoro 5 2,1 attraverso i media 10 4,1 1 1,4 attraverso forme di propaganda 15 6,2 3 4,3 attraverso gruppi e associazioni 3 1,2 3 4,3 altro 19 7,9 7 10,1 Totali 241 100,0 69 100,0 D ruolo svolto dai reticoli su base amicale è un aspetto non secon- Polisemia di un luogo ■ 39 dario nell'analisi delle forme di azione collettiva. Nei momenti "alti" di mobilitazione questo tipo di relazioni alimenta una circolarità dei soggetti tra i gruppi di movimento, tramite la quale i gruppi entrano in rapporto tra loro e gli individui si rafforzano nella convinzione di partecipare a un'unica azione collettiva, pur se articolata in una plura- lità di gruppi. Nei momenti "bassi" o di microconflittualità, come l'at- tuale, i rapporti con l'esterno condotti prevalentemente su base ami- cale si prestano a una lettura ambivalente. Da un lato possono stare a indicare una scarsa formalizzazione delle relazioni di gruppo e una strutturazione interna poco interessata a veicolare all'esterno l'iden- tità collettiva; dall'altro, possono indicare una proiezione verso l'e- sterno non irrigidita da canali formali e quindi un '"apertura" capace di aumentare la permeabilità del gruppo nei confronti dell'ambiente; tanto più importante, questo aspetto, quanto maggiori sono i rischi di irrigidimento entro i propri confini di gruppo nei periodi di bassa mobilitazione. Questa differenza tra i due centri si riflette naturalmente sulle altre forme di coinvolgimento. Posto che, per ambedue i centri, le relazioni amicali, pur nella differenza quantitativa sopra evidenziata, sono pre- ponderanti come canali di inserimento di nuovi soggetti, il Leoncaval- lo presenta una maggiore articolazione delle modalità di coinvolgi- mento. In particolare, appaiono più efficaci quegli strumenti "di mas- sa" (media, propaganda ecc.) che, data la loro natura impersonale, si rivolgono al pubblico in maniera indifferenziata e non selettiva. È d'altra parte ipotizzabile che il primo contatto con il Leoncavallo, tra- mite questi canali, sia stato facilitato dall'attenzione pubblica suscitata attorno al centro dalle note vicende che hanno occupato a lungo le cronache sui mezzi di comunicazione. In questo senso, la "notiziabi- lità" del Leoncavallo, se da un lato può aver favorito presso l'opinione pubblica il consolidamento di stereotipi negativi, dall'altro ha certa- mente facilitato l'avvicinamento al centro da parte di un pubblico già ben disposto in questo senso. Le prese di posizione del centro in ri- sposta agli avversari o agli organi di stampa hanno poi contribuito a rafforzare ulteriormente l'attenzione generale. Le motivazioni che portano a frequentare i due centri segnalano ulteriori differenze. 40 Centri sociali: geografie del desiderio Tabella 16. Motivazioni a frequentare i csoa secondo il csoa più frequentato Motivazioni Leoncavallo Cox 18 v.a. % v.a. % non indicato 90 37,3 26 37,7 per stare insieme agli altri 105 43,6 39 56,5 per iniziative culturali 46 19,1 22 31,9 per iniziative musicali 69 28,6 12 17,4 per condivisione di obiettivi politici 79 32,8 18 26,1 per confronto e discussione 36 14,9 8 11,6 per partecipare a strutture interne 17 7,1 7 10,1 per servizi a basso costo 20 8,3 5 7,2 altro 20 8,3 1 1,4 Totali 241 100,0 69 100,0 N.B. La somma delle risposte non corrisponde ai totali perché erano possibili più risposte. Anzitutto, la dimensione della socialità, lo "stare insieme agli altri" è nettamente più importante per i frequentatori di Cox 18 (56,5 per- cento). Subito dopo compare la motivazione a "partecipare alle inizia- tive culturali" (31,9 percento). Nel confronto con il Leoncavallo, la differenza è immediatamente evidente. In quest'ultimo centro, infatti, ben altra importanza rivestono, come motivazioni a frequentare, la "condivisione degli obiettivi politici" (32,8 percento) e la "partecipa- zione a iniziative musicali" (28,6 percento). Considerato che iniziative culturali e iniziative musicali possono agevolmente rientrare in quel campo culturale che abbiamo visto essere il terreno elettivo d'azione dei centri milanesi, la differenza principale riguarda evidentemente il diverso peso della dimensione di socializzazione (maggiore a Cox 18) e della dimensione politica (maggiore al Leoncavallo). Il complesso rapporto tra queste due dimensioni è già stato esaminato analizzando i dati che si riferiscono a tutti i frequentatori dei centri. A ulteriore di- mostrazione di come, osservando queste differenze di atteggiamento, sia necessario evitare semplificazioni e facili generalizzazioni, contri- buiscono le informazioni sulle "idee" di centro più diffuse tra i fre- quentatori. Polisemia di un luogo 41 Tabella 17. Idea di csoa secondo il csoa più frequentato Idea di centro sociale ! Leoncavallo Cox 18 v.a. 1 % i 1 f" v.a. % non indicato i 13 5,4 | 3 4,3 associazione culturale 24 10,0 1 15 21,7 impresa sociale 17 7,1 | 4 5,8 centro di iniziativa politica 47 19,5 , 9 13,0 gruppo di impegno sociale 79 32,8 23 33,3 luogo di ritrovo 46 19,1 1 12 17,4 altro 15 6,2 1 3 4,3 Totali 241 100,0 i 69 100,0 Chi, osservando i dati sulle motivazioni a partecipare, si fosse fatta dei frequentatori di Cox 18 un'immagine di soggetti interessati solo a fruire di un luogo di ritrovo senza altra specificazione - che non fosse quella che può derivare dall'organizzazione di iniziative culturali - si troverebbe in seria difficoltà a spiegare queste altre informazioni. Non solo l'idea di "luogo di ritrovo" raccoglie minori consensi che al Leoncavallo, ma l'immagine del centro come "gruppo di impegno so- ciale" appare come la più diffusa, mentre, d'altra parte, viene confer- mata la più debole caratterizzazione politica rispetto al Leoncavallo, considerato che solo il 13 percento dei frequentatori di Cox 18 assi- milano il centro sociale a un "centro di iniziativa politica". Come spie- gare quella che a prima vista appare come una contraddizione tra le motivazioni a frequentare e l'immagine di centro sociale, cioè tra do- manda di socialità ("stare insieme agli altri") e consenso verso un'im- magine di centro socialmente impegnato? La risposta è implicita nelle considerazioni svolte nella parte generale. Solo una visione "politi ci- sta" della partecipazione può assimilare una scarsa motivazione a fre- quentare per ragioni politiche, con un atteggiamento di disimpegno e di rifiuto della partecipazione tout court. E solo una lettura riduzioni- sta di quel genere può attribuire alla preponderante domanda di so- cialità il significato di semplice ricerca di un "luogo di ritrovo". In realtà, si è già visto come nella percezione diffusa tra i soggetti la di- mensione sociale tenda a venire distinta da quella politica e a rivestire un significato più ampio, che recupera gli aspetti di partecipazione 42 Centri sociali: geografie del desiderio che talvolta si tende ad attribuire alla sola dimensione politica. E in secondo luogo, gli elementi di socializzazione impliciti nella ricerca di una personalizzazione dei rapporti intersoggettivi, nella domanda di relazioni significative da costruire valorizzando i momenti ludico- espressivi, non annullano la proiezione verso l'esterno, ma, al contra- rio, possono sostenerla innervandola di motivazioni e significati. In definitiva, per i centri sociali milanesi, e in particolare per i due più rappresentativi, si pone il problema di una ridefinizione del rap- porto tra socialità, partecipazione e politica che, a prendere sul serio i dati di ricerca, appare come la questione centrale sulla quale qualifi- care la propria presenza nell'area metropolitana. Il fatto poi che a se- gnalare la questione siano i frequentatori, non soltanto dà forza a que- sta conclusione, ma pone un ulteriore problema: quello del rapporto tra il personale dei centri e gli utilizzatori. È la funzione di rappresen- tanza di fatto svolta dai primi a essere investita del problema. Quali che siano i profili culturali e le strategie d'azione che i diversi centri vorranno darsi, non sembra la strada più opportuna quella che pensa di poter eludere il problema del rapporto con un universo di frequen- tatori che mostra, nei suoi atteggiamenti, di "forzare" i limiti imposti da immagini stereotipate e modelli inerziali. DIVERSI TERRITORI PER DIVERSI FREQUENTATORI Un'altra pista di indagine cui è possibile accennare riguarda la dimen- sione territoriale implicita nella partecipazione ai centri sociali. In un questionario come quello che è stato utilizzato, necessariamente limi- tato a causa di una somministrazione che doveva avvenire nell'ambito di iniziative organizzate dai centri, e quindi con poco tempo a disposi- zione per la compilazione, non potevano essere approfonditi aspetti che pure sarebbero risultati di grande interesse. Per ciò che riguarda la dimensione territoriale, in particolare, non sono potute rientrare variabili importanti quali le reti locali - amicali, parentali, associative - dei soggetti, i modelli di "uso" del territorio, come i luoghi di fre- quentazione, l'intensità e le forme della stessa ecc. Nondimeno, alcu- ne osservazioni scaturiscono dall'esame dei dati relativi alle aree di provenienza dei soggetti. L'elaborazione è stata condotta sulla base di una divisione in quat- tro contesti territoriali: Polisemia di un luogo 43 - comune di Milano; - hinterland milanese; - resto della Lombardia più la provincia di Novara; - altri comuni d'Italia. Con questa griglia di selezione il campione composto dai 1.395 soggetti si distribuisce in questo modo. Quasi la metà dei frequentato- ri (48,8 percento) risulta residente a Milano, il 16,1 percento nell'hin- terland, il 9 percento nel resto della Lombardia, il 22,4 percento in al- tri comuni italiani. Tabella 18. Luogo di residenza dei frequentatori Luogo di residenza Valori assoluti Valori percentuali non indicato 51 3,7 comune di Milano 661 48,8 hinterland milanese 224 16,1 resto Lombardia + Novara 126 9,0 altri comuni d'Italia 313 22,4 Totali 1.395 100,0 Complessivamente, il territorio di provenienza degli intervistati appare molto vasto, considerato che i comuni rappresentati sono 250, appartenenti a 61 provincie. Certamente su questa estensione pesa il contesto in cui è stata fatta la rilevazione, cioè iniziative di ri- chiamo pubblicizzate anche al di fuori di Milano e della Lombardia, ma se si considera che oltre l'84 percento dei partecipanti a queste iniziative dichiara di frequentare abitualmente qualche centro socia- le, si può ragionevolmente sostenere che questi dati configurano a tutti gli effetti un'indagine non già sui partecipanti a un'iniziativa or- ganizzata dai centri, ma sui frequentatori dei centri. In questa pro- spettiva, appare non irrilevante la constatazione che la partecipazio- ne non si limita a decrescere al crescere della distanza da Milano, ma ha un'impennata proprio nella classe di frequentatori che risiedono fuori dalla Lombardia. Nell'ipotesi che questi siano per lo più fre- quentatori abituali di centri sociali localizzati nelle aree in cui sono anche residenti, abbiamo un indicatore delle intense connessioni ter- ritoriali che si stabiliscono tra i centri in occasione di importanti ini- ziative, una caratteristica, questa, tipica delle "aree di movimento". 44 Centri sociali: geografie del desiderio Vedremo più avanti alcuni caratteri essenziali di questa struttura "re- ticolare". Qui ci limitiamo a rilevare descrittivamente alcune caratteristiche del campione sotto il profilo della provenienza territoriale, in base al- le consuete variabili strutturali. Anche in questo caso è possibile os- servare come si tratti di variabili dotate di una certa capacità esplicati- va, considerate le differenze che riescono a segnalare all'interno del campione. In primo luogo, sul livello di scolarità la distribuzione territoriale presenta i seguenti caratteri: - i residenti a Milano evidenziano percorsi scolastici che si prolun- gano normalmente fino al diploma di scuola superiore e alla laurea; - i residenti nell'hinterland milanese appaiono più orientati verso una specializzazione professionale che permetta, nelle aspirazioni, un inserimento immediato nel mondo del lavoro; anche se in questo con- testo territoriale va segnalata la massima percentuale di diplomati di scuola media superiore; - i residenti nel resto della Lombardia (più Novara) presentano una maggiore polarizzazione verso il titolo di scuola media inferiore e verso la laurea; - i residenti in altri comuni italiani presentano carriere scolastiche meno orientate alla specializzazione professionale. L'orientamento ge- nerale è il conseguimento di un titolo di studio medio-alto. Polisemia di un luogo ■ 45 i Zona di residenza $ resto Lombardia + Novara - 27,8 15,1 22,2 25,4 7,9 1,6 100,0 i U è? 0.4 0,9 0,4 19,6 15,2 33,9 23,2 4,9 1,3 100.0 il 4 è? 5 Titolo di studio „i-;-1 1 ilJ.nlJU Centri sociali: geografie dei desiderio In sintesi, i livelli di scolarità presentano caratteri specifici in base alla provenienza territoriale: profili medio-alti (soprattutto diplomati) tra Milano e il suo hinterland, formazione professionale tra hinterland e resto della Lombardia, profili medio-bassi tra resto della Lombardia e altri comuni d'Italia. L'analisi della condizione professionale dei frequentatori in relazio- ne alla zona di residenza è meno complessa di quella che si riferisce ai livelli d'istruzione, segno di un mercato del lavoro almeno in parte svincolato dalla rigidità dei modelli formativi. Il mercato occupaziona- le sembra presentare una minore rigidità soprattutto nelle realtà locali della provincia lombarda. In queste aree, lo sviluppo di un'economia diffusa basata sul tessuto delle piccole e medie imprese sembra con- sentire un certo contenimento degli effetti negativi, sul piano occupa- zionale, dell'attuale congiuntura. La comparazione svolta tra i soggetti secondo l'area di provenienza mostra come queste aree presentino ca- ratteristiche socioprofessionali più simili a quelle che caratterizzano il contesto della città di Milano, ma sembrano possedere, a differenza dell'area cittadina, meccanismi di integrazione più efficaci in grado di meglio contenere i rischi di esclusione quantomeno professionale. Polisemia di un luogo 47 1 Zona di residenza li ili 11 Jl 5 il è? §1 1 2 5 § 1 * S ' 1 1 r" Centn sociali: geografie dei desiderio Dal punto di vista socioprofessionale le evidenze londamentali che interessano il campione di frequentatori residenti nel "resto delle Lombardia più Novara" sono le percentuali di lavoratori dipendenti (31,7 percento), di lavoratori autonomi (19,8 percento) e di studenti (26,2 percento). Da queste aree provengono (percentualmente) meno soggetti che dichiarano di trovarsi disoccupati o in cerca di prima oc- cupazione (7,2 percento) e appare inoltre di più modesta entità la quota di studenti-lavoratori (7,1 percento). La composizione dei residenti nel comune di Milano presenta un significativo scostamento dalla media dei frequentatori per ciò che ri- guarda coloro che sono in cerca di prima occupazione (11,3 percento contro una media di 2,4 percento). L'altra particolarità dell'area mila- nese è data dalla maggiore propensione al lavoro autonomo ( 18,2 per- cento) e, correlativamente, da una quota più contenuta di lavoratori dipendenti (27,6 percento contro una media del 30,8 percento). Dal canto loro, i frequentatori che provengono dall'hinterland mi- lanese presentano tassi di disoccupazione relativamente contenuti, una quota mediamente più bassa di soggetti che dichiarano di lavora- re in forma occasionale, una presenza non marginale di quanti dichia- rano di svolgere un'attività autonoma. Infine i residenti in "altri comuni d'Italia" che frequentano i centri sociali sono professionalmente compresi nell'area del lavoro dipen- dente (35,5 percento, percentuale in assoluto più alta), della disoccu- pazione (6,7 percento) e nella condizione di studente (23,3 percento). Qualche specificazione ulteriore sulla distribuzione territoriale dei frequentatori può essere introdotta a proposito delle motivazioni a frequentare i centri sociali. Già dai primi anni Novanta i canali d comunicazione nei centri sociali si sono estesi all'utilizzo di nuove tecnologie. Questa e l'immagine a seguire sono le schermate iniziali dell. Decoder Bbs e di Ecn Milano, punti di riferimento della telematica alternativa milanese. DECODER Polisemia di un luogo <1 'il li II «1 iSilL Centri sociali: geografie dei desiderio Cada un palo d'anni l'intere alla telematica si e esteso anc Internet tanto che Decoder e hanno un proprio sito Web. I dati più significativi al riguardo interessano gli abitanti del comu- ne di Milano e gli abitanti dell'hinterland. I primi dichiarano in misu- ra percentualmente maggiore (26,3 percento) degli altri frequentatori un interesse verso i centri sociali, motivato dalle iniziative culturali che lì vengono ospitate. In parte diverse le motivazioni che vengono dalla periferia: qui il peso di quanti vedono nei centri sociali un luogo dove "stare insieme agli altri" (47,3 percento) è relativamente maggio- re, rispetto ad altre porzioni di territorio in cui abbiamo diviso il no- stro campione. Per quanto dunque la "domanda di socialità" sia pre- ponderante sulle altre motivazioni in tutte le aree territoriali, l'hinter- land milanese si segnala particolarmente per le dimensioni di questo tipo di domanda. Correlativamente, la condivisione delle finalità poli- tiche, come motivazione a frequentare i centri, viene segnalata dai soggetti residenti nella periferia in percentuale inferiore che nelle al- tre aree territoriali. L'hinterland milanese rappresenta quindi l'area nella quale i soggetti vivono la più radicale divaricazione tra socialità e politica, nella scelta di frequentare i centri sociali. Va precisato che con questo non si intende una scarsa condivisione delle finalità politi- che espresse dai centri (la domanda del questionario non chiedeva il grado di condivisione delle scelte politiche), ma la scarsa incidenza di queste finalità nel motivare i soggetti a partecipare alla vita dei centri. In sostanza sono luoghi la cui attrattività, agli occhi di quanti vivono in periferia, risiede, ancor più che per altri soggetti, nelle possibilità di incontro e di socialità che essi forniscono e, ancor meno che per altri, nelle finalità politiche che i centri esprimono. Queste considerazioni trovano poi conferma nei dati che illustrano le diverse "idee" di cen- tro espresse dai frequentatori. Polisemia di un luoqo 51 5? 3 Zona di residenza ss s ili ss ■-lorcSR'S Il 11 3" 522 3- 2 3 1 i IJ 5 8Ì = 1 S? i 1 f 1 non indicato associazione culturale impresa sociale centro iniziativa politica gruppo di impegno sociale luogo di ritrovo altro Totali Centri sociali: geografie del desiderio Se in generale il centro sociale viene identificato come luogo "di iniziativa politica" da una quota modesta di frequentatori (12,2 per- cento), coloro che provengono dall'hinterland sono i meno propensi a identificarlo in questo modo (10,3 percento). Al contempo, il centro viene visto come "luogo di ritrovo" in misura relativamente superiore proprio da questo tipo di frequentatori (21,4 percento). Infine, può risultare di qualche interesse una considerazione sulla frequentazione dei singoli centri sociali milanesi in base alla prove- nienza dei soggetti. Ebbene, osservando la partecipazione ai due cen- tri più frequentati, Leoncavallo e Cox 18, si nota che mentre il Leon- cavallo attrae quote relative via via crescenti al crescere della distanza del luogo di residenza da Milano, Cox 18 presenta una dinamica con- traria, dove cioè l'attrattività decresce al crescere della distanza da Milano. Anche questo dato richiede una precisazione. La considera- zione appena esposta non significa che il Leoncavallo è frequentato di più da non milanesi che da milanesi. Le percentuali infatti si riferisco- no al totale dei frequentatori di ciascuna area territoriale, non al tota- le dei frequentatori del Leoncavallo. L'utilità del tipo di lettura da noi proposto sta nella possibilità di stabilire una proporzione nel peso del- le diverse aree di provenienza. E quindi la lettura corretta considera, nel caso del Leoncavallo, una crescita di tipo proporzionale del peso delle aree territoriali più distanti da Milano. In sostanza, la lettura da fare è la seguente: quanto più distante da Milano abita un frequenta- tore dei centri milanesi, tanto maggiori sono le probabilità che egli sia un frequentatore del Leoncavallo. L'attrattività di questo centro è pro- porzionalmente maggiore nei confronti di residenti non milanesi e non lombardi. DROGHE TRA REPRESSIONE E SFIDA SIMBOLICA Il progetto di ricerca sui frequentatori è nato con "Piantiamola" e "Marijuana e altre storie", iniziative di sensibilizzazione e confronto sui temi della liberalizzazione/depenalizzazione delle droghe leggere. A fronte della diffusione di questa pratica sociale (si stimano oltre un milione i fumatori abituali di derivati della canapa in Italia), le rispo- ste - su questo l'iniziativa dei centri sociali ha insistito - non sono an- date al di là dei tradizionali strumenti di natura repressiva e sanitaria, e in genere di natura "trattamentale", con i quali si è soliti affrontare i Polisemia di un luogo 53 problemi sociali. In Italia l'unico vero dibattito che in qualche modo ha intersecato questo problema si è concentrato sui modelli terapeuti- ci per il recupero dei tossicodipendenti. In una sezione appositamente dedicata a questi aspetti il questio- nario affrontava preliminarmente la semantica del termine "fumo", chiedendo agli intervistati di attribuire al concetto un significato a scelta tra sei possibilità. La tabella 23 illustra la distribuzione del campione tra i diversi si- gnificati che sono stati attribuiti. Tabella 23. Cosa significa "fumo" Significati Valori assoluti Valori percentuali non indicato 83 5,9 star bene con me stesso 362 25,9 stare insieme agli altri in maniera rilassata 483 34,6 rifiutare la logica del sistema 89 6,4 un'alterazione artificiale dannosa 18 U mi piace e basta 278 19,9 il fumo non mi interessa 82 5,9 Totali 1.395 100,0 I consensi maggiori riguardano i seguenti significati: - "stare insieme agli altri in maniera rilassata" (34,6 percento); il fu- mo in questo caso sintetizza un insieme di significati che alludono a una dimensione di socialità nella quale recuperare spazi di vita in certa misura liberati dal tempo frenetico e imposto dall'esterno della vita quotidiana. In questo significato si fa chiaramente riferimento ad am- biti relazionali densi ed emotivamente significativi per i soggetti, che possono talora configurarsi anche in senso spaziale (luoghi di incontro e di aggregazione). Il soggetto pone al centro del suo interesse espres- sivo l'interazione sociale e l'esito di questa ricerca è visto nel costituirsi di ambiti di relazione "rilassati", non perturbati da "rumore sociale"; - "star bene con me stesso" (25,9 percento); un significato che evi- dentemente insiste sulla dimensione soggettiva e non immediatamen- 54 Centri sociali: geografie del desiderio te relazionale del piacere. Peraltro, a passare in secondo piano, ancor più della socialità in quanto tale, sono gli elementi di ritualità che sempre accompagnano la condivisione collettiva di questi momenti. Posto infatti che "star bene con se stessi" non implica necessariamen- te l'assenza di interesse verso un piacere condiviso con altri, questo atteggiamento sembra più da leggere nei termini di un disinteresse nei Confronti dei "modi" in cui praticamente si instaurano le situazioni di socialità. Infine, si esprime una modalità di consumo in chiave esplo- rativa e di allargamento degli stati individuali di sensibilità, di confu- sione creativa ecc.; - "non significa nulla, mi piace e basta" (19,9 percento); nella sot- trazione di qualsiasi significato che non sia quello derivante dal piace- re generato dal consumo, questa parte di soggetti sembra portare alle estreme conseguenze il "minimalismo" che caratterizza la categoria precedente. In questo caso, tuttavia, non si può escludere un'implica- zione paradossale: una radicale designificazione, tanto esibita nella sua formulazione linguistica, da volgersi in attribuzione di un nuovo significato, quello appunto che contesta tutti i significati finora attri- buiti al fumo in quanto "ridondanti" sul piano simbolico. In definiti- va, una sorta di "sfida simbolica" condotta per sottrazione di signifi- cato invece che per incremento. Una parte molto ridotta di frequentatori ha optato per significati a forte caratterizzazione politica. Ci si riferisce a quel 6,4 percento di soggetti per cui il fumo rappresenta un rifiuto della "logica del siste- ma": la dimensione modesta di questa area di risposte segnala, se ce ne fosse bisogno, il declino di appeal di interpretazioni del fumo in chiave di politica ideologica. La sensibilità diffusa appare invece orientata a inquadrare la questione del consumo di droghe leggere in termini culturali e di opportunità pratiche. Un altro aspetto che gli organizzatori di "Piantiamola" e "Marijua- na e altre storie" hanno voluto affrontare riguarda gli aspetti relativi al controllo-repressione del consumo di droghe. Si chiedeva ai frequen- tatori se è capitato loro di essere stati fermati per possesso di fumo. I risultati documentano un'elevata percentuale di "fermati": precisa- mente il 46,7 percento dell'intero campione. Inoltre, mentre di questi il 48,6 percento dichiara di essere stato rilasciato con il solo sequestro del fumo, il 25,5 percento dichiara di essere stato portato in caserma o in questura e il 25,9 percento di aver subito altre conseguenze (rila- sciato con il fumo, botte, minacce, denuncia, arresto, schedatura ecc.). Polisemia di un luogo 55 Nel caso di azione penale, è il caso di 142 frequentatori, l'esito del processo ha dato origine, in particolare, a tre tipi di sentenze: - condanna (15,5 percento); - condanna con sospensione pena (22,5 percento); - assoluzione per uso personale (36 percento); Dati in parte contraddittori, che documentano un'estesa azione di controllo, ma al contempo evidenziano come tra il fermo e l'azione penale si snodi un itinerario che può portare in direzioni molto diver- se, tra cui il semplice sequestro della sostanza. In questo caso i giovani fermati detenevano modiche quantità di droghe, in quantità tali da non giustificare ulteriori azioni penali. I diversi sistemi di controllo sembrano quindi reagire con la trasmissione di un "senso d'accerchia- mento" dei consumatori, attraverso un'azione sul territorio caratteriz- zata da un'attività continua di monitoraggio che implica un numero elevato di controlli. Un aspetto particolare che si è inteso indagare è poi quello che ri- guarda le opinioni circa la presenza del fumo nei centri sociali. Tabella 24. Giudizio sul consumo di " fumo" nei csoa Giudizio Valori assoluti Valori percentuali non indicato 59 4,2 è una cosa normale 482 34,6 è una cosa positiva perché i csoa sono spazi di autonomia 783 56,1 ci si espone a rischi legali 60 43 è rischioso perché si può passare a qualcosa di pesante 11 0,8 Totali 1.395 100,0 Un aspetto che presenta una certa rilevanza presso l'opinione pub- blica generale, considerato che questa presenza viene spesso associata a rappresentazioni dei centri come ambiti continuamente sospesi tra legalità e illegalità, quando non come luoghi che godrebbero di una sorta di impunità, tipica di "spazi franchi" al riparo dalle conseguen- ze, che riguardano invece tutti i cittadini che si trovassero ad agire de- terminati comportamenti. 56 Centri sociali: geografie del desiderio Per la maggior parte dei frequentatori (56,1 percento) la presenza del fumo nei centri è associata immediatamente all'idea di questi luo- ghi di aggregazione come spazi autonomi: il fumo è visto come cosa positiva perché attesta l'autonomia dei centri nel determinare stili di vita e codici di comportamento. Una risposta, inoltre, che non si limi- ta a concepire il fumo come "una cosa normale" (questo atteggiamen- to rappresenta infatti il 34,6 percento), ma afferma una positività di questa pratica in ragione dell'uso sociale che di questa autonomia vie- ne fatto dai centri, tanto da spingere il 78,3 percento del campione a sostenere l'ipotesi di una vendita delle droghe all'interno dei centri mediante una gestione collettiva della distribuzione. Tabella 25. Opinione sul rapporto da tenere con i pusher nei csoa Opinione Valori assoluti Valori percentuali non indicato 55 3,9 sarebbe meglio allontanarli 64 4,6 non sono un problema, fanno un servizio utile 184 13,2 sarebbe meglio una gestione collettiva 1.092 78,3 Totali 1.395 100,0 Questa idea, in particolare, è vista come la soluzione ideale al pro- blema di una vendita attualmente gestita dai pusher. In misura minore (13,2 percento) la presenza di "venditori" nei centri viene tollerata perché svolgono "un servizio utile". È tuttavia presente anche una quota, pur minoritaria (4,6 percento), di soggetti che ritiene sarebbe meglio allontanare queste persone. All'idea di una gestione collettiva si accompagna la domanda di una coltivazione organizzata della cana- pa: il 78 percento si dichiara favorevole a questa ipotesi, mentre solo il 6,7 percento si mostra contrario. Polisemia di un luogo 57 Tabella 26. Opinioni sull'idea che i csoa debbano organizzare la coltivazione della canapa indiana Opinioni Valori assoluti Valori percentuali non indicato 80 5,7 favorevole 1.008 78,0 contrario 93 6,7 non saprei 214 15,3 Totali 1.395 100,0 Da rilevare la percentuale non trascurabile di frequentatori (il 15,3 percento) che non sa esprimersi rispetto a questa ipotesi. Oltre alla coltivazione e alla vendita di canapa i centri dovrebbero organizzare anche attività di produzione di derivati (alimenti, prodotti cosmetici, tessuti naturali ecc.): questa, almeno, è l'opinione del 65,2 percento del campione. Tabella 27. Opinioni sull'idea che i csoa debbano organizzare attività di produzione dei derivati dalla canapa indiana Opinioni Valori assoluti Valori percentuali non indicato 107 7,7 favorevole 909 65.2 contrario 109 7,8 non saprei 270 19,4 Totali 1.395 100,0 Ma anche in questo caso si ripropone una notevole percentuale di soggetti privi di un'opinione in merito (19,4 percento). Evidentemen- te, per molti frequentatori le competenze in questo campo si limitano alla sfera del consumo e ne rimangono così esclusi gli aspetti diretta- mente produttivi e trasformativi. Che si tratti di mancanza di compe- tenze, piuttosto che di interesse, è testimoniato dalla grande maggio- ranza (75,8 percento) di favorevoli all'ipotesi di organizzare nei centri sociali attività di formazione sull'uso, sulla coltivazione e sulla trasfor- mazione della canapa. 58 Centri sociali: geografie del desiderio Tabella 28. Opinioni sull'idea che i csoa debbano organizzare attività di formazione sull'uso, sulla coltivazione e sulla trasformazione della canapa indiana Valore .... Valori assoluti Valori percentuali non indicato 111 8,0 favorevole 1.057 75,8 contrario 74 5,3 non saprei 153 11,0 Totali 1.395 100,0 In questi ultimi anni si stanno affermando modelli culturali e di consumo che insistono anche sull'uso di droghe (sintetiche, allucino- gene) che elevano gli standard di efficienza psicofisica dei soggetti. L'ecstasy, diventata famosa per la sua spettacolarità televisiva ("i mor- ti del sabato sera") è una di queste. Riappare lo stereotipo di fenome- ni sociali spiegati come semplice prodotto di alterazioni/manipolazio- ni sintetiche. Tabella 29. Opinioni sul consumo di ecstasy Opinioni Valori assoluti Valori percentuali non indicato 102 7,3 è roba per maratoneti da discoteca 643 46,1 accresce le energie e gli stati emotivi 181 13,0 è una droga organica al sistema 206 14,8 non saprei 263 18,9 Totali 1.395 100,0 Un orientamento tanto radicato da far ritenere al 46,5 percento dei frequentatori che l'ecstasy è "roba per maratoneti da discoteca". Solo il 13 percento del campione si pone in maniera, per così dire, "descrit- tiva" di fronte al consumo di ecstasy, affermando che "accresce le energie e gli stati emotivi". Il 14,8 percento dei rispondenti ritiene trat- tarsi di una "una droga organica al sistema", restituendone in questo modo un'immagine visibilmente ideologizzata. Infine, quasi il 20 per- cento, dichiara di non sapere nulla sul consumo di ecstasy. Certamente Polisemia di un luogo 59 più delicata in questo caso, rispetto al caso delle droghe leggere, è la questione che riguarda l'atteggiamento da tenere nei confronti del consumo di ecstasy all'interno dei centri. La posizione secondo la qua- le "bisogna scoraggiarne il consumo" è infatti prevalente e condivisa dal 46,5 percento dei frequentatori. Ma non è irrilevante la quota di persone (17,9 percento) che ritengono si debba impedirne il consumo. Tabella 30. Opinioni sul consumo di ecstasy all'interno dei csoa Opinioni Valori assoluti Valori percentuali non indicato 114 8,2 va incoraggiato il consumo 17 U va tollerato il consumo 282 201 bisogna organizzare forme di vendita controllata 83 5,9 bisogna scoraggiare il consumo 649 46,5 bisogna impedire il consumo 250 17,9 Totali 1.395 100,0 PLURIAPPARTENENZE E STRUTTURA DI RETE L'esistenza di una struttura reticolare di collegamento rappresenta tra- dizionalmente la condizione organizzativa di riproduzione delle espe- rienze di movimento. Tale struttura, che si articola allo stato di latenza nello scambio informale condotto per lo più a livello personale, ga- rantisce la comunicazione delle esperienze e la continuità della "me- moria" di movimento. Tali funzioni rappresentano risorse essenziali nei momenti in cui il conflitto sociale non si esprime in vaste forme di mobilitazione collettiva e per ciò stesso forniscono il retroterra orga- nizzativo per eventuali successive occasioni di mobilitazione. Ciascun punto di aggregazione rappresenta un luogo di socializza- zione dai caratteri specifici, caratterizzato da attività e modelli orga- nizzativi a esso peculiari. Ma il comune riferimento al medesimo reti- colo organizzativo consente ai soggetti di accedere a un serbatoio di esperienze più ampio, di quello rappresentato dal singolo punto di ag- gregazione. "Transitando" da un punto all'altro del reticolo, gli indivi- 60 Centri sociali: geografie del desiderio dui, più che le rappresentanze formali (che sarebbe arduo rintracciare nelle aree di movimento), diventano il veicolo di una comunicazione orizzontale che presenta i connotati dell 'informalità e della capillarità. Per il fatto di essere molecolare, questa comunicazione non è ne- cessariamente destinata a essere territorialmente circoscritta: la sua capillarizzazione non è in via di principio antitetica alla possibilità di estenderne il raggio oltre i confini territoriali che delimitano l'espe- rienza esistenziale dei soggetti. Non di rado, lo scambio interessa ag- gregazioni situate in aree urbane anche molto distanti tra loro, talora anche in contesti nazionali differenti. Questi caratteri delle aree di movimento trovano sostegno nelle forme di adesione e poi di fruizione delle attività dei centri sociali che, singolarmente, i frequentatori dei centri mettono in atto. Anzitutto si deve osservare che oltre il 66 percento dei frequenta- tori entra in contatto con la realtà dei centri attraverso amici. Se poi si considera che le forme di propaganda, come volantini, locandine ecc. (6,6 percento) e il tramite costituito da altri gruppi e associazioni (2,7 percento) rivestono scarsissima importanza nel favorire il primo con- tatto con i centri, appare un dato incontrovertibile: l'adesione ai cen- tri non avviene, se non marginalmente, a seguito della comunicazione formalizzata con cui normalmente un soggetto politico ricerca con- senso e adesioni all'esterno (per l'appunto, propaganda e rapporti formali con altre entità organizzate); sono invece gli individui già inse- riti, a fornire il tramite, con le loro reti amicali, tra il centro sociale e l'ambiente. Tabella 31. Modi in cui si entra in contatto con i csoa Modi Valori assoluti Valori percentuali non indicato 97 7,0 attraverso amici/che 926 66,4 attraverso compagni/e di scuola 74 5,3 attraverso compagni/e di lavoro 10 0,7 attraverso stampa ed emittenti radio-Tv 38 2,7 attraverso volantini, manifesti ecc. 92 6,6 attraverso gruppi o associazioni 37 2,7 altro 121 8,7 Totale 1.395 100,0 Polisemia di un luogo 61 - Per questa via, il concetto di struttura reticolare che può essere ap- plicata al centro in quanto entità organizzata, si estende fino a com- prendere le relazioni, che singolarmente gli aderenti intrattengono nei diversi ambiti della vita sociale che si trovano a frequentare. Se l'esse- re il centro inserito in un circuito comunicativo cui fanno parte altri centri qualifica il centro stesso come "nodo" di una rete, sono gli stes- si singoli aderenti a far sì che questa rete mantenga aperti i canali di trasmissione verso l'esterno. Non solo, ma è da presumere che questo ruolo dei singoli si sviluppi anche all'interno della stessa rete dei cen- tri, dal momento che quasi il 60 percento dei frequentatori dichiara di partecipare alla vita di più di un centro. La pluriappartenenza dei sog- getti costituisce, per così dire, la base materiale su cui si instaurano anche gli stessi rapporti tra i centri, oltre che i rapporti tra centri e ambiente circostante. In altri termini, prima ancora che attraverso i rapporti formali tra i centri in quanto entità organizzate, le relazioni passano attraverso la frequentazione plurima da parte dei singoli. Questa funzione relazionale dei singoli aderenti mette capo a un'altra considerazione. Se è vero che si entra in contatto con i centri sociali tramite le relazioni amicali, c'è da aspettarsi che i "nuovi arri- vati" riproducano più o meno le stesse caratteristiche, per età, grado di istruzione, stili di vita, aspirazioni, di coloro che già partecipano al- la vita dei centri sociali. Questo significa che il grado di coesione in- terna ai centri, le affinità che si possono riscontrare tra i partecipanti, obbediscono in primo luogo a un criterio generazionale: coloro che entrano in contatto con un centro sociale, lo fanno in quanto parteci- pano della comune condizione generazionale di chi già vi partecipa. Una certa "continuità" dell'esperienza collettiva nei centri è quindi da ricercare nelle stesse forme di relazione, tramite le quali si riproduce l'adesione, prima ancora che nella "coerenza" con cui i centri ripro- ducono e veicolano i loro messaggi. Questa conclusione trae forza ulteriore dal fatto che sono soprat- tutto i frequentatori appartenenti alle classi di età più giovani, quelli che più spesso sono entrati in contatto con i centri attraverso relazioni amicali. 62 Centri sociali: geografie del desiderio Totali è? a" s- 5 5 5 5 i 3 2 s s 2 più di 35 anni 55 i 2 s 1 3 R i 00 da 31 a 35 anni 55 3 1 3 P 2 2 § da 26 a 30 anni 55 **\ s 1 °° 1 3 2 2 i 00 da 22 a 25 anni 55 S — . 1 3 00 Ri da 18 a 21 anni 55 2 100,0 3 s a il 55 1 1 1 2 1 3 a (N 55 1 I 3 s i 1 | .s 1 1 § *6 l 1 attraverso propaganda attraverso gruppi e associazioni i 1 Polisemia di un luogo Al contrario, cresce tra i frequentatori delle classi di età più matu- re la percentuale di coloro che sono entrati in contatto con i centri tramite canali più impersonali, quali gli strumenti di propaganda, i media, altri gruppi o associazioni. Se dunque col tempo è destinato a crescere - per effetto delle uscite dei membri più "anziani" - il peso di quanti sono entrati per affinità generazionale, è lecito supporre che questa affinità sia destinata a riprodursi nel futuro come tratto carat- teristico della coesione interna, quali che siano le scelte che i diversi centri faranno, in relazione ai temi concreti su cui si svilupperà la loro azione collettiva. Prima però di entrare nel merito dei contenuti di questa esperien- za, così come vissuta dai frequentatori, è bene sottolineare un'altra ca- ratteristica che presentano i centri, in quanto strutture organizzate nelle aree di movimento. Oltre che reticolare, la struttura delle aree di movimento è policefa- la. I reticoli organizzativi non danno luogo a forme gerarchiche di re- lazioni tra i diversi punti, ma ciascuno di questi vive come luogo spe- cifico di produzione dell'identità collettiva. La comunicazione oriz- zontale presuppone, e al contempo riproduce, una circolazione infor- male di atteggiamenti, oltre che di soggetti, al di fuori dei canali pre- costituiti della rappresentanza formale. Allo stato di latenza, il movi- mento richiede infatti forme di relazione che abbassino quanto più possibile le "barriere all'accesso", che favoriscano la fruibilità di cia- scuna esperienza aggregativa da parte del maggior numero possibile di soggetti e che consentano un'elevata mobilità dei soggetti entro la struttura di rete. Perché questo sia possibile, è necessario che le rela- zioni tra i diversi poli di aggregazione si svolgano senza le restrizioni che inevitabilmente l'adozione di una struttura formalizzata compor- terebbe. Di qui, il basso grado di formalizzazione delle strutture orga- nizzative, la loro fluidità e il loro sedimentarsi in vista degli scopi da conseguire, piuttosto che in funzione delle esigenze e di rappresenta- tività. Laddove la rappresentanza presuppone relazioni formalizzate, istanze partecipative situate a diversi livelli di gerarchia, delega di fun- zioni direttive e gestionali, meccanismi e procedure per la formazione delle decisioni e il controllo delle stesse, le aree di movimento si ali- mentano invece dell'informalità dei rapporti interni, dell'orizzontalità delle relazioni tra i nodi della struttura reticolare, della fluidità dei ruoli, della indivisibilità delle istanze decisionali e della non replicabi- lità (unicità) del gruppo. 64 Centri sociali: geografie del desiderio Questi caratteri di fondo (struttura reticolare e policefala) rappre- sentano altrettante "risorse" organizzative per il movimento allo stato di latenza. Rappresentano infatti i presupposti in base ai quali questo tessuto associativo si dispone alla mobilitazione collettiva, nei mo- menti di aperto conflitto sociale. E tuttavia sono proprio questi carat- teri a mettere ora le aree di movimento di fronte a una contraddizione strutturale. Quella tra l'essere raggruppamenti "predisposti" alla mo- bilitazione collettiva nell'ambito di un conflitto radicale e la perdu- rante assenza di movimenti in cui "riconoscere" e vedere all'opera i propri caratteri di condotte conflittuali. In passato si è talora reagito a questa contraddizione "simulando" il movimento, enfatizzando i caratteri di discontinuità con l'ordine costituito e attribuendo natura di "personaggi" alle diverse parti in conflitto. Il "movimento-personaggio", con la sua mistica delT"alte- rità", il suo agire coerente in vista del raggiungimento di una meta che dava senso al divenire storico, ha rappresentato, nei momenti di bassa conflittualità sociale, un potente surrogato del movimento "reale". Questo ha consentito il mantenimento e la riproduzione di un'iden- tità controculturale e di forme di solidarietà che, nell'impossibilità di esprimersi all'interno del conflitto sociale, sarebbero irrimediabil- mente andate perdute. La situazione attuale, di frammentazione dei conflitti e di prolife- razione di soggetti collettivi, che si dislocano al di fuori di un "conflit- to fondamentale", favorisce la formazione di nuovi atteggiamenti in seno ai centri sociali. Tre sono gli indicatori con i quali abbiamo inteso osservare questi nuovi atteggiamenti: a) le motivazioni per le quali si aderisce ai centri; b) l'"idea" di centro che i frequentatori attuali hanno maturato; c) le aspettative circa le attività che il centro dovrebbe svolgere. Si tratta di indicatori che, come è facile intuire, non sono esplicati- vi di atteggiamenti e opinioni riguardanti il "sistema" (la società, la politica, la condizione giovanile ecc.), ma sono rivelatori di atteggia- menti e opinioni che si riferiscono all'"attore" (il centro sociale in quanto entità collettiva). Ci è sembrato questo l'angolo di visuale che più direttamente è in condizione di gettare luce sui rapporti che inter- corrono tra il centro come espressione di un'azione collettiva e i parte- cipanti dell'azione stessa. Molto di più dell'approccio globalizzate, che pretende di inferire gli atteggiamenti nei confronti della partecipa- Polisemia di un luogo 65 zione dalle opinioni sul "sistema", ma anche molto di più dell'approc- cio riduzionista che dall'analisi del comportamento collettivo fa deri- vare motivazioni e atteggiamenti individuali nei confronti dell'azione. Vediamo separatamente i tre indicatori. TANTI MOTIVI PER PARTECIPARE Visti i modi in cui si entra in contatto con i centri sociali, in base a quali motivazioni lo si fa? I dati mostrano un netto prevalere delle motivazioni di tipo "espressivo", quali lo "stare insieme agli altri" (41,6 percento) e le iniziative musicali (32,1 percento). Tabella 33. Motivi per frequentare i csoa Motivi Valori assoluti Valori percentuali non indicato 578 41,4 stare insieme agli altri 581 41,6 iniziative culturali 323 23,2 iniziative musicali 448 32,1 obiettivi politici 384 27,5 confronto e discussione 163 11,7 partecipazione in strutture interne 68 4,9 servizi a basso costo 169 12,1 altro 76 5,4 N.B. La somma delle risposte non corrisponde ai totali, perché erano possibili più risposte. Sembrerebbe che sul centro venga a riversarsi una domanda di so- cialità intesa nella sua accezione più squisitamente relazionale-amica- le, dove cioè il contenuto delle relazioni non è mediato da espliciti supporti di natura "strumentale" o funzionale (partecipare "per" fare qualcosa, "per" conseguire degli scopi comuni). Il centro appare in primo luogo uno spazio relazionale in quanto tale e da questa confi- gurazione trae legittimità agli occhi di chi partecipa alle sue attività. L'adesione per ragioni politiche, o più in generale per ragioni di impegno (per iniziative culturali, per il confronto e la discussione in- terna ecc.) non rivestono quell'importanza, che invece ricoprono nel- la visione standardizzata che dei centri sociali normalmente viene for- 66 Centri sociali: geografie dei desiderio nita dagli organi di stampa o nella discussione politica, che si scatena in occasione di eventi spettacolari (occupazioni, sgomberi, scontri di piazza ecc.). In particolare, è la natura di attore politico del centro so- ciale a essere messa in questione come immagine dotata di "attratti- vità": le finalità politiche non stanno normalmente alla base delle mo- tivazioni a partecipare alla vita del centro e semmai rientrano come fattore di complemento a tradurre in attività rivolte all'esterno una so- lidarietà che si costituisce su altre basi, in particolare sulla condivisio- ne di uno spazio vissuto come "proprio", su affinità di tipo generazio- nale, su un "comune sentire" fatto anche, se non soprattutto, di prefe- renze e gusti, similmente a quanto avviene per altre aggregazioni poco formalizzate che popolano il panorama metropolitano. L'analisi delle motivazioni a frequentare i centri sociali evidenziano come il "campo culturale", quello che attiene al contenuto simbolico della partecipazione, alla sfida condotta sul piano delle relazioni inter- soggettive, alla reinterpretazione degli stili di vita e di consumo, si con- fermi come terreno elettivo della partecipazione in queste aree di mo- vimento. E come, d'altra parte, appaia una forzatura riduzionistica quella che pretende di assumere il centro sociale come soggetto politi- co sic et simpliciter, riconducendo cioè finalità, motivazioni soggettive e senso della partecipazione alle caratteristiche che sono proprie della rappresentanza politica. Peraltro, sarebbe improprio assimilare, sulla base di queste informazioni, il centro sociale a una qualsiasi altra ag- gregazione, che si proponga di favorire la socializzazione tra soggetti accomunati anzitutto dalla condizione generazionale. Il ventaglio delle motivazioni a partecipare alla vita del centro appare piuttosto ampio e questa varietà pretende di essere compresa nel suo insieme, se non si vuole "forzare" l'interpretazione in schemi precostituiti o interessati nelT esaltare un aspetto, piuttosto che un altro. E in questa varietà sono comprese anche quelle dimensioni di impegno sociale e di attivazione per il raggiungimento di finalità generali, che travalicano la pura moti- vazione alla socializzazione tra pari. Rientrano in questo tipo di dimen- sioni, oltre alle finalità propriamente "politiche" (27,5 percento), an- che le motivazioni connesse alle iniziative culturali attivate dai centri (23,2 percento) e al "confronto e alla discussione" (11,7 percento). La variabile anagrafica appare la più significativa per distinguere tra i diversi tipi di motivazioni a partecipare alla vita dei centri sociali. La tabella 34 mostra infatti una chiara correlazione in questo senso. Polisemia di un luogo 67 68 Centri sociali: geografie del desiderio Le motivazioni, per così dire, più marcatamente "espressive" ("stare insieme agli altri" e "iniziative musicali"), pur risultando le più diffuse in assoluto, vengono dichiarate soprattutto dalle classi di età più giovani: per ambedue i tipi di motivazioni si può osservare quasi una tendenza lineare al decremento dei valori, in corrispondenza al crescere dell'età. Diverso è il caso di altri tipi di motivazioni più connesse all' "agire strumentale". In primo luogo si deve osservare che le motivazioni po- litiche, se da un lato vengono condivise soprattutto nelle classi di età più avanzate, presentano tuttavia una "punta" relativamente più alta proprio nella classe di età più giovane (meno di 18 anni). Questa pola- rizzazione di atteggiamenti costituisce un aspetto su cui richiamare l'attenzione, perché stabilisce un'affinità tra soggetti molto distanti per età, e quindi per esperienze pregresse (adolescenti e ultratrenten- ni), sull'aspetto forse più cruciale della vita attuale dei centri sociali: l'identità politica. Non diversamente si pone la motivazione "confronto e discussio- ne", per la quale le preferenze maggiori, di nuovo, provengono dagli elementi più anziani e dai giovanissimi. Anche il confronto tra maschi e femmine permette di notare qual- che differenza di atteggiamento. Le donne appaiono nettamente più motivate a partecipare per le finalità politiche (31,2 percento contro 26,2 percento degli uomini) e per le iniziative culturali (30,6 percento contro 20,3 percento). Di converso, attività eminentemente socializzanti quali le "iniziative mu- sicali" o il semplice "stare insieme agli altri" sono motivazioni espres- se per la maggior parte dalla componente maschile. È questa eviden- temente la parte di frequentatori che richiede al centro sociale di esse- re soprattutto uno spazio ludico-espressivo, luogo nel quale dar corso a quella dimensione socializzante, che naturalmente l'azione politica traduce solo in forma mediata. Polisemia di un luogo 69 Tabella 35. Motivazioni per frequentare i csoa secondo il sesso Motivazioni Sesso Totali non indicato Maschio Femmina v.a. % v.a. % v.a. % v.a. % non indicato 24 57,1 402 40,9 152 4U 578 41,4 per stare insieme agli altri 11 26,2 439 44,6 131 35,5 581 41,6 per iniziative culturali 10 23,8 200 20,3 113 30,6 323 23,2 per iniziative musicali 18 42,9 325 33,0 105 28,5 448 32,1 per con divisione di obiettivi politici 11 26,2 258 26,2 115 3U 384 27,5 per confronto e discussione 3 7,1 117 11,9 43 11,7 163 11,7 per partecipare a strutture interne 1 2,4 40 4,1 27 7,3 68 4,9 per servizi a basso costo 5 11,9 128 13,0 36 9,8 169 12,1 altro 1 2,4 59 6,0 16 43 76 5,9 Totali 42 100,0 984 100,0 369 100,0 1.395 100,0 N B. La somma delle risposte non corrisponde ai totali perché erano possibili più risposte. Sono dati, questi, che non contraddicono la valutazione generale sopra espressa a proposito dell'irriducibilità dell'esperienza associati- va alla pura dimensione politica. Piuttosto articolano quella valutazio- ne e ne danno una più precisa definizione, che affrontiamo ora analiz- zando il secondo indicatore. OLTRE IL RITROVO, OLTRE LA POLITICA Nel chiedere agli intervistati con quale idea di centro sociale si senta- no più in sintonia, abbiamo inteso fornire un'immagine sintetica delle diverse rappresentazioni, che circolano tra i frequentatori a proposito di questi luoghi di aggregazione. Ne risultano in gran parte conferma- 70 Centri sodati: geografie dei desiderio te le considerazioni avanzate in precedenza. Quanti vedono nel cen- tro sociale principalmente un ambito di iniziativa politica, non vanno oltre un limitato 12,2 percento, confermando in questo modo la mo- desta capacità di attrazione che le issues politiche esercitano sull'area di riferimento a cui i centri si rivolgono. Tabella 36. Idea di csoa Idea Valori assoluti Valori percentuali non indicato 97 7,0 associazione culturale 166 11,9 impresa sociale 103 7,4 centro di iniziativa politica 170 12,2 gruppo di impegno sociale 495 35,5 luogo di ritrovo 279 20,0 altro 85 6,1 Totali 1.395 100,0 D'altra parte, e anche questo costituisce una conferma, la scarsa attrattività del centro in quanto attore politico non può essere assunta unilateralmente come indicatore di un processo di assimilazione della figura del centro sociale all'immagine di una qualsiasi altra aggrega- zione, senza alcuna caratterizzazione sotto il profilo dell'identità col- lettiva. La maggior parte degli intervistati (35,5 percento), infatti, considera il centro alla stregua di un "gruppo di impegno sociale", cosa questa che mette in luce almeno due aspetti: - il centro sociale, almeno nelle rappresentazioni fornite dai fre- quentatori, mantiene una forte configurazione di gruppo orientato al- l'azione verso l'esterno e anche gli aspetti simbolici di rinsaldamento della coesione interna, di identificazione con le finalità del gruppo, di cura delle relazioni intersoggettive devono essere inquadrati entro questo profilo generale; - sottolineando la vocazione all'impegno sociale del centro, come distinta dall'iniziativa politica strido sensu, la maggioranza dei fre- quentatori sembra segnalare una distinzione, dalla quale si evince che la natura politica del centro appare un contenitore troppo limitato, per comprendere la pluralità di significati sottesa all'idea di centro co- me ambito di impegno sociale. In definitiva, non viene meno la pro- Polisemia di un luogo 71 pensione all'azione, la proiezione verso l'esterno, ma questo orienta- mento generale trova oggi più difficoltà a essere declinato entro le ca- tegorie politiche attraverso le quali filtrava in passato l'autorappresen- tazione dei centri sociali. Del resto non è da sottovalutare quel 20 percento di soggetti che assimilano il centro sociale a un "luogo di ritrovo", la qual cosa signi- fica che la pluralità di significati sottesa all'immagine di centro come ambito di impegno sociale si estende in generale all'idea di centro in quanto tale. In sostanza, convivono nei centri sociali milanesi più rap- presentazioni di centro e di conseguenza, presumibilmente, più mo- delli d'uso e di frequentazione dello stesso. Una pluralità che, essendo le minoranze comunque cospicue, difficilmente può essere "ridotta" senza pagare elevati costi sul piano della ricchezza dei modelli di identificazione. In altri termini, le dimensioni del consenso che cia- scuna idea di centro raccoglie, legittima la considerazione che l'attua- le identità dei centri sia da ricercare proprio nella pluralità di rappre- sentazioni che li abitano, per quante difficoltà di comunicazione all'e- sterno, e quindi di trasmissione di un'immagine sintetica di colletti- vità, possa comportare una pluralità in cui nessuna componente è predominante (se non, come si è detto, la componente di "impegno sociale" che, tuttavia a questo livello di genericità, si presta a sua volta a essere interpretata come categoria "plurale"). Da questa polisemia dei luoghi i singoli centri non possono prescindere se non si vuole, sotto l'urgenza di tener fede alla proiezione verso l'esterno (che co- munque è alla base dell'aggregazione), "forzare" in senso riduttivo l'i- dentità collettiva del centro. L'incrocio di queste risposte con alcune variabili strutturali artico- la ulteriormente il quadro. 72 Centri sociali: geografie dei desiderio Tabella 37. Idea di csoa secondo il sesso Idea Sesso Totali non indicato Maschio Femmina v.a. % v.a. % v.a. % v.a. % non indicato 5 11,9 64 6,5 28 7,6 97 7,0 associazione culturale 4 9,5 129 13,1 33 8,9 166 11,9 impresa sociale 2 4,8 76 7,7 25 6,8 103 7,4 centro di iniziativa politica 3 7,1 111 11,3 56 15,2 170 12,2 gruppo di impegno sociale 13 31,0 332 33,7 150 40,7 495 35,5 luogo di ritrovo 14 33,3 211 21,4 54 14,6 279 20,0 altro 1 2,4 61 6,2 23 6,2 85 6,1 Totali 42 100,0 984 100,0 369 100,0 1.395 100,0 Se in linea di massima il titolo di studio non sembra costituire una variabile particolarmente significativa, al fine di distinguere tra le di- verse idee di centro (si può solo rilevare che, tra quanti identificano il centro con un "luogo di ritrovo", percentuali leggermente superiori presentano i titoli di studio medio-bassi), diversa è la situazione per altre variabili. In primo luogo, dal punto di vista del genere. Tra le donne sono nettamente più presenti, rispetto alla componente ma- schile, i soggetti che del centro sociale hanno un'idea di "gruppo di impegno sociale" (40,7 percento, contro il 33,7 percento degli uomi- ni) e un'idea di "centro di iniziativa politica" (15,2 percento contro l'I 1,3 percento degli uomini). Al contrario, la componente maschile sembra nettamente più sensibile di quella femminile all'idea del cen- tro come "luogo di ritrovo" (21,4 percento contro 14,6 percento). So- no dati che presentano una notevole coerenza con quanto rilevato a proposito delle motivazioni a frequentare i centri. Anche in questo ca- so, la variabile di genere presenta una certa capacità esplicativa nel di- stinguere tra i diversi atteggiamenti. A una prevalenza della compo- nente femminile nelle motivazioni di natura politico-sociale a fre- quentare i centri, corrisponde una prevalenza tra le donne della visio- Potisemia di un luogo ■ 73 - ne dei centri come spazio eli azione politico-sociale. Di converso, mo- tivazioni di natura più esplicitamente ludico-espressiva. prevalenti nella componente maschile, trinano corrispondenza nell'immagine prev alente tra gli uomini di un centro come spazio di socializzazione. I dati relativi al profilo anagrafico offrono la possibilità di sottoli- neare come sia sempre necessario considerare la differenza tra attività espressive e azione strumentale una distinzione puramente analitica, cioè come due dimensioni dell'azione collettiva che nei comporta- menti concreti trovano spesso modo di intrecciarsi, fino a rendere di dillicilc decifrazione ciò che nella percezione dei soggetti è vissuto co- me "socializzante" e ciò che invece è solo impegno finalizzato a con- seguire scopi pratici. Infatti, il dato che appare più significativo al ri- guardo e rappresentato dal latto che le componenti più sensibili all'i- dea eli centro come "gruppo di impegno sociale" sono anche quelle per le quali il centro e in primo luogo un "luogo di ritrovo": si tratta delle fasce di età più giovani, quelle al di sotto dei 2^ anni. 74 Centri soci.ili: iieociufu 1 del desiderio 1 (2 55 • 3 s I 3 II § E 2 più di 35 anni 3 3 5 3 = 8,8 100,0 3 oo c a ' da 31 a 35 anni è? Is •3 5 ? 3 2 = s da 26 a 30 anni 5* S ? 7,8 100,0 3 s ; da 22 a 25 anni 55 S 1 3 s? s 3 p da 18 a 21 anni 3 5 ?- »- ? * 4,3 100,0 3 2 s il 55 1 5 ri- 3 CSI il 55 s 3 1 i .5 associazione culturale il 11! li il J 1 hi Polisemia di un luogo Questo rappresenta con tutta evidenza un'ulteriore complicazione dal punto di vista pratico, cioè della gestione interna ai centri, perché introduce una distinzione che attraversa fasce omogenee di età. Ma, al contempo, sottrae l'interpretazione agli stereotipi che vorrebbero i più giovani refrattari a qualsiasi intrapresa collettiva in ambito sociale e sensibili invece solo al richiamo dell'elemento ludico-espressivo. In particolare, trattandosi di fasce omogenee di età e quindi, verosimil- mente, abbastanza omogenee anche sotto il profilo degli stili di vita e degli atteggiamenti generali, la compresenza delle due dimensioni dell'azione consente di precisare che quelle, che da un punto di vista analitico appaiono come due dimensioni polari, nella realtà possono trovarsi a convivere tra soggetti affini e, ancor più, nell'immaginario degli stessi singoli soggetti. Da segnalare, infine, nonostante le limitate dimensioni, ma ugual- mente importante perché oggetto del dibattito recente tra molti centri sociali, la visione del centro come "impresa sociale". Quanti identifi- cano il centro con questo tipo ideale ammontano al 7,4 percento del- l'intero campione, una percentuale invero piuttosto modesta se para- gonata alle altre "immagini". Ugualmente, la valutazione sul peso di questa componente deve considerare altre variabili, non semplice- mente di natura quantitativa. In particolare, non può essere messa in secondo piano l'estrema selettività che comporta, su questo tipo di pubblico, una formulazione linguistica che associa all'idea di sociale il concetto di "impresa". Si tratta in effetti di una formulazione che sol- tanto in tempi recenti comincia a entrare nella pubblica discussione, e ancor più nella pratica, di importanti settori del mondo no-profìt, del volontariato, dell'associazionismo in genere. E se si tratta di una re- cente acquisizione per quel mondo associativo che ne è stato in qual- che modo la culla, non può sorprendere la diffidenza e, prima ancora, la scarsità di informazioni, presente in aree di movimento, quali i cen- tri sociali, culturalmente restie a declinare la propria azione in termini di attività economica, ancorché finalizzata a scopi sociali. Alla luce di queste considerazioni, quella percentuale che, comparata con le altre, sembrava di entità trascurabile, appare invece tutt'altro che esigua. Si- gnificativo è inoltre il fatto che i consensi a questa idea di centro au- mentino al crescere dell'età, a testimonianza che possibili sviluppi in questa direzione sono inevitabilmente connessi alla dotazione di informazioni, di esperienza nel lavoro sociale, di formazione, in defi- nitiva di capitale umano. Senza voler trarre altre indicazioni dai pochi 76 Centri sociali: geografie del desiderio dati disponibili, ci sembra sufficiente segnalare la presenza di un'area non residuale di soggetti non semplicemente sensibili alla tematica dell'impresa sociale, ma addirittura propensi, in base alla loro espe- rienza di frequentatori, ad assimilare la figura del centro al profilo dell'impresa sociale. LA COSTRUZIONE SOCIALE DELL'IDENTITÀ D terzo indicatore di atteggiamenti, quello che descrive ciò che i fre- quentatori si attendono dai centri, in pratica la "domanda" espressa dai frequentatori, fornisce ulteriori ragguagli sui modelli di frequentazione. Tabella 39. Richieste ai csoa jAiinicbic Viilon assoluti • Vsion percentuali non indicato 796 57,1 fare più iniziative nel quartiere 335 24,0 maggiore impegno di solidarietà (immigrati, nomadi ecc.) 295 21,1 organizzare iniziative politiche generali 239 17,1 aumentare le iniziative culturali 550 39,4 migliorare gli spazi e le strutture interne 450 32,3 altro 125 8,9 Totali 1.395 100,0 N.B. La somma delle risposte non corrisponde ai totali, perché erano possibili più risposte. La voce "altro" comprende: organizzare feste e concerti, migliorare le relazioni con l'esterno, esse- re meno ghettizzanti, ridurre i prezzi, commercializzare le autoproduzioni, organizzare altre oc- cupazioni, incontrare altre realtà, lavorare di più sul sociale, migliorare i rapporti e l'organizza- zione intema, non avere fini di lucro, organizzare servizi per la comunità. La richiesta di incrementare le iniziative culturali (39,4 percento) rappresenta la gran parte di questa domanda. Si potrebbe vedere in questo addirittura la sintesi del percorso finora svolto nel cercare di Polisemia di un luogo 77 dipanare il complesso intreccio tra le dimensioni dell'agire sociale (agire strumentale e dimensione simbolico-espressiva). La netta pre- valenza del piano culturale nelle attese dei soggetti intervistati sem- bra in effetti descrivere il terreno, sul quale convergono le diverse di- mensioni dell'azione collettiva. Su questo livello si danno le condizio- ni per ricomporre le fratture tra diverse sensibilità, l'ambito privile- giato nel quale la domanda di senso può trovare espressione nell'or- ganizzazione pratica di iniziative finalizzate, nel quale il persegui- mento comune di finalità pratiche predispone l'ambiente in cui rico- noscersi in quanto collettività e nel quale, infine, si dissolve, in via tendenziale, la frattura tra azione "per se stessi" e azione "nei con- fronti dell'esterno". La concretizzazione del senso di un "noi" in azione pratica, il rico- noscimento del "noi" nell'azione in corso d'opera, l'identificazione dei destinatari dell'azione - insieme, nel "noi" e negli "altri" - rappre- sentano i tre capisaldi su cui si regge la presenza dei centri sociali, nel- la domanda espressa dai frequentatori. H campo culturale ne rappre- senta il terreno elettivo. A questo concorrono alcuni caratteri che di- stinguono le iniziative culturali da altri tipi di iniziative: la limitata se- lettività nei confronti dell'utenza potenziale, la loro fruibilità in termi- ni di consumo, la possibilità di reimpiegare competenze e interessi maturati nella sfera privata dei soggetti o in ambiti professionali o se- miprofessionali, la relativa vicinanza, quanto a interessi e competenze, tra organizzatori e potenziali fruitori, la possibilità di finalizzare l'ini- ziativa culturale al sostegno di altre attività, per esempio iniziative so- ciali o politiche. Questa proteiforme configurazione del campo culturale sostiene anche quella domanda di socialità più volte citata, a proposito delle motivazioni a frequentare i centri e delle stesse immagini di centro che emergono dagli intervistati. L'identificazione del centro come spazio di socializzazione, di pratica di rapporti personalizzati, di uso del tempo libero (libero anche dall'impegno di perseguire scopi prati- ci), trova nel campo culturale il terreno più consono per la propria realizzazione. In altri termini, anche tra quanti sono più sensibili a questa visione del centro, è presente una dimensione dell'agire che travalica il semplice "essere in comune": il campo culturale fornisce motivazioni, interessi e strumenti per valicare questo confine. Sono testimonianza di questo le risposte che si riferiscono a una richiesta di più frequenti iniziative nel quartiere (24 percento) e di un maggiore 78 Centri sociali: geografie del desiderio impegno in iniziative di solidarietà nel campo dell'esclusione sociale (21,1 percento). L'azione nel sociale, in sostanza, non viene meno (co- me domanda rivolta ai centri, ma, lo abbiamo visto, anche come voca- zione cui i centri sono chiamati a tener fede) al cospetto di una pre- ponderante domanda di loisir, di socializzazione e di cultura. Al con- trario, sembra uscire rafforzata proprio dalla contaminazione con questo tipo di domande. Queste osservazioni rimandano a qualche considerazione più ge- nerale. L'identità e il lavoro sociale delle aree di movimento rappre- sentate nei centri sociali sembrano sempre più dipendere dalle capa- cità di incorporare competenze comunicative complesse. Questo è da intendere nel senso più ampio. La comunicazione non è semplicemente l'insieme delle tecniche disponibili a un dato stadio di sviluppo, per veicolare messaggi e informazioni. E soprat- tutto da intendere come il complesso di pratiche, che trovano spazio in un ambiente all'interno del quale vengono condivisi valori, fini, aspettative e che appare ai soggetti come l'orizzonte entro cui le azio- ni intraprese collettivamente acquisiscono senso e valore. In questo sta la crucialità del campo culturale, così come traspare dai dati di ri- cerca. Nel fatto, cioè, che l'investimento nella comunicazione com- porta acquisizione e reimpiego di competenze, ma anche riflessione su un sé collettivo, la cui identità non può al momento derivare dal dispiegarsi di una conflittualità politica di tipo sistemico. L'identità collettiva, in una situazione di latenza di conflitti generali o di micro- conflittualità, appare essa stessa come esito di un lavoro sociale a ope- ra del gruppo, non essendo più "data" dall'identificazione automatica entro uno dei campi in conflitto. E se l'identità rappresenta una "co- struzione sociale" che in misura sempre maggiore richiede autorifles- sione e competenze comunicative, questo significa che il campo cul- turale non è da intendersi come un terreno residuale d'azione, in atte- sa del riproporsi di condizioni favorevoli al conflitto politico genera- le. Al contrario, diventa la posta in gioco in una situazione nella quale tutte le identità tendono a ridefinirsi e nella quale gli stessi conflitti tendono a spostarsi sulle identità. Di questo parlano gli intervistati nell'esplicitare le loro aspettative a proposito di iniziativa culturale e di socialità. Del faticoso attraver- samento di un territorio accidentato in cui il tracciato si costruisce per prove ed errori, con materiali da reperire anche in altri pezzi di so- cietà, nella formazione, nell'associazionismo, nella professione, nella Polisemia di un luogo 79 famiglia. Tanto che le stesse motivazioni a intraprendere questo per- corso, oltre che gli esiti di questo, possono differenziarsi su più traiet- torie, come mostra per l'appunto la pluralità di significati sottesi alla frequentazione nei centri. Ne deriva però uno scenario in cui appaio- no indebolirsi i due orientamenti speculari verso cui sono tradizional- mente attratte le aree di movimento: l'antagonismo sistemico su base controculturale e la ricerca di uno spazio franco delle relazioni inter- soggettive di piccolo gruppo. La prima alternativa, tanto più in una si- tuazione di latenza del movimento, appare "fuori scala" a confronto delle limitate risorse di mobilitazione a disposizione. La seconda si scontra con il dispiegamento delle diversità perfino dentro il recinto dei "simili a sé". Tra le due alternative, si apre un territorio interme- dio in cui l'investimento in campo culturale è visto come il tramite, per l'attivazione di circuiti minori della comunicazione in cui coinvol- gere reti e soggetti contigui. L'identità in questo modo non rappresen- ta tanto un principio di differenziazione, piuttosto è il punto di par- tenza di un percorso capace di attraversare le aree più prossime. D cri- nale su cui avviarsi è nuovo: da un lato sta la residualità cui sarebbero condannate queste aree, da un confronto troppo ravvicinato con le lo- giche dei grandi sistemi della comunicazione; dall'altro, stanno le mi- croopportunità che una comunicazione calibrata sulle risorse accessi- bili a questi soggetti può offrire. Quello che invece, ancora una volta, appare confinato entro di- mensioni modeste, soprattutto se comparato con la situazione di al- tre stagioni di movimento, è la dimensione politica in senso proprio. Solo il 17 percento dei rispondenti avverte l'esigenza di "organizzare iniziative politiche generali". Di nuovo, traspare nelle risposte una distinzione che rifiuta di assimilare la politica all'azione tout court. Sempre meno l'impegno in ambito sociale, nella forma di iniziative culturali o di attività di tipo solidaristico, è disponibile a vedersi clas- sificato come attività politica. Piuttosto, l'atteggiamento diffuso sem- bra essere quello che attribuisce a quest'ultima statuto di attività spe- cializzata a tutti gli effetti, cioè campo d'azione che richiede specifi- che competenze, motivazioni all'agire difficilmente trasferibili, se non a costo di elevati investimenti di tipo partecipativo, alta disponi- bilità al differimento delle gratificazioni e dei vantaggi conseguenti all'azione. Due appaiono quindi le principali conseguenze di queste osservazioni: - il mantenimento o la dilatazione della sfera sociale procede pa- 80 Centri sociali: geografie del desiderio rallelamente al contrarsi della dimensione propriamente politica: di qui, una separazione, nella rappresentazione dei soggetti, tra le due sfere; - la contrazione delle dimensione politica tendenzialmente favori- sce una sorta di specializzazione di questa logica d'azione. I dati di ri- cerca non forniscono ovviamente informazioni su questo punto, per indagare il quale sarebbero richiesti altri strumenti. Ci permettiamo tuttavia di segnalare questo aspetto alla riflessione dei centri, in consi- derazione della sua importanza ai fini del rapporto tra esponenti dei centri e i frequentatori degli stessi. Un'ultima notazione inerente la dimensione politica riguarda l'in- crocio con la variabile anagrafica. Polisemia di un luogo •a Totali à2 r~-" o. «N Jn r-" 2\ JN ON oo 100,0 ir\ Os o ITS. o irs. iQ w più di 35 anni # sO oo oo" CM 2> ' sO Os oo oo percento, privilegiando piuttosto la motivazione connessa con le iniziative musi- cali (35,7 percento mentre la media generale è del 29 percento). Sia pure con una certa forzatura si può affermare che qui viene espressa una maggior solitudine legata alle periferie a fronte di un minor biso- gno di socialità di coloro che vivono nelle società "locali". Questa è una constatazione abbastanza ovvia se si pensa all'importanza che in questi anni hanno assunto i "localismi produttivi" e di conseguenza le "appartenenze territorializzate". Un'ulteriore considerazione stretta- mente intrecciata con queste dinamiche risulta poi dal dato che i fre- quentatori provenienti dall'hinterland hanno una condizione di lavo- ratori salariati sensibilmente e percentualmente più consistente di coloro che vivono nel territorio cittadino. Un dato statistico piuttosto simile a quello di coloro che provengono dalle società "locali", ma con un consistente e diverso bisogno di socialità. Proseguendo nella "for- zatura" si può notare come sia sensibilmente più alto nell'hinterland il 142 Centri sociali: geografie del desiderio numero di coloro che non rispondono alla domanda "motivazionale" (46,9 percento, mentre in "città" il dato è del 35,7 percento). È necessario invece porre attenzione a uno dei dati relativo alla domanda "Che idea hai del centro sociale?". La già citata quota del 35- 37 percento che lo definisce "gruppo di impegno sociale" separando largamente questa definizione da quella relativa al "centro di iniziativa politica", restituisce un soggetto i cui "universi vitali" sono pervasi da una ricerca quasi drammatica di "senso" del fare e dell'agire incrociati con il bisogno di beni relazionali. Sbaglia quindi, e alla grande, "chi irride a questa dimensione come a entità marginali, a bricolage dell'agi- re sociale, in nome della geometrica potenza delle antiche identità, o alla domanda di nuovi, improbabili progetti di rappresentanza assoluta e unitaria. Sbaglia perché è probabile su questa antinomia del presente - su questa alternativa tra dissoluzione e ricomposizione, tra frammen- tazione nella forma della moltitudine e capacità del pensiero plurale di sottrarre soggetti potenziali del conflitto a tale destino - che si giocherà la partita decisiva della società che viene."" E ovvio che questa partita non potrà essere giocata in solitudine dai centri sociali. MARY-JANE & HER SISTERS I dati relativi al consumo e alla circolazione di "sostanze leggere" hanno caratteristiche "bulgare". Qui le differenze e le opacità diventa- no luce splendente come il "gran sole carico d'amore". Tutti vogliono che nei centri sociali ci sia una libera circolazione del "fumo" e, anzi, ad aumentare delega, bisogni e servizi, moltissimi vorrebbero che i csoa si facessero direttamente produttori e "commercializzatoti" della canna- bis e dei suoi derivati. Qui la percezione del centro sociale come luogo "autonomo" e protetto dalla repressione diventa pratica reale ed esi- genza quasi esistenziale. Le motivazione legate al consumo di "fumo" sono per larga parte connesse, anche in questo caso, allo "stare bene insieme agli altri in maniera rilassata" (34,6 percento) e allo "stare bene con me stesso" (25,9 percento), mentre un 19,9 percento dichiara seccamente "mi piace e basta" e solo il 6,4 percento si attesta sul classico "rifiutare la logica del sistema". "E se l'ultimo dato segnala, se ce n'era il bisogno, il declino di appeal di interpretazioni del fumo in chiave politico ideolo- gica (molto diffuse nei movimenti degli anni Settanta), la sensibilità dif- Coi 18: una microstoria metropolitana 143 fusa appare chiaramente orientata a inquadrare la questione del consu- mo di droghe leggere in termini culturali, di consolidamento del biso- gno di socialità e di opportunità pratiche." 54 Questo dato è ovviamente confermato per ciò che riguarda l'atti- vità dei "pusher" all'interno dei csoa: il 34,6 percento la considera "una cosa normale" e il 56 percento la considera "una cosa positiva perché i csoa sono spazi di autonomia". Solo il 4,3 percento ha una posizione critica perché "ci si espone a rischi legali", mentre un insi- gnificante 0,8 percento dichiara che è rischioso "perché si può passare a qualcosa di più pesante". È quindi conseguente il passaggio successivo quando il 78,35 si dichiara favorevole sia alla coltivazione sia alla gestione collettiva del "fumo" da parte dei centri sociali. La quasi totalità è poi favorevole alla "liberalizzazione" o alla "legalizzazione" delle "sostanze leggere" e il fatto che non ci sia nessuna differenza tra le due possibili opzioni segnala una evidente mancata o erronea informazione sui contenuti delle iniziative antiproibizioniste. Su quest'ultimo punto siamo convinti che molto di ciò che appare "confuso" sia derivato da una mai chiarita precisazione di percorso all'interno delle iniziative antiproibizioniste dell'area milanese. Valga per tutti la fin troppo eccessiva rilevanza assegnata ad alcune proposte istituzionali che propugnano la legalizzazione della coltivazione e della vendita dei derivati della cannabis. Vale a dire "licenze agricole" e quin- di "licenze" per l'apertura eventuale di coffee-shop sul modello olande- se. Per dare forza a questo percorso (per dargli dignità legale) si è quin- di passati a definire la cannabis come una "non droga" accentuandone invece qualità e funzioni di volta in volta "mediche", "tessili", "indu- striali" ed ecologiche." Non sono qui in discussione molte delle qualità assegnate alla cannabis, ma ciò nondimeno ci sembra abbastanza peri- colosa una distinzione così precisa (e in buona parte inesatta) tra "dro- ghe" e "non droghe" essendo evidente che un percorso di questo gene- re facilità e accresce la criminalizzazione del possesso e del consumo di altre "sostanze", nel mentre non afferma (e non propone) la totale libe- ralizzazione della coltivazione e del consumo individuale e privato della cannabis stessa. Continuiamo quindi a pensare che sia necessaria piut- tosto una posizione che punta a una depenalizzazione complessiva e senza distinzioni dei reati connessi al consumo di "sostanze proibite". Lo stesso dato dell'inchiesta che segnala il numero assai elevato (46,7 percento) di coloro che sono "stati fermati" almeno una volta per il 144 Centri sociali: geografie del desiderio possesso di "fumo" a fronte di una minoranza degli stessi che ha dovu- to subire conseguenze penali o amministrative, segnala come la legisla- zione in materia sia più e fondamentalmente uno "strumento di con- trollo" oppressivo e diffuso del territorio, piuttosto che un mezzo per impedire la diffusione delle stesse "sostanze proibite". Ci sembra poi che il riferimento al cosiddetto "modello olandese" sia perlomeno "monco", essendo lo stesso un mix assai complesso di legalizzazione (400 coffee-shop che vendono "sostanze leggere" in una nazione che ha un quarto degli abitanti dell'Italia e dove non è "formal- mente" consentita la coltivazione della cannabis per usi commerciali ed è invece permessa la coltivazione per uso personale) di "proibizione non repressiva" per le "sostanze pesanti" (eroina, cocaina ecc.) e istitu- ti assai flessibili di assistenza e prevenzione per i consumatori delle dro- ghe pesanti. Dopo quindici anni di sperimentazione i risultati più evi- denti sono stati: una diminuizione vertiginosa dei "passaggi carcerari"; una fortissima e minore incidenza di infezioni di Hiv e epatite B, rispet- to ad altre metropoli europee e americane; una diminuizione altissima del numero dei morti da tossicodipendenza mentre la percentuale dei tossicodipendenti sotto i 22 anni e scesa dal 14,4 percento al 2,1 per- cento. 56 Vari studi hanno inoltre riscontrato che il numero dei consu- matori di cannabis è rimasto piuttosto stazionario rispetto al 1976. In aggiunta a questo "modello" si possono citare poi casi (Manchester e Zurigo per esempio) dove si è sperimentata la somministrazione con- trollata di eroina. In un paese e in un tessuto sociale come quello italiano dove il lungo "ciclo dell'eroina" è inciso nei corpi, nelle menti e nella memoria dei movimenti sociali di opposizione e dove i centri sociali hanno avuto, su questo problema, sicuramente un ruolo di grande rilevanza, ci sembra che una campagna antiproibizionista debba avere spessori e progettua- lità ben più estese dell'asfittico e piuttosto "egoistico" proposito con- nesso alla "legalizzazione" dei derivati della cannabis. MA L'ECSTASY È UNA DROGA POSTFORDISTA? Negli ultimi anni il problema dell'ecstasy ha piuttosto angustiato i col- lettivi di gestione dei csoa. Qui le risposte ai questionari sono assai tor- mentate, a dimostrazione che i soggetti frequentatori confermano la loro fisionomia di crinale tra realtà intema ed esterna ai csoa stessi, Cox 18: una microstona metropolitana 145 mentre la dinamica di "sottrazione all'identificazione" con il processo di omologazione in atto appare in tutta evidenza. Solo il 13 percento (che non è poi così irrilevante se si tiene presente la tendenziale "ripro- vazione etica" nei confronti di questa sostanza) risponde infatti che l'ecstasy "accresce le energie e gli stati emotivi", mentre un consistente 46,1 percento definisce questa esemplare techno-droga "roba per maratoneti da discoteca" e il 14,8 percento la ritiene "una droga orga- nica al sistema". Qui l'evidente ritomo di appeal politico ideologico sembra essere agito come una necessità di difesa e di orgogliosa riven- dicazione di una differenza di scelte e come ulteriore tassello della pro- duzione di identità. Appare però certo che nei confronti di questa sostanza le contraddizioni sono assai più tormentate da quanto non provenga dal dato in sé. Alla successiva domanda, infatti, concernente il consumo di ecstasy nei centri sociali, se è vero che solo 1*1,2 percento dichiara che ne va "incoraggiato il consumo" (dove è finito il 13 percento che vedeva in questa sostanza un tonico-emotivo?), il 20,2 percento ritiene invece che ne vada "tollerato il consumo" e il 5,9 percento che "bisogna orga- nizzarne forme di vendita controllata". E pur rimanendo molto forte (46,5 percento) la quota di coloro che dichiarano che bisogna "scorag- giarne il consumo", solo il 17,9 percento dichiara decisamente che "bisogna impedirne il consumo". Ci sembra di poter dire che la contraddittorietà "timorosa" di que- ste risposte, se raffrontata con l'unanimismo delle risposte, legate al consumo di "fumo", segnali sia l'attraversamento di questa sostanza da una parte non irrilevante dei "frequentatori", sia un certo fascino che la stessa esercita sulle le loro scelte quotidiane. Ciò è tanto più vero se alle riflessioni su questa ricerca - che nella sua parzialità è però unica nel suo genere - si aggiungono alcune brevi note su un'altra indagine, però assai più approssimativa, a cui alcuni di noi hanno partecipato. L'inchiesta si è svolta a margine della lunga ricerca sul fenomeno della Lega Nord fatta dal consorzio Aaster qualche tempo fa. I luoghi erano in questo caso una ventina di discoteche del Nord-Est comprese tra le province di Como, Brescia, Cremona, Mantova, Vero- na, Vicenza. Proprio per le caratteristiche dei "luoghi" non poteva certo essere usato lo strumento "questionario" e si è trattato quindi ed essen- zialmente di "appunti" e registrazioni orali. Va però notato che il sog- getto intervistato aveva quasi sempre le stesse caratteristiche di compo- sizione sociale (con una forte accentuazione del dato relativo alla condi- 146 Centri sociali: geografie del desiderio zione abitativa) riscontrate nei centri sociali, mentre i suoi stili di vita erano caratterizzati da consistenti diversità. Un primo dato di notevole rilevanza è legato al "tempo di lavoro" (che però non esisteva come domanda nei questionari dei csoa). La gran parte degli intervistati (380- 450, frequentemente in piccoli gruppi) dichiarava un tempo di lavoro settimanale oltre le 50 ore con alcune punte di 60. Affermava inoltre che la spesa media tra il sabato sera e la domenica sera si aggirava intorno alle 200-250.000 lire. Un totale quindi di 800.000-1.000.000 di lire al mese a cui andavano aggiunti i costi per le rate e il mantenimento del- l'automobile individuale. Il 25 percento svolgeva "lavori autonomi", il 40-45 percento "lavori dipendenti" ma con consistenti obblighi di "straordinari" spesso pagati "fuori busta"; il 15-20 percento erano stu- denti e i restanti figli di proprietari di piccole e medie aziende nelle quali quasi sempre svolgevano la loro attività lavorativa. Quest'ultimo dato segnala indubbiamente l'assoluta mancanza di differenza tra gli stili di vita dei "padroncini" e dei lavoratori. Qui la percentuale di coloro che dichiaravano di fare uso di ecstasy il sabato sera e la domenica variava da zona a zona: dal 40-45 percento del bresciano al 58-65 di alcune province venete con percentuali più basse, intorno al 30-35, nel cremonese e nel bresciano. E l'uso di questa sostanza non può risultare che strettamente intrecciato con la necessità di un divertimento, di un "tempo vissuto" da ritagliare in uno spazio brevissimo e nella maniera più intensa possibile. Necessità queste stret- tamente intrecciate con il bisogno insopprimibile di "stati di socialità" negati dall'evidente e formidabile disciplinamento produttivo territo- rializzato. Appare ovvio che l'ecstasy riesca a fornire in questa direzio- ne quello "stato momentaneo di alterazione di coscienza" funzionale a favorire questi bisogni. Tanto che la tentazione di definire l'uso di que- sta sostanza come perfettamente intrecciato con la condizione del lavo- ratore postfordista non poteva che apparire evidente, così come evi- denti sono l'uso del luogo discoteca, gli after-hour e i rave con cui il consumo di ecstasy si incrocia in un binomio indissolubile sostenuto dall'emergere delle nuove tendenze musicali. "Alla base c'è la ricerca forte di sensazioni estreme. Ed estremismo in questo caso significa ballare tutta la notte e all'alba ricominciare per finire il pomeriggio successivo, significa che il d.j. è un maestro di ceri- monia tribale e il ballo tende a diventare trance, significa portare corpo e mente a stadi pericolosi, oltre il limite (a stati alterati di coscienza?)." 57 Scelte diverse quindi da quelle dei fruitori dei centri sociali? Indub- Coi 18: una microstoria metropolitana 147 biamente sì, ma scelte che partono da motivazioni simili, da condizioni esistenziali speculari. Anche qui l'universo dei lavori non restituisce identità e socialità, anche qui, e forse in maniera più profonda e dram- matica, il produrre per competere induce il bisogno di aggregazione e consumo di tempo, spazio, cultura per sottrarsi, anche se con modalità temporanee e "alterate", all'anomia quotidiana e verso una ricerca di "senso". 58 UNA TRANSIZIONE VERSO ALTRE PROGETTUALITÀ? Concludendo, ci sembra che i problemi che si trovano davanti i centri sociali milanesi (stiamo parlando solo di questi e neanche di tutti quelli della città) siano molti, confusi e non tutti risolvibili attraverso l'attuale impianto di riflessione teorica o attraverso la memoria delle pratiche sociali precedenti. Stanno avvenendo in questa città fenomeni singolari. Vengono aperti via via nuovi locali commerciali che tendono a interpretare le esi- genze dei nuovi soggetti emergenti (un mix tra ceti medi e lavoratori desocializzati), che per fare ciò tendono (anzi lo stanno facendo "alla grande") a "recuperare" le produzioni innovative (trasgressive, radica- li, antagoniste?) espresse dai csoa negli ultimi anni. Locali come il Tun- nel, i Magazzini generali, i vari cyber-cafè e altri ancora, inseriscono nei loro programmi serali eventi quali Mutoid Waste Company, La Fura dels Baus, il mitico Alien Ginsberg, frammenti di pratiche hip-hop o molti degli stessi gruppi musicali che, nati nei centri sociali, si sono conquistati uno spazio anche nel mercato. Potrebbe invece sembrare un paradosso che una parte dei centri sociali - anche se avvertono segni di crisi e contemporaneamente prose- guono nel lavoro di ricerca e innovazione politico-culturale - abbiano inserito nella propria programmazione (musicale, teatrale, letteraria ecc.) manifestazioni e iniziative di livello qualitativo assai alto, quando non altissimo e già ampiamente riconosciute nei circuiti ufficiali. L'ef- fetto paradossale è più un esito di momentaneo "spaesamento" che un dato corrispondente al processo reale in atto; ciò non vuol dire che siano assenti le contraddizioni, (per esempio quelle relative al rapporto tra "qualità" e produzione di senso), ma che invece si stia evidentemen- te sperimentando una riappropriazione concreta di interi circuiti cultu- rali ufficiali e semiufficiali che rischiavano la totale perdita di "senso" 148 Centri sociali: geografie del desiderio dentro la programmazione istituzionale. Può essere che questo stia avvenendo, o sia avvenuto, forse più come un processo che come un progetto, che sia avvenuto interpretando bisogni, richieste, humus e universi vitali dei frequentatori come un primo passo fragile e tormen- tato verso nuove - e tutte da inventare - forme di rappresentanza. Il riferimento a queste ultime nell'epoca della loro crisi complessiva potrebbe apparire eccessivo e fuori tema per coloro che, leggendo que- sto intervento, non tenessero presente che gran parte di questo raccon- to" ha ruotato sulla crisi della produzione di "identità" come esito del- l'offensiva capitalistica legata alla ristrutturazione e reinvenzione del modo di organizzare la produzione delle merci e quindi la vita quotidia- na dei soggetti sociali e che non tenessero presente che la produzione di cultura oggi (molto di più di quanto non sia stato storicamente) è stret- tamente connessa con la produzione di socialità attraverso il "fare comune". Ovvero esso attiene alla sfera delle attività finalizzate all'ela- borazione di prodotti o di servizi socialmente utili secondo criteri diver- si da quelli della massimizzazione dell'utile privato. All'orizzonte di questi percorsi ce probabilmente "una possibile e adeguata forma di resistenza contro gli effetti distruttivi dei processi di ristrutturazione industriale, ma anche e contemporaneamente l'obietti- vo - che deve ancora diventare coscienza e progetto - di liberare energie (in termini di cultura, di consapevolezza, ma anche di disponibilità di tempo) da orientare sul terreno 'avanzato', innovativo, della socialità alternativa, della cooperazione solidale, dell'autorganizzazione. Per tra- sferire (conflittualmente) gli aumenti di produttività sociale del capitale sul terreno della risocializzazione della vita quotidiana". 60 Quest'ultima citazione è di Marco Revelli che parla di Alain Bihr. Ci piace molto tutto il percorso che la sottende, ma siamo anche coscienti che, per quello che ci riguarda, siamo ben lontani dall'averne chiari i percorsi di possibile realizzazione. Eppure ci sembra un passaggio obbligato che senza il quale i csoa si ritroveranno a breve a essere poco più che luoghi di intrattenimento colto e socializzante, ma senza "motore", per dare senso al proprio lavoro. In questo possibile scenario il tormentato e moralistico problema dell' erogazione di "reddito" agli attivisti (ai "lavoratori" della gestione e programmazione) dei collettivi di gestione, diventerebbe del tutto irrilevante. Cox 18: una microstoria metropolitana 149 APPENDICI A CURA DELL'ASSOCIAZIONE CALUSCA CITY UGHTS 1. LA CALUSCA IN COX 18 DEGLI ANNI NOVANTA L'Associazione culturale Calusca City Lights (libreria, centro di docu- mentazione, casa editrice intermittente), riapre la propria attività per la quarta volta nei primi anni Novanta. 61 Alcune centinaia di "soci sostenitori" premono verso questa scelta e la disponibilità del collettivo di gestione di Cox 18 fa il resto. A questa riapertura la libreria arriva piuttosto acciaccata dagli anni e dalle vicende che l'hanno attraversata. Perquisizioni, pressioni polizie- sche, centinaia di arresti tra i suoi frequentatori, la dissoluzione del Cir- cuito Puntirossi, 62 ma, soprattutto, la percezione di un finale d'epoca che aveva di fatto depotenziato gli strumenti di analisi e progetto, rendevano quantomeno problematica una riprogettazione delle sue funzioni. A questo si aggiungeva l'incognita legata agli esiti o alle possibili contraddizioni della convivenza all'interno di un centro sociale. D rischio che la Calusca finisse per rivelarsi un "corpo estraneo" elitario e legato a un'altra fascia generazionale era piuttosto evidente ed è tuttora un interrogativo. Dall'altro lato appariva affascinante un possibile per- corso di contaminazione creativa tra i due universi. A distanza di qual- che anno questi interrogativi rimangono aperti, ma molto è stato fatto per armonizzare progetti, generazioni, culture. La Calusca ha svolto un attività piuttosto intensa legata a dibattiti, reading di poesia e letteratura, ma soprattutto ha funzionato da colle- gamento, luogo di rete per la nascita di una nuova generazione di rivi- ste corrispondenti alle attuali necessità di analisi, comprensione, inter- vento. Si sono così incrociati con i percorsi del luogo libreria quelli legati a rivista quali "Altreragioni", "Millepiani", "Derive/ Approdi" e "Decoder". Ed è proprio da questa possibilità di fare rete con saperi problematici diversi e creativi che è nato a partire dal 1993 il lungo ciclo di dibattiti intitolato "Come ci toccherà vivere domani. Prospetti- ve della nuova era capitalistica in Europa" che, coordinato da Sergio Bologna, verrà poi e in realtà fatto proprio da altri organismi editoriali e di ricerca. Sullo sfondo il problema della transizione da un sistema produttivo a un altro o, per dirla nella vulgata attuale, il "postfordi- smo". M Sicuramente il primo luogo sociale in Italia a trattare il proble- 150 Centri sociali: geografie del desiderio ma, coinvolgerà nella serie di dibattiti Aldo Bonomi e le risorse di ricer- ca del consorzio Aaster, Christian Marazzi col suo magnifico lavoro // posto dei calzini, i mitici "camalli" del porto di Genova, gli organismi autonomi dei macchinisti delle ferrovie, economisti quali Giorgio Lun- ghini, Riccardo Bellofiore e Andrea Fumagalli - ma anche i corsi rigo- rosi e impegnativi della rivista "Plusvalore" di Paolo Giussani -, o sto- rici e ricercatori quali Bruno Cartosio, Ferruccio Gambino, Paolo Far- netti, Nando Fasce, Pier Paolo Poggio, Renato Levrero, Giovanni Cesareo ecc. In sostanza, un pezzo della precedente esperienza della rivista "Primo Maggio" (prodotto storico delle edizioni Calusca) riat- tualizzato con altri saperi e percorsi di riflessione sul presente. Sostan- zialmente, a fianco della programmazione culturale, si sviluppa un laboratorio del pensiero critico legato alla riflessione sull'emergere dei processi di desalarizzazione connessi al postfordismo che anticipa di molto un dibattito che due-tre anni dopo sarà fatto proprio da molte riviste e da molti luoghi sociali. E non è stato compito da poco far decollare questo percorso di ricerca in un ambito per larga parte legato a categorie di lettura incen- trate sulla persistenza e centralità del vecchio ciclo di lotte operaie. 64 Tutto questo lavoro di ricerca avrà grande riscontro in una serie di inchieste sui "luoghi del pensiero critico" pubblicate da "il manifesto", spesso e, nel tempo, dimenticandone l'origine, il luogo e il reticolo. Ma l'importante era e rimane smuovere le acque di un dibattito che per qualche anno si era impantanato in un gorgo nostalgico- regressivo. Ma la tendenziale e avvenuta socializzazione di questi percorsi innovativi di ricerca e riflessione sembra oggi come avvitata in una ripetuta spirale descrittiva, mentre il problema sempre più urgente è quello di ridare progetto e respiro a ipotesi di intervento e "organizza- zione" che abbiano la capacità di incidere sui processi reali e sugli uni- versi di un sociale frantumato e contraddittorio. Non è quindi compito di un "luogo libreria", ma di alleanze e con- taminazioni più vaste e, soprattutto, "orizzontali" e poco autocentrate. Qui si può dire che la ripresa di attività della Calusca è tutta e intera- mente intrecciata sia con i centri sociali sia con alcuni "luoghi critici" e professionali della ricerca. In molti altri csoa cittadini e in giro per l'Ita- lia si stanno aprendo spazi libreria. Tutto ciò è a nostro parere molto positivo e lo sarà ancora di più se questi spazi faranno di nuovo "circui- to" e collegamento. Soprattutto se non prevarranno né gli aspetti com- merciali né quelli concorrenziali... che sono poi la stessa cosa. Cox 18: una microstoria metropolitana 151 2. STATISTICHE E RIFLESSIONI SULL'EROINA E ALTRE STORIE All'interno di Cox 18: una microstoria metropolitana ci siamo più volte riferiti al lungo ciclo dell'eroina e al ruolo molto importante che i centri sociali hanno avuto nel combattere il "grande drago verde" che per vent'anni ha diffuso un velo di morte su un'intera generazione. Abbia- mo anche detto che il ciclo dell'eroina appare come clandestinizzato in un altrove spaziale (non è più così visibile) poco indagato e conosciuto. Ma faremmo torto a noi stessi e ai complessi saperi che su questo pro- blema sono stati acquisiti da centri sociali se non sottolineassimo, anche in forma autocritica, la comune perdita di contatto, competenza e lotta sociale nei confronti del persistere del fenomeno eroina negli universi giovanili del sociale che ci circonda. Ecco quindi alcune note e informazioni per tentare di riprendere il filo di un discorso e possibilmente di un rinnovato impegno. Si può partire da qualche tabella diffusa recentemente dal Ministe- ro degli interni. La prima riguarda i dati sulla mortalità da "overdose" nell'ultimo decennio: 1984 392 1985 237 1986 288 1987 531 1988 802 1989 963 1990 1.158 1991 1.379 1992 1.212 1994 867 1995 1.043 La seconda riguarda la situazione regionale dei decessi per abuso di sostanze stupefacenti nel 1995: Lombardia 185 Lazio 112 Campania 109 Liguria 102 Veneto 92 Emilia Romagna 88 Piemonte 88 Toscana 64 Puglia 42 Sicilia 34 Abruzzo 22 Trentino Alto Adige 22 Sardegna 16 Friuli Venezia Giulia 15 Umbria 14 Marche 13 Calabria 8 Basilicata 6 Molise 3 Ci sono poi da tenere presente una serie di considerazioni di altro genere: l'età media dei consumatori abituali di sostanze stupefacenti è 152 Centri sociali: qeografie del desiderio 23 anni mentre 1*81 percento dei casi individuati si situa tra i 18 e i 30 anni e che circa il 13 percento dei "segnalati" per detenzione e uso per- sonale ha oltre 30 anni. Più in generale il 55,2 percento dei casi "segna- lati" o individuati (indipendentemente dall'età) risulta stabilmente occupato e vive normalmente integrato nel tessuto socioeconomico. E se questo trend conferma le analisi e le intuizioni del meeting dei centri sociali al festival del Parco Lambro nel 1989 (l'eroina è ormai penetrata nel tessuto della vita normalizzata), non c'è dubbio che molto altro non è stato elaborato e riflettuto da quell'evento in poi. Tornando alle tabelle statistiche, la seconda (quella relativa alla distribuzione regionale) segnala il persistere del primato della Lombar- dia come "capitale" dei consumatori di eroina (anche se nel passato aveva raggiunto record più consistenti fino a sfiorare un terzo di tutti i decessi a livello nazionale), ma evidenzia anche l'estendersi del feno- meno praticamente su tutto il territorio nazionale con diversi e con- traddittori dati quantitativi. I decessi non sono generalizzati in tutte le regioni. Diminuiscono tendenzialmente in Emilia Romagna, Puglia, Sardegna e Sicilia, mentre sono in fortissimo aumento nel Lazio, Moli- se, Trentino Alto Adige, Veneto ecc. In ogni caso il Nord-Est e il Nord- Ovest più l'Emilia Romagna continuano a "rappresentare" circa il 60 percento di tutti i decessi da overdose. L'ultima tabella che infine segnaliamo è riferita alla condizione pro- fessionale dei tossicodipendenti deceduti (dati 1994). Da coloro di cui è stato possibile stabilire la condizione professionale (circa il 40 per- cento) si ricava questo panorama sociale: Disoccupati 161 Operai 105 Impiegati 12 Commercianti 4 Artigiani 3 Professionisti 2 Balza agli occhi la quota elevatissima di disoccupati e di operai che sono evidentemente nella stessa fascia di età del consumatore medio (tra i 18 e i 30 anni). Può apparire forse una forzatura, ma a noi sembra che questi dati siano paradigmatici della condizione proletaria e di classe segnata dall'attuale transizione. Convivono qui la tragedia della caduta della "centralità operaia" e il dramma della disoccupazione e, crediamo, non sia sufficiente ribadire che "noi l'avevamo già capito alla fine degli anni Ottanta". Soprattutto è abbastanza clamoroso che la battaglia contro l'eroina sia stata uno delle motivazioni profonde che hanno intessuto l'attività dei centri sociali quando la diffusione di que- Cox 18: una microstoria metropolitana 153 sta sostanza registrava un numero assai elevato di morti, ma che, miste- riosamente, la stesso impegno sia sfumato mentre il numero dei decessi si raddoppiava e triplicava incidendo ancor più profondamente sui contorni della stessa composizione di classe. Ma non solo, le curve sta- tistiche segnalano un ininterrotto aumento dei morti da overdose dal 1980 ai nostri giorni con l'ormai famosa "impennata" tra il 1986 e il 1987 (da 258 a 531) per giungere ai 1.379 morti del 1991; ce una qual- che misteriosa diminuzione nel 1992-94 ma l'escalation riprende negli ultimi due anni. Questi dati sono indubbiamente drammatici e su di essi finora si è poco ragionato. Ci sembra che insieme alla pericolosa separazione tra collettivi di gestione e "massa fluttuante dei frequentatori" vada operata una rifles- sione, che con questa si incrocia, sulla perdita di contatto con un seg- mento non irrilevante di soggettività marginalizzata e sofferente. La riflessione concreta che dovremmo porre a noi stessi e al ruolo che i centri sociali hanno nelle realtà produttive di loro riferimento ci sembra abbastanza semplice e provocatoria: ci può indubbiamente soddisfare l'orgogliosa dimostrazione statistica uscita dall'inchiesta autogestita e sintetizzabile nell'appello a "uscire dalla retorica della marginalità", ma da qualche parte dei grandi e desolanti territori urba- ni quella marginalità continua a esistere ed è evidentemente non più rappresentata nella "massa fluttuante dei frequentatori". Come è potu- to succedere tutto questo? Era inevitabile che succedesse? Ci sta bene che una battaglia che è incisa nella memoria sociale di questi "luoghi" sia "archiviata" come residuale? Va bene, sappiamo che siamo diventati piuttosto bravi nel produrre cultura, socialità e quant'altro che forse porterà molti - non tutti - a fare "impresa sociale", ma in mezzo a noi, tra le nostre file, continuano abbastanza frequentemente a morire di Aids fratelli, sorelle e compa- gni di strada che pure hanno contribuito a fondare questi "luoghi". Possibile che non ci sia più relazione tra queste morti e quelle degli "altri" che in un altrove spaziale e territoriale continuano a morire? O, ancora, lo sanno poi proprio tutti che tra "le prime dieci cause di morte tra gli uomini italiani di età tra 25 e 34 anni", al primo posto ci sono le morti da Aids (23,3 percento), al secondo gli incidenti stradali (18,1 percento), al terzo quelle da overdose (9,1 percento) e al quinto i suici- di (7,3 percento)? Domande aperte e risposte difficili quindi. Domande che, per esem- pio, dovrebbero restituire consistenza alle attuali campagna antiproibi- 154 Centri sociali: geografie del desiderio zioniste evitando, quantomeno, di separare arbitrariamente ed egoisti- camente "droga da droga" inventando categorie improbabili quale quella che definisce i derivati dalla cannabis come "non droghe". Ma domande più protonde sui nostri compiti, progetti e funzioni. In chiusura di questo breve intervento autocritico si può segnalare che nel 1995 sono state sequestrate centinaia di migliaia di pastiglie di ecstasy, particolarmente nel Centro-Nord. Questo dato è ovviamente abbastanza scontato, ma meno riflettuto e conosciuto è invece quello relativo al fatto che un apparentemente insignificante e "nuovissimo" 1J? percento dei "segnalati" faceva uso e consumo di crack. A tutti noi sono note le vicende relative alla diffusione di questa "droga dei pove- ri" nelle metropoli statunitensi e molti ricordano come i compagni nel lontano 1974 lessero con ironica sufficienza la notizia che segnalava il primo mono da overdose. Sarebbe il caso di non ripetere, tra gli altri recenti, questo possibile "nuovissimo" errore. Ccw 18: una microstoria metropolitana 155 NOTE 1 La "vicenda Correggio" inizia nella tarda primavera del 1975 con l'occupazione di un'area di più migliaia di metri quadrati di proprietà degli eredi Mantovani che, sullo stile di altri padroni, avevano spostato lo stabilimento della Mellin fuori Mila- no, nell'intento di valorizzare a fini speculativi l'area si cui poggiavano un edificio destinato a uffici e una zona produttiva retrostante. Le intenzioni della "proprietà" verranno per lungo tempo rese inattuabili sia per la presenza degli occupanti sia i vincoli posti daU'amministrazione comunale che destinerà l'area a "usi sociali". 2 Vedi in proposito sia Sergio Bologna, Composizione di classe e sistema politico, in Crisi delle politiche e politiche della crisi, Libreria dell'Ateneo, Napoli 1981, ma anche C. Scarinzi, L'autunno caldo del precariato sociale, in "Primo Maggio", n. 17, Milano 1982. 3 Esemplare, per esempio, il caso della lotta del "movimento dei precari del censi- mento" dell'inverno 1981 con l'intervento costante e pressante degli organismi delle case occupate presso l'Ufficio di collocamento. 4 Scriveranno per esempio i punx del Virus dopo lo sgombero del 1984: "Non si creda con questo sgombero di aver distrutto ciò che Correggio 18 è stato per 9 anni. È nostra determinata intenzione continuare a portare avanti il nostro proget- to di autogestione e di vita in comune. Fondamentale per noi è mantenere unito il nucleo degli occupanti. Non siamo quindi disposti a dividerci e a chiudere dentro le isolate mura di una casa-ghetto la nostra voglia di libertà e anarchia". 5 Una delle caratteristiche della legge 167 era quella di imporre ai proprietari di sta- bili la ristrutturazione degli stessi che frequentemente erano fatiscenti. In quella fase alcuni proprietari preferirono cedere gli stessi stabili all'amministrazione comunale piuttosto che investire miliardi nelle ristrutturazioni. Nel caso di via Torricelli, lo stabile venne addirittura "donato" al settore Edilizia popolare. Appare però evidente che la presenza di comitati d'occupazione molto determina- ti incisero in maniera rilevante in queste dinamiche. 6 Philopat, Punk a Milano, in "Derive/ Approdi", n. 8, estate 1995. Peraltro l'intero articolo è molto utile per comprendere le difficoltà di rapporto, ma anche le siner- gie, tra l'affermarsi della pratica punk e l'area dei centri sociali autogestiti. 7 Ibidem. 8 Ibidem. 9 Un mix tra centro sociale e circolo del proletariato giovanile che "resisterà" fino alla fine degli anni Settanta. 10 Intorno al 1984-85 si ha notizia dell'esistenza di circa 600 fanzine. 1 1 In ciò ripercorrendo, anche se con diverso segno, le tracce dei circoli e degli india- ni metropolitani del movimento 77. 12 È il caso, per esempio, della manifestazione "Rock 80" con il Centro sociale Santa Marta messo a disposizione dei progetti comunali per poche lire. 13 "L'esperienza del Vidicon ha inizio nel maggio del 1980 a opera di un gruppo di giovani (età media 25 anni), per lo più ex studenti dell'Accademia di Belle Arti di Milano, desiderosi di prestare la loro esperienza teorica per cercare di allargare la pratica della socializzazione attraverso la produzione artistica... Fondamentale per questa esperienza è stata la scelta del luogo: una vecchia fabbrica di alimenti abbandonata, situata nel cortile di una caso occupata di via Correggio 18 a Mila- — 156 Centri socia*: geografie del desiderio no". Tratto da E. "Gomma" Guameri, Documentazione. Il Vidicon & il Virus, in "Primo Maggio", n. 22, autunno 1984. 14 C'è da dire che una parte rilevante dei compagni provenienti dalle lotte degli anni Settanta così come erano oppressi dalle lotte contro la repressione, ma anche per specifici "universi ideologici", consideravano il neonato movimento punk poco più che una degenerazione "piccolo borghese". 15 In E. "Gomma" Guarneri, Documentazione, cit. 16 È noto che il movimento punk viveva l'emergere delle nuove tecnologie come l'av- verarsi dell'orwelliano "grande fratello" per cui l'intera realtà esterna veniva con- siderata come un esito della grande falsificazione mediateca. Lo stesso trasformare il proprio corpo in una "macchina itinerante" di protesta segnica e visiva era per una sua pane una conseguenza di queste percezioni. 17 "Alla fine del 1981 a causa di problemi soprattutto finanziari, insormontabili per i gestori che erano per lo più di estrazione proletaria, si rende necessaria la chiusura del locale." In E. "Gomma" Guameri, Documentazione, cit. 18 Vedi in particolare Dick Hebdige, Sottocultura, il fascino di uno stile innaturale, Costa&Nolan, Genova 1982; vedi anche anche AA.W., La rivolta dello stile, Franco Angeli, Milano 1984. 19 Non ci si vuole riferire a elementi qualitativi di giudizio, ma solo a differenti modi di operare nel sociale perché, per esempio, l'esperienza del collettivo di gestione della casa occupata di via dei Transiti, che ha caratteristiche più specificatamente "mili- tanti", svolgerà per tutti gli anni Ottanta un importante compito di raccordo tra la memoria politica e gli strumenti teorici degli anni Settanta e le nuove esigenze impo- ste dalla trasformazione socioproduttiva della città. Assai valida sarà in questa dire- zione l'esperienza del giornale "Autonomen" autoprodotto da questo collettivo. 20 E. "Gomma" Guarneri, Punk e hip-hop, inedito, 1984, che paragrafa un'intervista di Rammelzee uscita sulla rivista "Frigidaire": "Devo fare i conti con una satura- zione di informazioni, mi sento attaccato e reagisco producendo fonemi in rispo- sta all'ambiente; il mio lavoro è registrare, montare, ristrutturare l'informazione ed emetterla di nuovo". 21 E. "Gomma" Guameri, Punk e hip-hop, cit. 22 La prima generazione sarebbe quella dei "padri fondatori" (1975-76); la seconda quella della lunga transizione, reinvenzione e metabolizzazione degli anni Ottanta e la terza quella in corso e avviata probabilmente a un'ulteriore trasformazione verso una quarta generazione. 23 E. "Gomma" Guameri, Progetto di centro Polivalente, in "Primo Maggio", n. 22, autunno 1984. 24 Questo non è determinato solamente dalla presenza dei punx che diventano il "veicolo" di frustrazioni e disagi ben più vasti che attraversano tutta la città. Nei fatti un migliaio di cittadini della zona Fiera firmano una petizione chiedendo al Consiglio di zona lo sgombero di Correggio per motivi di ordine pubblico. 25 C . Scarinzi e F. Traù , Correggio 's graffiti, in Primo Maggio, n . 22 , autunno 1 984 . 26 Vedi fra gli altri, le considerazioni di Marco Revelli, Fiat, la via italiana al post-fordi- smo, in AA.W, Il nuovo macchinismo, Datanews, Roma 1992 e Lapo Berti, Sull'invi- sibilità del problema operaio nella società post-industriale, in "Iter", n. l.Milano 1991. 27 C. Scarinzi e F. Traù, op. cit. 28 Verrà poi pubblicata con il titolo Bande giovanili, un modo di dire da Unicopli. 29 C. Scarinzi e F. Traù, op. cit. Cox 18: una microstoria metropolitana 157 30 L'occupazione, che viene decisa nel coreo di un assemblea al Leoncavallo, verrà, in un volantino (e successivamente in una musicassetta con libretto) autodefinita, La notte dell'anarchia (la prima ma non l'ultima) e verrà "firmata" da: Virus collettivo punx anarchici (punk/attivi virusiani), quelli di "Fame", "Amen darkzine", S.d.m. San Giuliano; "T.v.o.r."; "P.i.s."; Margjnopoli; Valvola di Vercelli; la notturna di Radio Popolare; Comitato di lotta di via Savona (che viene da Conchetta); indivi- dualità della giungla di Bari e delle tribù liberate di Bergamo e moltissimi altri. 31 In "Metroperaio" n. 5, giugno 1984, che riporta anche un volantino dei punx: "Repressione e diffamazione: a Milano oggi si muore. È diffìcile e quasi impossibile vivere in questa città ragnatela per chi non è ancora inebetito completamente dai videogame e dalle illusioni ottiche di questa società farsa. E così ancora oggi ci tocca leggere sui giornali che sabato 25/5 stava accadendo una incredibile rissa tra sanbabilini e 'punk' e che fortunatamente è stata prevenuta dalla Ps. Sulle pagine dei giornali non si parla quindi dello sgombero di via Correggio 18, della casa occupata dove vivevano da nove anni 60 persone e altre realtà artigianali e cultura- li, al cui interno lavorava il Collettivo punk del Virus. La gente non deve sapere che il Virus era uno spazio troppo importante per i giovani e non, che sono stufi di stare sulle strade inseriti nel vortice della violenza, dell'eroina, del bar mafioso, della discoteca ecc.. Che proprio c'era la possibilità di crescere per chi il potere invece vuole emarginati, disperati e senza futuro. Vogliamo crescere non scoppiare. E vogliamo spazi vitali in cui poterlo fare. " 3 2 Esisteva un centro sociale autogestito nel cortile della casa occupata di coreo Gari- baldi 89, che però non è la stessa cosa di quello oggi operante che, pur essendo nello stesso stabile, è dislocato in altro spazio e con l'ingresso da via Cazzaniga. 33 Per una più puntuale trattazione di questa tematica vedi in particolare il capitolo quinto di Alberto Melucci, L'invenzione del presente. Movimenti, identità, bisogni collettivi, II Mulino, Bologna 1982. 34 Entrambe le definizioni sono state coniate dagli stessi soggetti. 35 Nel salone grande del Leoncavallo verrà allestita una grande mostra delle riviste underground e dei movimenti politici dagli anni Sessanta fino al movimento 77 utilizzando gli archivi della Iap (International alternative press), storica distribu- zione beat, della Calusca e ripercorrendo l'impostazione di un'iniziativa consimile organizzata dal centro sociale Kinesis di Tradate nel 1983. 36 Racconto a cura di E. "Gomma" Guameri. 37 / giovani della periferia milanese. La zona 16. ricerca curata dall' Aaster, Milano 1990. Si tratta di un'inchiesta assai complessa (con questionari ma anche con "interviste in profondità) su un campione di 300 giovani della zona Barena. All'in- chiesta collaborarono alcuni membri del Collettivo di Cox 18. L'esperienza venne poi ripetuta nella zona 20 (Quarto Oggiaro) e nella zona 5 (Ticinese). 38 Alberto Melucci, op. cit. 3 9 Racconto a cura di Marco Philopat . 40 In relazione all'esperienza dei grùnen, i verdi italiani sono stati protagonisti di una vera e propria perversione: "Tale perversione si può riassumere in una sola parola: l'i- stituzionalizzazione del movimento verde, vale a dire l'eccessiva enfasi posta al pro- blema della rappresentanza politica e la tentazione (poi progetto concreto) di costruire una lobby ambientalista che abbia i suoi punti di forza in un'agenzia e mini- stero autoritario e in un potere giudiziario di tipo speciale". Su tutta questa tematica vedi Sergio Bologna, Emarginazione e ambientalismo, scritto del 1987, inedito. — 158 Centri sociali: geografie del desiderio 41 Robert Kurz, L'onore perduto del lavoro, Manifesto libri, Roma 1994. Si tratta di un testo diffìcile e abbastanza fuori dal coro dei tifosi della nuova modernizzazio- ne. Lo citiamo qui come uno dei possibili "antidoti" nei confronti delle semplifi- cazioni legate a tutte le possibili "terze vie" tra stato e mercato. 42 Vedi per tutti, Alberto Melucci, op. cit. , ma anche "Documenti Cnel n. 26 - Le dif- ferenze abolite, le differenze affermate. 3" Rapporto sulla società dei diritti", Roma 1993. 43 In questa direzione la già citata "tre giorni" underground dell'Helter Skelter, assu- me significati esclusivamente relativi al bisogno storico dei movimenti di cercarsi "padri nobili". 44 Questa dizione "dentro e contro" ha prodotto una quantità di polemiche e logor- roiche sciocchezze in occasione del cosiddetto "mancato Convegno di Arezzo" (vedi AA.W, Centri sociali che impresa 1 ., Castelvecchi, Roma 1996). Successiva- mente nei Csoa le sollecitazioni di "Arezzo" sono andate ben oltre le intenzioni limitate di quel convegno. Si sono così organizzati seminari sull'"impresa sociale" con centinaia di partecipanti, si sono letti testi di riferimento (fra tutti quello di Alain Bihr, Dall'assalto al cielo all'alternativa, B.f.s., Pisa 1995). Citando il buon Marco Revelli, si può dire che oggi è possibile "sostituire T'assalto al cielo' con la costruzione del 'qui e ora', dentro e contro la temporalità attuale, degli embrioni di una socialità qualitativamente diversa e contrapposta". 45 Ci riferiamo qui alla fortissima istituzionalizzazione avvenuta in molte importan- ti esperienze in Svizzera, Germania, Olanda ecc. A un'apparente "legittimità" conquistata è corrisposta una forte perdita di incisività del loro intervento socia- le appiattito in una sia pur dignitosa e "alternativa" produzione culturale. Fra tutti si veda il caso del Trans europe halles (Teh) o European network of indi- pendent cultural centres, un organismo che raccoglie 26 ex centri sociali di 16 diversi paesi europei e che vede come unico partecipante italiano il Bloom di Mezzago che è un simpatico locale commerciale con un ottimo programma cul- turale. 46 Alberto Melucci, op. cit. 47 Intervista a Daniele Farina, in AA.W., 10 settembre 1994, per l'antagonismo dei centri sociali. Velleità Alternative, Torino 1995. 48 "Bisogna riconoscere che all'interno di chi si assume un ruolo nella consapevolez- za antagonistica ci possano essere delle differenze anche grosse e sostanziali. Una prima che sicuramente non si può eludere è quella tra le mere avanguardie di una Iona e i militanti politici di base o le avanguardie politiche. È la differenza già molto forte e significativa fra militanti e meri associati." Da Per l'alterità dei centri sociali, in 10 settembre 1994, cit. 49 Csa Murazzi di Torino (a cura di), Centri sociali verso quali orizzonti, in 10 settem- bre 1994, cit. 50 Abbiamo qui usato una certa ironia che non esclude però un qualche elemento di verità vista la partecipazione ondivaga, poco selettiva e indiscriminata alle iniziati- ve dei centri sociali. 51 Rinviamo qui ad Alain Bihr, op. cit., e alla recensione che di tale testo ha fatto Marco Revelli, Incompatibili, in "il manifesto", 4 febbraio 1996. 52 Aldo Bonomi, C'è chi dice no, in "il manifesto", 18 febbraio 1996, che a noi pare un intervento fin troppo "generoso". Sempre di Bonomi è utile il testo // trionfo della moltitudine, Bollati Boringhieri, Torino 1996. Cox 18: una microstoria metropolitana 159 53 Marco Revelli, Una folla sodale ma globalizzata, recensione di // trionfo della mol- titudine di Aldo Bonomi, in "il manifesto", 17 maggio 19%. 54 Aldo Bonomi, C'è chi dice no, cit . 55 Vedi per esempio L. Grinspoon e J.B. Bakalar, Marijuana, la medicina proibita, Muzio, Padova 1995, e Franco Casalone, Canapa. Benefici, potenziale economico, proibizione, pubblicato nel 1995 dalla casa editrice legata a Cox 18. Più in genera- le sono significative le posizioni e i ripetuti interventi dell'onorevole Giuliano Pisapia e del senatore Luigi Manconi. 56 Ci si potrebbe obiettare che il "ciclo dell'eroina" ha avuto evoluzioni simili anche nel paese Italia, ma in realtà occorre precisare che: 1) pur essendo relativamente pertinente, questa eventuale osservazione non terrebbe in debito conto il fatto che per arrivare a questa diminuizione per così dire "spontanea" si è dovuto prima toc- care una quota record di morti a livello europeo (più di mille annui alla fine degli anni Ottanta); 2) che, di conseguenza, l'Italia detiene il record europeo di infezioni da Hiv e che le carceri italiane sono zeppe di tossicodipendenti; 3) che al contrario gli effetti positivi del "modello olandese" erano già visibili nei primi anni Ottanta. 57 Vedi E. "Gomma" Guameri, Nota all'edizione italiana, in Nicholas Saunders, E come ecstasy, Feltrinelli, Milano 1995. 58 Si può peraltro osservare che la scena dei rave ha in altri paesi europei usi e funzio- ni diverse da quelli decisamente "commercializzate" del Nord-Est italiano, essen- do piuttosto un "movimento" e una pratica illegale che si contrappone alle opera- zioni delle discoteche. Qualcosa di molto simile si verifica in Italia nelle situazioni romane, anche se occorre riconoscere che molto recentemente ci sono state inizia- tive assai concrete anche nella situazione metropolitana milanese. 59 Usiamo qui il termine "racconto" nella sua valenza storica e cioè come storia delle lotte dei movimenti istituzionali e extraistituzionali. È noto che molte scuole sociologiche e storiche sostengono l'avvenuta "crisi del racconto" (che è ovvia- mente cosa assai diversa delle stupidaggini relative alla "fine della storia"). Noi ci abbiamo provato e il risultato è ovviamente frammentario, discutibile e a volte sfi- lacciato. Come del resto è stata la vicenda personale e collettiva per molti di noi. 60 Marco Revelli, Incompatibili, cit. 6 1 La libreria nasce nel 1 97 1 in vicolo Calusca. quartiere Ticinese. Nel 1979 si trasfe- risce in corso di Porta Ticinese 48. Chiude nel 1986 nell'impossibilità di sostenere gli oneri dei nuovi affìtti commerciali, ma anche perché riteneva conclusa la prece- dente esperienza politico-culturale. Riapre brevemente in piazza S. Eustorgio nel 1988 per poi accettare la proposta del Collettivo Cox 18 che destina uno spazio specifico e indipendente all'attività della libreria. 62 Una cooperativa e un circuito di collegamento tra 60-70 librerie, alcuni centri di documentazione, un centinaio di case editrici "multanti o antagoniste", più di cento riviste "politico-culturali" e alcuni "organismi di distribuzione alternativa" diffusi e organizzati territorialmente in dieci regioni. 63 In qualche modo e specularmente il dibattito sulla nuova organizzazione del lavo- ro (di grande rilevanza il seminario "Lavoro e non lavoro" che verrà in parte ripor- tato dalla rivista "Altreragioni") porterà a una riflessione sulT emerge re della Lega Lombarda e poi della Lega Nord. Un ottica interpretativa di questo fenomeno sociale che verrà con estrema difficoltà recepito da molti dei luoghi sociali. 64 Non è qui in discussione la dignità di quel percorso, ma l'indispensabile riflessio- ne che occorreva anche indagare in altre direzioni. 160 Centri sociab: geografie dei desiderio MICROSTORIA FOTOGRAFICA DEL LEONCAVALLO 22 marzo I978, via Mancinclli Una vicenda legata al neofascismo dei Nur e agli ambienti dello spaccio, attraversala da evidenti coperture, omissioni, che attribuiscono, nell'interpretazione del movimento, una decisiva responsabilità alla magistratura milanese e un ruolo che rasenta la complicità a coloro che svolsero le indagini. II 9 luglio 1983, Voghera, manifestazione contro le carceri speciali indetta dal Coordinamento nazionale dei comitati contro la repressione. La dimostrazione, a cui aderirono tutte le sigle di movimento di quel periodo, dagli organismi autonomi nazionali, agli internazionalisti e agli anarchici - vi parteciparono anche alcuni giovanissimi militanti del Leoncavallo e dei punk -, terminò con una vera e propria caccia all'uomo da parte della polizia. La città era totalmente presidiata e per evitare un posto di blocco tre manifestanti (Valeria, Eleonora, Stefano) morirono travolti da un camion. Estate 1983, Comiso. Campeggio antinucleare antimperialista contro l'installazione dei missili nucleari Cruisc e Pershing nella base usa. Anche in questo caso vi fu la presenza di giovanissimi militanti del Leoncavallo e dei punk. 1 1 settembre 1983. Manifestazione nell'anniversario del golpe cileno; per una generazione ti Leoncavallo una delle prime manifestazioni internazionaliste che poi si estesero negli anni a venire nella lotta contro l'apartheid sudafricano e a sostegno dell'Intifada palestinese. Fausto e Imo PER iL CO MUNÌ 5 (1983) Centro sociale Leoncavallo, festa del Fronte popolare di liberazione dell'Eritrea. La comunità eritrea troverà ospitalità presso il centro fino al 1989 e avrà la possibilità di organizzare feste e assemblee partecipate da centinaia di persone. SABO' RES/S ,„PAKE LE CASE SÉVTTE iOTARE LE IMttOMUNtl L'ingresso di via dei Transiti, una delle più antiche occupazioni di Milano (primo tentativo nel 1978, dal 1980 occupata stabilmente) e punto di riferimento del movimento. Tra le altre esperienze, qui se ne concentrarono alcune che a metà degli anni Ottanta confluirono nel Leoncavallo. Oggi. Transiti, oltre agli appartamenti occupati, che negli ultimi anni sono sottoposti a rischi di sgombero sempre più pressanti, ospita il "Telefono viola" contro gli abusi psichiatrici, un "info-cafè" e un ambulatorio medico popolare che garantisce assistenza gratuita. Alcune pagine di "Autonomen" n. 2, mensile per la ricomposizione del proletariato urbano. Pubblicato dal 1985 al 1990, prendeva il nome dall'omonimo e variopinto movimento tedesco di occupanti di case, antimperialisti e antifascisti, che a sua volta si era ispirato all'autonomia italiana, e che aveva animato le piazze della Germania nei primi anni Ottanta, spiazzando le organizzazioni politiche tradizionali. VI Mi 1 N > ITI! Studenti in corteo a ritmo di rock i ragazzi deir85 K t Uova e monetine contro ti Comune ■ poi gli scontri all'università Statale inca _zzA n Se» ^Provocatori avvenganola profesta èdetefterota in una rissa gieamescu jra Autonomia e Dp 22/10/85. centinaia di studenti medi effettuano un lancio di monetine contro il Comune. Anche a Milano pane il "movimento '85", un'esperienza che fa intuire la presenza di nuovi soggetti giovanili conflittuali che i giornali si sforzano di classificare: "neo-autonomi", "punk" ecc. Non si identificano con le strutture di rappresentanza tradizionali, ma trovano nell'area dei centri sociali un punto di riferimento. 12/12/85, in piazza Leonardo, il Ministero degli interni "divide" il movimento in buoni e cattivi. A un lancio di ortaggi in direzione di Architettura, dove doveva parlare il ministro dell'istruzione Falcucci, la polizia risponde caricando 50.000 persone. Il Pm Pomarici invierà 12 selettive comunicazioni giudiziarie. VII 19 aprile 1986. Dopo un corteo contro i bombardamenti Usa in Libia, viene occupato un immobile sfitto in via Porpora 90. La composizione dell'occupazione è molto variegata e raggruppa tutte le componenti più giovani dell'area dei centri sociali milanesi. In quel periodo si usava molto il termine "squatter" (all'inglese) o "kraker" (all'olandese), per indicare gli occupanti. A metà degli anni Ottanta il movimento delle occupazioni è attivissimo in tutta Europa, specialmente in Inghilterra. Germania. Olanda, e il suo simbolo, il cerchio spezzato dalle freccia, lo si trova sprayato sui muri di tutte le città. Dall'Olanda, per l'uccisione del kraker Hans Koch da pane della polizia, partì una serie di manifestazioni di protesta che si estero fino all'Italia, tanto che a Milano, il 9 novembre del 1985. più o meno le stesse componenti che occuparono Porpora manifestarono nel centro cittadino. Gli occupanti di via Porpora. Questa occupazione fu un deciso segno di opposizione alle logiche che governano la città, 1 affermazione di un diritto, quello alla casa, negato e sottoposto alle leggi della rendita urbana e della speculazione immobiliare, il vero motore dello sviluppo della Milano anni Ottanta, ridisegnata dal potére del partito socialista e dalle sue cordate. Nello steso periodo verrà occupato anche uno stabile in p.za Aspromonte, non ancora sgomberato. Vili Estate 1986, Montalto di Castro. Campeggio contro la costruzione della centrale nucleare Alto Lazio. Questa iniziativa riporta nei territori le contraddizioni del Piano energetico nazionale, denunciando in particolare la scelta politica di un uso tardivo, nocivo e ingiustificato del nucleare civile. Una battaglia per un diverso modello di sviluppo che ha condono migliaia di uomini e di donne davanti ai siti nucleari e alle produzioni di mone, funzionanti o in costruzione. 9 dicembre 1986, Montalto di Castro. Frammento delle violentissime cariche contro il presidio antinucleare. Vi furono 12 arresti e i processi, terminati perlopiù con assoluzioni oppure caduti in amnistia, sono durati quasi dieci anni. X 10 ottobre 1986, Trino Vercellese. Mezzo del cantiere della costruenda centrale nucleare, "lavorato" dai manifestanti. Trino, Caorso, il Pec del Brasimone, Montalto di Castro, Puglia. Una battaglia che ha attraversato la vicenda di Chemobyl e il successivo referendum con una pratica diretta, spesso in apeno sabotaggio, a scelte palesemente contrarie all'interesse delle popolazioni e del paese; decisioni difese con estrema durezza dalla lobby nucleare e dai partiti, soprattutto nella sinistra storica, prigioniera di una logica dello sviluppo indipendente dai bisogni sociali e da ogni riferimento alla qualità della vita. Febbraio 1986. Manifestazione per la morte di Luca Rossi, ventenne ucciso dalla Legge Reale, per mano dell'agente di polizia Pollicino in piazzale Lugano. XI 28 luglio 1987. Sgombero del centro sociale di via Quadrio, occupazione durata circa 3 mesi. XIII XVII Le ruspe del Comune iniziano un lavoro di demolizione sistematica - e non autorizzata - delle strutture e dei locali del centro. Gli arrestati resteranno in carcere fino al giorno successivo, ma già a poche ore dallo sgombero, da tutta Italia cominciano ad affluire centinaia di persone e di attestati di solidarietà. Contemporaneamente esplode la polemica sull'illegalità dell'intera operazione, e la stessa sera le "macerie" vengono rioccupate. 19 agosto 1989. Nonostante l'estate avanzata, un corteo di tremila persone attraversa la città passando davanti al palazzo comunale, alla sede del Psi e a quella dell'immobiliare Scotti proprietaria dell'area, coprendo i muri di scritte e lanciando ossa, siringhe, vernice, uova e sassi. Il corteo terminerà al carcere di S. Vittore. Nella foto il conceno tenuto in mezzo a Via Leoncavallo durante la serata. XIX 23-24 settembre 1989. Meeting nazionale dei centri sociali "Contro i padroni della città". Avrebbe dovuto tenersi in piazza Vetra, ma non autorizzata, l'iniziativa si svolgerà all'interno del centro. Il corteo di 10.000 persone, aperto da un "mitico" cordone di donne, si concluse in largo Cairoli per il divieto di lambire alcune sedi "strategiche" del potere milanese. Nella foto sotto: l'assemblea nazionale tenutasi nel salone scoperchiato. Da quell'esperienza nacquero, soprattutto nelle zone non metropolitane del resto dell'Italia, dibattiti sulla necessità dei centri sociali e vi furono numerose occupazioni. XXI 3 luglio 199}. Manifestazione di 5.000 persone contro il sequestro del trasmettitore di Radio Onda Diretta a\-venuto il giorno prima. L'esperienza è proseguita con l'acquisto di una frequenza che attualmente trasmette sui 98.00 fm in collaborazione con Radio Onda d'Urto, storica emittente- bresciana. 8-11 luglio 1993. A un mese dall'arrivo della giunta leghista al governo della città, Formentini toma all'attacco, e dopo aver incentrato l'intera campagna elettorale sullo sgombero del Leoncavallo - nonostante il parere favorevole della commissione tecnica del comune - vieta la V edizione di parco Lambro "Apriamo spazi di libertà". L'annuale meeting dei centri sociali si svolgerà comunque. Nell'agosto successivo, Bossi, parlando da un palco in piazza Duomo, accuserà il Leoncavallo di essere un covo di terroristi, autori della strage di Via Palestra: inizia "ufficialmente" l'attacco diretto al centro. XX1I1 Dicembre 1993. Presidio stradale permanente contro lo sgombero "annunciato": da settembre proseguono a pieno ritmo le mobilitazioni iniziate in risposta alla concessione, da parte dell'ex sindaco socialista, della licenza edilizia alla proprietà dell'area, la Cium immobiliare di Ciarlo (ahassi Successivamente vengono ordinate sopralluogo e demolizioni di alcune pam del centro ritenute abusive. L'autunno arriv a con la richiesta da parte di Fomientin. dell'intervento della forza pubblica per rendere esecutivo lo sgombero. Il questore fa sapere che non sgombrerà il leoncavallo tino a che non sarà trovata una sede sostitutiva e il pretetto, in accordo con il ministro degli interni, impone al C omune la ricerca di aree alternative. Il dormine indiv idua alcune zone inagibili all'esterno della città, il Leoncavallo ta sapere che non si muov erà se non sarà rispettato il principio della territorialità e dell autogestione. siaii.hiV»daVr!.p«ÌliVliìhIiu^ 1*'^ ''"."prefetto ivqu.MM e l'area del pano Trotter a 200 m da via I concavallo La struttura inagibile, connessa a una scuola, viene bon lata dalle ini/ulive congiurile del cenilo e dalle lamblie del quartiere. Novembre l"->°v il prelelto indiv idua via Adriano. U 1 .000 metri quadrati nel! area induslnale dismessa ex Marcili 1 eghist, e las. ist, bl.H t ano per due mesi la strada, u-n la protezione della polizia. A dicembre l'ennesima proposta: la « ascimi \ .in ( iogh al parco [ ambio che slamerà per lo scontro tra i poteri dello stalo XXIV Agosto 1994. Pacla servando situi: la mattina del 9 agosto, allo scadere dei 180 giorni, il Leoncavallo 2 viene sgomberato. Nella foto la nuova sede nel parco della Martesana, dopo un mese di nomadismo nella città, dal parco Alessandrini al centro sociale Spazzali-Villa Amantea a Baggio. XXV 8 settembre 1994. Viene occupata l'ex tipografìa di via W'atteau. sede odierna del centro sociale. Immediata la reazione del sindaco ("Il Leoncavallo non esiste più") e delle forze di polizia che dopo un'ora circondano la palazzina con all'interno centinaia di compagni. Graffito all'interno dell'area del nuovo Leoncavallo che recita lo slogan della rivolta di Los Angeles del 1992 "No justice no peace". La reazione di alcuni abitanti del quartiere non tarda ad arrivare. Opportunamente pilotati da forze di destra si costituiscono in sedicente "comitato" che inizia una lunga serie di azioni pretestuose df disturbo dell'attività. Azioni che proseguono tuttora e che già sono costate al centro numerose denunce e qualche carica di polizia XXVI XXVII 30 aposto 1995. Risposta ironica alla campagna di stampa del "Corriere della Sera' dopo l'iniziativa antiproibizionista "Piantatela" del mese precedente. Viene indetto un presidio dav anti aJ quotidiano, con un lancio di "erba" del giardino del centro. Cdi articoli avev ano sortito un primo tentativ o di blitz della polizia il 25 agosto a seguito del quale furono effettuati anche alcuni arresti per spaccio. XXVIII Ma il vero blitz è avvenuto il 19 dicembre 1995, quando corpi speciali di polizia e carabinieri mascherati irrompono nel centro alla ricerca di sostanze stupefacenti. Troveranno pochi grammi di "fumo" e una piantina di marijuana. Ma non perderanno l'occasione di devastare qualsiasi cosa all'interno e procedere ad alcuni fermi e arresti. L'inchiesta è ancora in corso. Oltre alle devastazioni delle attrezzature tecniche e dei computer, degli archivi e dei bar, vengono tracciate svastiche e scritte provocatorie, disperse urina e vernice sui libri e sui giochi dei bambini. Inoltre, con la copertura di un'ordinanza di sequestro di materiali per spettacoli, vengono portati via mixer, casse acustiche, strumenti musicali e tutto quanto atto a produrre suono e luce. XXIX 23 dicembre 1995. La manifestazione dei 50.000 sotto le mura del carcere di SA more. Un grande cor fortemente autodifeso, ha dato una dimostrazione di intelligenza politica a una citta desertificata dal paure di commercianti e bottegai. Gli squadristi di stato hanno ricev uto una prima lezione. Passano i b.nanallini (> ìZrZr*- JjMilano non fa shopping i 11 Natalo di Milano col lìalo sosj\> > M II giorno più lungo del Leonlta Febbre da i «•< mi w\ ,i il. . 1 w Un pomeriggio in stile anni 70 Otti blindato: siratk deferte, nego/i Égttj 1 gjjÉ ÉMrtgl D Leonka in piazza 1 tra regali e tensioni Performance dei Mutoid Waste Company. Alle centinaia di denunce per le iniziative politiche di questi anni, si aggiungono ora una serie di reati amministrativi per l'autogestione di concerti, spettacoli teatrali e iniziative culturali. Il controllo di un'area politica e sociale e di un'aggregazione cresciuta in modo esponenziale negli ultimi tre anni viene sempre più delegato alla magistratura e a quel perverso meccanismo che trastorma i valori in disvalori, le lotte in reato e l'illegalità per fini sociali in un'aggravante. Lo spettacolo teatrale Viaggiatori. Esercizi di vertigine di Senzasipario, progetto di autoproduzione teatrale dell'area milanese che collega centri sociali e interessanti figure dell'ambiente del teatro di ricerca. Partito dall'ideazione comune di alcune importanti rassegne, dallo scorso anno ha iniziato un originale esperimento di autoproduzione teatrale. E al suo terzo spettacolo, dopo Randagi e Puppen in dergullen. XXXI Maggio 19%. Dalla solidarietà concreta di decine di artisti nasce Leon kart: città del desiderio. Seconda edizione della mostra d'arte contemporanea, quest'anno accompagnata da qualificate iniziative di poesia, musica classica e contemporanea: Arienti i nella foto una sua operai. Cabrila Reis. Tombolini. Innes. Demand. Balestrini. Ballcstra. Campo. Pagliarani, Cepollaro. Blaine. Hubaut. Giorno. Leonetti. Lacv. I.ocatelli. Manzoni. Zosi. Canino. Pasquariello. Cotonieri. Cerarti. N oce. Marini e molti altri. Maggio 1946. via Moscova. ( ornando dei carabinieri Delegazione del Centro sociale Leoncavallo e partecipanti a Leonkari protestano contro l'interessamento speciale dell'Arma verso i gruppi musicali e gli artisti che partecipano alle iniziative del centro ( HI gruppi avvisati e garantiti per "disturbo della quieie pubblica " I. Nella roto il colloquio trasmesso in diretta da Radio C Vida d'Uno; da sinistra a destra, il Maggiore Scassa e gli artisti Balestrini. Zosi, Blaine e Leonetti. XXXII MICROSTORIA FOTOGRAFICA DI COX 18 La tacciata del csoa di via Conchetta 18 alla fine degli anni Settanta. XXXIII ( 19X0) Il "Ruin party" è stato il primo concerto punk organizzato in ('onchetta c cogestito da anarchici e dalle prime aggregazioni punk milanesi. Questi stessi punk (onderanno poi il Virus. XXXIV Sguazzano uein^fòfón&zta amano la violenza e la droga RISSE E PESTAGGI Mu mmNE mrGmRNo Anche in m^ KU Infuria la guerra fra 'punk' e 'ska' Li moda e giunta, come al solito. dall'Inghilterra II ritrovo dei punk e in via Torino, davanti alla basilica di San Giorgio Quello degli ska in una discoteca di foro Bonaparte («La Luna . - Il primo gruppo e formato da giovani coi capelli lunghi jeans e giubbotti di pelle tempestati da borchie e patacche II secondo da ra gain coi capelli corti e ben pettinati, era v attira al colio abito anni Sessanta, scarpe lucide, cappello a falde In comune i due «clan» hanno unicamente la passione per la musica e la mancanza di impegno politico e di ideali Inizialm i punk si riversano nel centro di Milano. I media reagiscono scatenando un "panico morale" che accompagnerà sempre la storia di questa controcultura ( 1981 ) Dopo varie peregrinazioni per la città, un gruppo di punx, t'onda il Virus, nella casa occupata di via Correggio 18. Qui riprodotti due volantini del Virus. XXXV Duranti- lo stesso concerto. Nessuna separazione tra musicisti e pubblico. Sui muri il caos dei graffiti Il luogo era insonorizzato e riscaldato. L'impianto voce era stato acquistato coi primi introiti. XXXVI Con continui soprusi ^«V/X a» dettavano legge ^oW* * ^ «/ quartiere Aft, V f . 1 tytl?* davantì^£: - (JtU 1 ^ ^ alTedilim popob ^ W s ' inC8temo ^nti La polizia ^ «RATTO Sgombrati da un edifici, via Correggio 18 B ^pggPunk, fuori di qui! I POLITICI ED I PADRONI CHE VOGLIONO MILANO CITTA' EUROPEA SONO GLI UNICI RESPONSABILI DELLO SGOMBERO DI VIA ^ CORREGGIO, 18 E DEL VIRUS & 5 I! 1 *> mangio 1 984. Per molivi d'ordine pubblico, dopo l'occupazione del Teatro di Ria Romana, dei Miele e iniziative di provocazione varie, viene ordinato lo sgombero dell'arca di via Correggio. XXXVIII 1 1984 85 i II Virus si trasferisce in un fatiscente stabile di viale Piave. Nella foto un'assemblea del collettivo di gestione. 12/1/1985. Dopo il crollo di viale Piave il Virus occupa uno stabile comunale in piazza Bonomelli. Gli occupanti si barricano nei locali per un'intera settimana. La polizia assedia l'esterno. XXXIX 1 1986-871 Un volantino dell'Heller Skeher. La ricerca grafica d'avanguardia va di pari passo con la proposta culturale, che spaziava dalla musica all'editoria ("Fame", "Amen" e "Decoder", di cui nella foto si vede il primo numero presentato appunto all'Heller) alle prime sperimentazioni multimediali. (1987) Henry Rollins in concerto all'Heller Skelter. La qualità degli eventi trasforma il luogo in uno dei più significativi centri controculturali europei. XLI tempo gli sfrattati da via Conchetta. XLIII (19871 Viene occupalo dall'aggregazione J t -| Vir frequentatori dei locali dell; n negozio nello stabile di via Torricelli, (di occupanti provei e dell'Heller Skelter, dagli anarchici del Comitato per la casa fino ai :ona. Sucessivamente lo spazio diventerà il laboratorio del Tattoo Club. XLIV ( 1987) I] Comitato di lotta per la casa di via Conchetta/Torricelli promuove l'ocupazione di diverse case e appartamenti nella zona (vedi mappa n. 6). Nella foto la casa occupata di viale Gorizia che nel 1993 diventerà associazione Adrenaline. (1988) Dopo un anno di chiusura la librerìa Calusca riapre in p.za S. Eustorgio che immediatamente diventa un importante centro di incroci e progettualità politiche. Proprio da quel luogo si concepirà parte dell'esperienza di Cox 18. XLV Si nino di l muri) mn pralìito mniro l'eroina, eseguito da Zappa, il madonnaro punk Piazza Yctra .1 quel tempo era la pili Bimsn piazza dello spai 1 K< della zona e spesso teatro di violente retate della polizìa Jie c ..involavano le centinaia di presenti, mollo spesso solo "h.malon". Nel corso dell'estate scoppe ranno alcuni talteru M li Ira giovanissimi e forze dell ordine XI. VI Nel giugno del 1988 viene occupato Finterò stabile di via Conchetta 18. Da poco erano stati sfrattati tutti gli inquilini e il ristorante Genovese, prima a lato della parte occupata. Le diverse soggettività politiche e culturali della zone, prima fluttuanti, si ricompongono in questo luogo. Novembre 1988, manifestazione antiproibizionista contro la legge Russo- Jervolino. Un camion musicale di Conchetta con uno "spinellone" sul tetto è alla testa del corteo. Verrà assaltata con lanci di siringhe e scatole di psichofarmaci la sede del Partito socialista in C.so Magenta e interrotto il comizio istituzionale in p.zza Vetra, al termine della manifestazione. XLVII 18 gennaio 1989, ore 7.00. Sgombero di Cox 18. Ore 9.00. Vengono murate le entrate e le opere d'arte. XLIX pJkzzìtta mjlanu a J\£ v . T C-a* It: li 4 P » Ila* i*ì a * O a co* it: ♦ Xj imam?-- «_Vf . W o: cima fra kx imi cani fiinaif 4^ v tkjifciift. m- 19-21 giugno 1992. Cox 18 entra sugli schermi Tv di tutto il mondo, partecipando al progetto di televisione interattiva Piazza virtuale. Nella foto sopra ciò che appariva sullo schermo: a sinistra un rapper di Cox mentre canta accompagnato da altre due persone dall'Inghilterra e dalla Svezia. In alto a destra e in basso a sinistra le schermate della chat-line. In basso a destra le immagini del cavo Isdn da Kassel, regia dell'installazione. Nella loto sotto, presa sempre in Cox. il modo di impugnare la cornetta del telefono: un microfono rivolto all'intero pianeta. Questa stupenda foto di Aldo Bonasia, uno dei più prandi fotografi italiani contemporanei, era simbolo e in mostra durante l'iniziativa "La teppa all'assalto del cielo" un mese di culture e arti radicali tenuta nel I99V Vi parteciparono tra gli altri: Ed. Qnodlibct, Ed. Associate. Sensibili alle foglie. Interno Giallo, Tartaruga, ShaKc, Ipertesto, Pellicani, Erre-Emme, "Altreragioni", R. Guacci. B. Miorelli. N. Vallorani. G Agamben, R. Campo, N. Balesirini, R. Curdo, G. Antonucci, G. Berengan, M. Cazzano, M. Nobile, E Bolclli, T. Tozzi, S. D'Arzo. i-Morlacchi. Dams video. Studio Equatore. 99 posse. Malka family. Hels. Nando Popu, Bassifondi, Piombo a tempo, Lou X, Jazz-blob, Area piccola e il Premiato forno. LV11I l.XIII I ravc party autogestiti sono tra le ultime evoluzioni musicali e di socializzazione di (~o\ 1S e alla loro organizzazione stanno collaborando i più gio\ ani componenti del collettivo. Il jazzista Enrico Rava durame l'iniziativa "Jazz in Cox " tenuta nei mesi di febbraio e marzo del 1996 e che Ila visto la partecipazionedei migliori jazzisti italiani. Dopo anni, a Milano il jazz ritorna a essere fruito a prezzi e in luoghi popolari. LXIV UN CERTO USO SOCIALE DELLO SPAZIO URBANO 1 Abbiamo visualizzato sulle "cartine" topogra- fiche che seguono, lo spostamento dei movi- menti nello spazio urbano di questa città. Sap- piamo che il vezzo di tracciare mappe, gerar- chie, discendenze, profili, è quasi sempre piut- tosto arbitrario. Questa rapida visualizzazione dei topoi dei movimenti degli ultimi decenni non ha un carattere esaustivo né tantomeno ambizioni di teoria generale, ci è sembrata però utile come supporto al "racconto" intor- no a Cox 18 e alle microstorie fotografiche per mostrare come il muoversi nel tessuto urbano dei movimenti antagonisti si incroci con le dif- ferenti forme del "fare politica", con i modi di fare rappresentanza di sé nel confronti dei "luoghi del potere" e con i differenti modi di organizzarsi e di rendersi visibili. 161 Sappiamo che, per larga parte, questo aspetto del racconto di sé incrociato con il racconto del territorio non viene quasi mai avvertito - per l'importanza che gli compete - nelle sue valenze spontanee dagli stessi soggetti che ne sono protagonisti, ma sappiamo anche che l'in- telligenza collettiva che si mobilità nei territori urbani ha - al contra- rio - quasi sempre chiari sia i processi sia gli obiettivi che ne determi- nano le dinamiche interne. La mappa n. 1 visualizza un certo momento di organizzazione che i movimenti rivoluzionari degli anni Settanta si erano conquistati al- l'interno delle "gerarchie" territoriali della metropoli milanese. Siamo nei primi anni Settanta, la stagione movimentista del '68 ap- pare piuttosto "sfumata" mentre le lotte straordinarie dell'" autunno caldo" hanno posto con forza la centralità della classe operaia come motore fondamentale di qualsiasi trasformazione possibile dello "sta- to di cose presente". Dopo la "strage di stato", la "strategia della ten- sione" appare a tutti come uno delle armi più insidiose e odiose messa in atto dalla borghesia. Molti sono convinti che i padroni, nell'impos- sibilità di controllare e addomesticare l'ondata di rivolta, abbiano de- ciso di spostare lo scontro anche sul "piano militare". E questa con- vinzione (si badi bene non l'unica motivazione, ma una delle molte e diversificate) avrà una sua incidenza nella decisione di passare da "movimento" a organizzazione. E fare organizzazione significa avere sedi politiche, sezioni sparse sul territorio, presenza organizzata nei luoghi di lavoro. Significa avere militanti fedeli, dirigenti, segreterie, ma significa anche porsi in conflitto con le organizzazioni ufficiali dei partiti di sinistra, con i sindacati ufficiali, con l'intero sistema dei par- titi e anche con le sedi di rappresentanza e potere dove gli stessi con- trollano il governo della città. Significa in definitiva passare da un mo- dello movimentista, assembleare, orizzontale, a una struttura verticale e centralizzata. Appare quindi ovvio che le cosiddette formazioni extraparlamen- tari decidessero di muoversi nel territorio urbano alla ricerca di luo- ghi dove aprire sedi politiche che avessero le caratteristiche di essere il più possibile vicino al centro storico cittadino e, particolarmente nel caso milanese, al cuore del potere politico e finanziario. Questa dinamica che tende a incrociare la "verticalizzazione orga- nizzativa" con un'equivalente verticalizzazione territoriale verso e contro i luoghi del potere costituito, si ripeterà con caratteristiche di- verse negli anni successivi, ma non raggiungerà mai più né la concen- 162 Centri sociali: geografie del desiderio Mappa n. 1 Sedi politiche del triangolo urbano della zona Sud (Ticinese e dintorni) 1972-1979 1) C.R.M.P (Cen tro ric erche modi di produzione) 2) COMITATO VIETNAM )> COLLETTIVO AUTONOMO TICINESE 4) CA.F (Comitati antifascisti) 5) C.R.A.A.P (Centro comunista ricerche sul)' proletaria poi 'Wobbly/CoUegamenti") 6) AVANGUARDIA OPERAIA 7) REDAZIONE -CONTROINFORMAZIONE- 8) AUTONOMIA OPERAIA - REDAZIONE "ROSSO" 9) CENTRO DOCUMENTAZIONE SCUOLA (c/o Calusca) 10) SEDE ANARCHICI via ScaJdasole 11) LIBRERIA CALUSCA (vicolo Calusca) 12) "IL MANIFESTO- DI LOTTA CONTINUA 14) PDUP (Partito di unita proletaria) 15) COMUNE LIBERTARIA 16) COMUNE LIBERTARIA 17) SCUOLA POPOLARE 18) COMUNE OPERAIA 19) COCULO (Comitato comunista di unità e di Iona) 20) SCUOLA POPOLARE 21) REDAZIONE EDIZIONI ORIENTE 22) LIBRERIA SAPERE 23) EDIZIONI SAPERE 24) EDIZIONI MAZZOTTA 25) COOPERATIVA PUNTI ROSSI 26) PARTITO COMUNISTA INTERNAZIONALISTA 27) MOVlMENTO STUDENTESCO DELLA STATALE 28) CIRCOLO LA COMUNE 29) STABILE OCCUPATO )0) COMUNE URBANA )1) RADIO CANALE 96 EX ALBERGO SIVIGLIA OCCUPATO 32) LIBRERIA CLAUDIANA COM NUOVI TEMPI 33) COLLETTIVO LAVORATORI A TM. 34) COLLETTVO LAVORATORI-STUDENTI FELTRINELLI 35) LIBRERIA CALUSCA 2 leso di P.ta Ticinese, 48) 36) OCCUPAZIONE VIA TORRICELLI e csoa anarchico 37) OCCUPAZIONE VIA CONCHETTA e csoa anarchico 38) ASILO ANTIAUTORITARIO AUTOGESTITO (ERBA VOGLIO) 39) ASILO FEMMINISTA AUTOGESTITO via Verga 40) COLLETTIVO BAMBINI MANO IN ALTO via Un certo uso sociale deNo spazio urbano 163 trazione del periodo 1972-76 né il significato simbolico precedente. E non si ripeterà proprio perché andranno in crisi tutti i modelli orga- nizzativi precedentemente conosciuti. A questa breve e sintetica premessa metodologica è necessario aggiungere una riflessione connessa allo sviluppo squilibrato che la metropoli milanese ha avuto nel suo evolversi produttivo e indu- striale. A chiunque capiti tra le mani una pianta topografica della città risulta evidente come la stessa abbia avuto nel corso dei decen- ni uno sviluppo squilibrato tra la sua parte Nord e la sua parte Sud. Nel Nord e nel Nord-Est la città si è dilatata ben oltre i confini co- munali e nelle stesse zone si è avuta la massima concentrazione di sviluppo industriale. Il risultato visibile e percepibile è quello che vede i grandi quartieri operai e popolari della zona Nord/Nord-Est (Lambrate, Crescenzago/Padova, Gorla e, via via, fino a Sesto S. Giovanni ecc.) assai più distanti dal centro storico di quanto lo siano quelli della zona Sud (Ticinese/Genova, Romana/Vigentina ecc.). Ma i primi non sono solo topograficamente più distanti. Sono anche collocati in una situazione urbana che vede più "ostacoli", più terri- tori "nemici" tra gli abitanti di questi "luoghi" 2 e la fruizione del centro storico, "anima" pulsante, centro di potere e luogo di innova- zione della vita della città. UN TRIANGOLO MOLTI DESTINI Parafrasando l'Umberto Eco di Diario minime? appare evidente che Milano ha una struttura circolare spiraliforme. E altrettanto ovvio (assumendo i concetti euclidei di geometria piana) che una simile struttura costringa i suoi abitanti a muoversi principalmente median- te triangolazioni i cui vertici si insinuano nel centro storico mentre le basi conseguenti si dilatano nelle periferie. Ovviamente i triangoli so- no più di uno, ma ai fini di questo racconto se ne possono descrivere due. Il primo, quello della zona Sud, ha il proprio vertice collocato grosso modo dalle parti di via Torino (tra il Carrobbio e piazzetta S. Giorgio) e quindi nel cuore della "città dell'eccellenza", mentre i lati scorrono l'uno verso Sud inglobando corso di Porta Romana, il Cor- vetto, Porta Vigentina, Opera, Pieve Emanuele e l'altro verso Sud- Ovest inglobando Porta Genova (la "casba" della tradizione popola- re), Porta Ticinese ("Porta Cica"), il Giambellino, la "Baia del re" 164 Centri social»: geografie del desiderio (ovvero il quartiere Stadera), la Barona, Gratosoglio e, quindi, Corsi- co, Rozzano, Trezzano sul Naviglio ecc. (mappa n. 2). La dorsale di questo triangolo è costituita dal corso S. Gottardo, che è una delle vie dello "shopping" (o "asse commerciale attrezzato") della città, che prosegue poi nel corso di Porta Ticinese per confluire appunto in via Torino. Per chiunque conosca la città appare evidente che gli abitanti della città dell' "abbandono" (le periferie) della zona Sud si trovino ad ave- re un avvicinamento al centro storico per larga parte "amicale" e con- viviale. Amicalità e convivialità assicurate sia dalla catena dei negozi per larga parte di profilo medio-basso - e quindi corrispondente al potere d'acquisto degli acquirenti provenienti dalle periferie - sia dal- l'ininterrotta serie di locali di aggregazione e intrattenimento (osterie, trattorie, bar, bocciofile ecc.). 4 Il secondo triangolo è invece interamente collocato nella zona Mappa n. 2 Triangolo Sud ^P.TÀ> — jfc TICINESE-» r P.TA VIGENTINA ROZZANO GRATOSOGLIO 1 1 7 ri C~ COR' finì"*- CORVETTO GIULIANO OPERA PIEVE EMANUELE Un certo uso sociale dello spazio urbano 165 Nord/Nord-Est e ha il proprio vertice collocato in piazzale Loreto e il lato Ovest che è segnato interamente da viale Monza verso Sesto S. Giovanni, Cinisello ecc., mentre il lato Est corre attraverso via Porpo- ra, ingloba Lambrate, il parco Lambro, Segrate, Pioltello ecc. All'in- terno di questo triangolo ci sono storici insediamenti operai come quelli di Crescenzago/Padova, Gorla, Precotto e, via via, fino a Sesto S. Giovanni, la "Stalingrado d'Italia" (mappa n. 3). Questo esemplare triangolo connotato da storiche "residenze ope- 166 Cento sociali: geografie del desiderio raie" 5 ha, al contrario del primo, il proprio vertice decisamente molto più "periferico" di quello della zona Sud e ha un lungo "asse com- merciale attrezzato" (il più americano della città e anche uno dei più intolleranti) come il corso Buenos Aires che lo collega a corso Venezia (deserto e inospitale) e quindi a San Babila, una delle piazze più elita- rie e nemiche di tutta la metropoli. Di conseguenza gli abitanti del triangolo Nord non hanno un avvicinamento né amicale né conviviale verso il centro storico. A queste caratteristiche che connotano la diversa collocazione ur- bana dei due triangoli, va poi aggiunta la storia particolare della zona Ticinese/Genova (vertice e cuore del triangolo Sud) che è una delle zone più antiche della città (tracce della città romana, di quella me- dioevale, di quella spagnola e i quattro Navigli navigabili) 6 da sempre caratterizzata da una composizione sociale mista tra artigianato, fab- brica diffusa, ceti popolari legali e extralegali (da cui l'appellativo po- polare di "casba"). Ragione per cui il microsistema sociale Ticine- se/Genova finisce per diventare un'esemplare zona di frontiera urba- na tra centro e periferia, ma anche e contemporaneamente un sistema sociale di frontiera tra le classi e i ceti che storicamente hanno pro- dotto un'abitudine alle forme di convivenza tra modelli e stili di vita diversi. Ed è per la somma di tutte queste caratteristiche che il vertice del triangolo della zona Sud diventerà nei primi anni Settanta il quartiere d'Europa a più alta intensità di sedi politiche extraparlamentari. E se la singolare vicinanza territoriale ai luoghi del potere istituzionale era probabilmente intenzionale, cosciente e progettuale, la facilità di ot- tenere le sedi in affitto e l'accettazione popolare delle stesse erano tutte conficcate nell'intera storia sociale di questa porzione di territo- rio urbano. La mappa n. 1 evidenzia questo radicamento e la sua appendice (richiami n. 27, 28, 29, 30, 31, 32) dimostra visivamente sia la vicinan- za con piazza Duomo sia quella con le sedi politiche intorno all'Uni- versità Statale. Un certo uso sociale dello spazio urbano 167 UNA TENDENZIALE FINE DELLA VERTICALIZZAZIONE POLITICA E LA SUA RICADUTA SUL TERRITORIO La storica "cittadella" raccolta intorno ai Navigli diventerà per qual- che anno fiammeggiante di bandiere rosse e rossonere. Ai luoghi sto- rici da leggenda metropolitana si aggiungeranno altri luoghi forse al- trettanto leggendari. Forse lì c'è stata anche la prima sede delle Briga- te rosse (così dice Franceschini nel suo libro ma non ne rivela l'ubica- zione, mentre "rivela" invece una serie di altre sciocchezze), ma sicu- ramente in via Maderno al Ticinese vengono arrestati Renato Curdo e Nadia Mantovani. Così le antiche osterie dei "lavoratori dei Navigli" diventeranno aggregazioni politiche e comunicative altrettanto im- portanti delle sedi politiche e dove si mischieranno le canzoni di lotta con quelle della tradizione malavitosa. Con le sedi politiche arrivano anche migliaia di militanti prove- nienti da tutta la città. Si installano nelle case sfitte, guidano le occu- pazioni di interi stabili, aprono attività di autofinanziamento, invado- no le antiche trattorie e osterie. Per qualche anno lo zenit del triango- lo della zona Sud sarà una zona rossa, militante e liberata. Sulla porta d'ingresso del mitico bar Rattizzo (in corso di Porta Ticinese) qualcuno scriverà: "Questo è il territorio dei diversi e tutto ciò che è diverso è bello". La crisi del modello verticale organizzativo comincerà a essere evi- dente verso il 1974-75. Cominceranno a sciogliersi o ad andare in cri- si molte organizzazioni extraparlamentari. Si parlerà lungamente della "crisi della militanza" e dell'emergere contraddittorio di nuove "sog- gettività". Nelle fabbriche il padronato ha iniziato una violenta offen- siva ristrutturatrice che si protrarrà per molti anni (simbolicamente e concretamente raggiungerà il suo apice alla Fiat nel 1980, con la ma- nifestazione reazionaria dei 40.000 quadri e bottegai torinesi e la mes- sa in cassa integrazione di 23.000 operai mai più reintegrati). L'obiet- tivo dei padroni è quello di eliminare progressivamente tutte le avan- guardie di lotta formatesi nel quinquennio precedente. Decentramen- to produttivo, ovvero esternalizzazione di parti della produzione; "uso politico della cassa integrazione", che colpisce principalmente gli operai più combattivi; introduzione di nuove tecnologie che inglo- bano "sapere operaio" ed eliminano forza lavoro; progettuale delegit- timazione dei consigli di fabbrica, sono tra le armi più efficaci messe in campo dai padroni, frequentemente in accordo strategico con i sin- 168 Centri sociali: geografie del desiderio dacati ufficiali e lo stesso Partito comunista. È la rigidità e la forza della "centralità operaia" che si vuole fare a pezzi. Nei territori urbani e nel grande hinterland metropolitano intere porzioni di organizzazione sociale e operaia cominciano a collassare sotto i colpi di un attacco così violento. Il decentramento produttivo comincia a frantumare la fabbrica su aree vastissime di territorio. E "decentramento" vuol dire essenzialmente piccole fabbriche con la- voratori privi di diritti e rappresentanza. Vuol dire "lavoro nero" sot- topagato che nella pubblicistica ufficiale viene eufemisticamente defi- nito e glorificato come "ciclo del sommerso". Sia pure nella sua estrema sintesi legata a questo intervento, è den- tro questo scenario che prova a muoversi e autodeterminarsi una nuo- va composizione giovanile scaturita sia dalla dilatazione dei confini metropolitani sia dall'estendersi smisurato dell'hinterland. Hanno tra i 15 e i 18 anni, sono nati nei quartieri-dormitorio costruiti verso la fi- ne degli anni Sessanta, sono frequentemente figli dell'immigrazione interna, hanno avuto principalmente insegnanti di sinistra impegnati e generosi che rientravano nella più generale e mutata funzione del ceto intellettuale che tendeva a rifiutare il "ruolo di tecnico" per sce- gliere piuttosto quello di "ceto politico". Un ceto politico tutto parti- colare ed extraistituzionale. Sono rimasti "silenziosi" per anni: il tempo di prendere confidenza con il territorio e di provare ad "addomesticarlo" e piegarlo ai propri bisogni. Come abbiamo visto, fino a quel momento le sedi politiche dei gruppi extraparlamentari si sono concentrate verso il centro storico della città, si sono mosse per "mangiare il centro", per fare, nella sfera delle rappresentanze, concorrenza alle sedi politiche istituzionali, per conquistare "spazio" nella città dell'eccellenza per poi muoversi verso le periferie e le zone industriali. La pratica era rimasta quella dell'a- vanguardia esterna che interviene da un luogo "centrale" sui processi e sui bisogni disseminati sul territorio. Molti dei soggetti sociali che vivono nelle grandi periferie e nel- l'hinterland sono studenti lavoratori, sono all'interno del settore "sommerso" e sono inesorabilmente destinati all'economia informale. Ed è da questi bisogni, da questa condizione sociale ed esistenziale che rinascono, dopo molti anni, le compagnie di strada sia nei quar- tieri dormitorio sia nella miriade di piccoli comuni del sistema indu- striale milanese e lombardo. Si formano così nuove aggregazioni e Un certo uso sociale dello spazio urbano 169 nuovi luoghi di riferimento. Ma questa volta sono "luoghi territoria- lizzati" e disseminati sul territorio, così come disseminata comincia a essere la fabbrica e la struttura produttiva. Nasceranno così, tra il 1975 e il 1976, cinquantadue circoli del pro- letariato giovanile per la quasi totalità collocati nei quartieri vicini ai confini comunali e nei comuni immediatamente limitrofi (mappa n. 4). La visualizzazione grafica rende immediatamente conto delle diffe- renze di "uso del territorio". La rappresentanza verso i "luoghi depu- tati del potere" è diventata irrilevante. La realizzazione di sé non può che avvenire nei territori del proprio vissuto quotidiano. Il "cielo della politica" 7 è ormai largamente offuscato, il luogo cen- tralizzato della militanza non restituisce più identità, realizzazione di sé o appartenenza. I giovani dei circoli sono per la stragrande maggioranza figli di proletari, molti di loro sono stati avviati prestissimo (14-15 anni) al la- voro. Il quartiere li riconosce come propri. Spontaneamente avverto- no che qualcosa si è concluso. I loro padri e i loro fratelli maggiori hanno memorie di lotte e immaginari di utopie lontane da realizzare in un dopo indefinito. Ma a loro sembra che la memoria immediata del ciclo di lotte precedente non abbia cambiato poi granché delle lo- ro prospettive future e del loro bisogno di felicità. Non hanno e non credono più in orizzonti futuri: desiderano quasi spasmodicamente la realizzazione "qui e ora" di "spazi" di felicità e di comunicazione pie- na, diretta, consapevole. Si può dire che ^'invenzione del presente" cominci proprio con loro e si prolunghi nel tempo e per tutti gli anni Ottanta. I circoli sono "orizzontali", diffusi. Ogni tanto provano a dar vita a un coordinamento delle varie esperienze, ma i vari tentativi si susse- guono senza determinare una struttura stabile e, anzi, la sensazione diffusa è che un organismo di questo tipo non lo vogliano, a causa de- gli intrinsechi rischi di burocratizzazione. Così, e a partire dal gennaio 1976, dieci coordinamenti nascono e altrettanti si sciolgono. I circoli sembrano trascurare il centro cittadino come luogo dove rappresentarsi. Ogni tanto fanno delle puntate nel cuore della città creando delle situazioni all'aperto (per esempio in piazza Mercanti), ma sopratutto "vanno in centro" per praticare autoriduzioni nei cine- ma di lusso e nelle pizzerie. Tutta la tensione è rivolta a conquistare un uso creativo, ricco e sociale dello spazio urbano. Le stesse "disce- se" verso la città dell'eccellenza sono permeate da una divertente iro- 170 Centri sociali: geografie de) desiderio Mappa n. 4 Creoli del proletariato giovanile (1975-1977) 1 ) ROZZANO 2IGRATOSOGLIO 5) BARONA 41 BARONA - S. AMBROGIO 5) STADERA 61 CORVETTO 7) RONCHETTO S/N 8l B AGGIO 9) TREZZANO S/N 101 CORSICO 1 1 1 GIAMBELLINO/LORENTEGGIO 12) GALLARATESE Hi PERO 14) RHO 15) QUARTO OGCIARO 16) UMBIATE 17) S. SIRO 18) BOLLATE 19) PIAZZA MERCANTI (aggregazione di strada) 20) S DONATO *in alcuni cali questi luoghi sono incrociati 21) ROGOREDO 221 S GIULIANO 25) VIALE UNGHERIA 24 ) LAMBRATE 25) PORTA VITTORIA 261 VIA FOGAZZARO 27) CITTÀ STUDI - ORTICA (Cascina Rosa) 28) CASORETTO 29) CRESCENZAGO 301 VIA FELTRE } 1 ) SESTO S. GIOVANNI 52) MONZA 33>CINISELLO 541 LAMBRATE 35ICOLOGNO 36) PALMANOVA - CIMIANO 37) VIA CIOVASSINO COORDINAMENTO CITTADINO DEI CIRCOLI PROLET GIOVANILI SEDE GIORNALE 'VIOLA" con le strutture territoriali dell'Autonomia operaia Un certo uso sociale dello spazio urbano 171 nia nei confronti della generazione anticonsumistica del '68. Durissi- ma e beffarda è invece la polemica con il sindacato e il Pei sulla tema- tica dei sacrifìci: I giovani rifiutano i "sacrifici necessari". Siamo qui a denunciare la "società dei sacrifici", come nel '68 eravamo davanti alla Bussola e alla Scala a denunciare la "società dei consumi". Siamo qui oggi a riaffermare il diritto di tutti i proletari di prendersi ciò che i borghesi hanno riservato per sé: lussi, privilegi, teatri, cinema, ristoranti, sale da ballo. Ribadiamo il diritto di poter usufruire degli stessi privilegi che la borghesia tiene per sé. Il diritto al lusso, al piacere, alle rose, e non solo al pane. Chiediamo che la Giunta rossa e il prefetto impongano il prezzo politico di 500 lire nei cinema di prima visione, che vengano finanziati le decine di centri culturali giovanili di base, i centri sociali, i centri autogestiti di lotta all'eroina. Chiediamo un incontro con la Giunta comunale e provin- ciale per discutere il senso, i tempi e le modalità di tali fi- nanziamenti. 8 Come si deduce da questo volantino, distribuito durante una delle tante autoriduzioni, il problema non è più quello di "fare concorren- za" alle istituzioni politiche, ma quello di rivendicare diritti, spazi e territori da autogestire. La direzione che prende il movimento degli spazi sociali autogestiti è tutta e interamente inserita nelle nascenti pratiche di "contropotere territoriale" e il "territorio" è tutta la città e non solamente una sede istituzionale da conquistare nella città del- l'eccellenza. Il "movimento delle occupazioni" iniziato alcuni anni prima tallo- nava il capitale immobiliare sul suo stesso terreno, opponendosi al piano istituzionale che tendeva a liquidare il modello di Milano come città operaia. L'obiettivo piuttosto evidente era quello di favorire il ri- popolamento dei quartieri da parte di strati proletari ostili alla mobi- lità territoriale. Era evidente che la logica politica che muoveva que- sto ciclo di lotte era sostanzialmente speculare alle lotte di fabbrica tutte protese a difendere la "rigidità" e la stabilità di luogo e di man- sione del "corpo centrale della classe operaia". Ma l'azione marciarne del capitale appariva assai difficile da conte- nere. Il decentramento produttivo portava la produzione direttamen- 172 Cento sociali: geografie del desiderio te nei territori urbani e extraurbani. Intere porzioni di città venivano ridisegnate dalla "messa in produzione" del territorio da parte delle grandi immobiliari. I circoli avvertono direttamente e quotidianamente la forza di que- sti processi. La loro idea di "contropotere territoriale" cerca di ade- guarsi ai nuovi scenari: con l'anticipazione repressiva del capitale e con il decentramento produttivo non si può più: Intendere il contropotere come una trincea da scavare sul posto di lavoro e la trattativa come modo di imporre i biso- gni operai: il contropotere diventa immediatamente lo scontro con il capitale, uno scontro quotidiano e continuato che vede nel territorio l'unico campo di battaglia, senza più linee di demarcazione e mediazione tra capitale e proleta- riato... Costruire le ronde proletarie che vadano a visitare l'organizzazione del lavoro e la composizione di classe terri- toriale, far nascere commissioni e gruppi di intervento che vadano a scovare i covi del lavoro nero, gli spacciatori di eroina che seminano morte; formare commissioni di con- troinformazione per avere la conoscenza totale della milita- rizzazione cui siamo sottoposti; ronde contro il carovita che impongano il controllo dei prezzi e la qualità delle merce venduta dai bottegai; vari gruppi di studio che analizzano la nocività metropolitana... 9 TALLONARE IL CAPITALE SUL SUO TERRENO: NASCITA DEI CENTRI SOCIALI Insieme alla riflessione indotta dall'offensiva capitalistica, la "crisi della militanza" dei soggetti politici più adulti sarà invece il serbatoio di risorse umane che finirà per ridisegnare le "geometrie urbane" di un'altro percorso della sovversione politica (le varie componenti del- l'Autonomia operaia organizzata e di quella "diffusa"), mentre molti altri militanti delusi dall'esperienza "gruppettara" e convinti , a loro volta, che la nuova frontiera del conflitto fosse interamente connessa al "territorio" ritorneranno nei quartieri e nelle zone di appartenenza abitativa per inventare i "nuovi luoghi" del progetto e dell'intervento politico. Nascerà così, a fianco dei circoli e spesso sovrapponendosi e incrociandosi a questi, il lungo e ininterrotto ciclo dei centri sociali. Un certo uso sociale dello spazio urbano 173 I centri sociali sono "luoghi" più "grossi" dei circoli. Sono quasi sempre inseriti nel territorio urbano più denso di insediamenti pro- duttivi e occupano quasi sempre strutture industriali dismesse all'in- terno di quartieri operai e popolari. Nasceranno tra gli altri a partire dal 1975, l'oggi molto famoso Centro sociale Leoncavallo (1975), il Fabbrikone, la Fornace (1977), il Csa Sempione (1978), il centro sociale di via Argelati (1977), il Col- lettivo autonomo ticinese (1977) e via Santa Marta (1978). Alcune oc- cupazioni riguardano invece interi stabili con un mix di abitazioni e spazi sociali. Hanno queste caratteristiche via Correggio (1975), via Conchetta 18 e via Torricelli (1976), corso Garibaldi (1976) e la casa occupata-collettivo di via dei Transiti (mappa n. 5). Questi luoghi dell'autogestione sono tutti inseriti in territori me- tropolitani segnati dalla storia operaia e popolare: il Leoncavallo e la casa occupata-collettivo di via dei Transiti al Casoretto e nella zona Crescenzago/Padova, da sempre "residenza operaia" e nel vertice del triangolo della zona Nord-Est; il Fabbrikone, l' Argelati P38 (derivato, ironicamente ma non del tutto, dal numero civico della via), Conchet- ta, Torricelli e il Collettivo autonomo ticinese, la Fornace (vicino ai confini comunali verso Corsico) nella zona Ticinese/Genova vale a di- re nel cuore o lungo i lati del triangolo della zona Sud, mentre il Santa Marta nascerà proprio nello zenit dello stesso triangolo; il Garibaldi ai bordi di Brera, ma idealmente e politicamente collegato alle lotte del popolare quartiere Isola. 10 In un certo senso sono anomale, invece, le occupazioni di via Correggio e di corso Sempione nella zona della Fiera Campionaria anche se Correggio occupa la sede dismessa della fabbrica Mellin e nella zona resisteva, al tempo, una certa composizio- ne popolare. I centri sociali si affiancano al movimento dei circoli e, come que- sti, sono spazi di aggregazione politica completamente nuovi. Anche qui, non abbiamo più sedi politiche centrali di organizzazione, ma spazi autodeterminati, assembleari e autogestiti da ex militanti, ope- rai, neofricchettoni, femministe, occupanti di case ecc. Più "serioso" e politico è il Leoncavallo, dove prevale la componente di ex militanti dei "gruppi" (anche se, fin dall'inizio, sono molto attivi alcuni mili- tanti di Avanguardia operaia) unitamente ai comitati di quartiere ope- rai-inquilini; decisamente "autonomo" e movimentista è il Fabbriko- ne (al suo interno trovano spazio gli operai dell'Assemblea autonoma Alfa Romeo, il Comitato inquilini zona Sud, ma anche molto "movi- 174 Centri sociali: geografie del desiderio Mappa n. 5 Centri sociali (1975-1978) Un certo uso sociale deHo spazio urbano 175 mento" controculturale); c'è via Correggio, con decine di famiglie di immigrati (che adattano gli spazi ad abitazione), una scuola popolare, il Coordinamento lavoratori precari, alcuni collettivi femministi e, più tardi, la sede di riferimento per una parte cospicua della componente libertaria milanese; c'è la fortemente politicizzata via dei Transiti; la poetica, metropolitana, controculturale Fornace; decisamente duri, autonomi, politicizzati sono sia l'Argelati P38 sia il Collettivo autono- mo ticinese; Conchetta e Torricelli sono anarchici e libertari e convi- vono con il Collettivo lavoratori ospedalieri, il Comitato di lotta per la casa e sono alla ricerca di nuove forme di "sindacalismo"; infine, già crinale tra i circoli e il nascente movimento punk, troviamo il Santa Marta. Si può dire che la definizione di centro sociale, relativamente al territorio milanese, nasca proprio da queste esperienze originarie che segnano anche un diverso "uso del territorio" e un diverso modo di fare politica e organizzazione. Ai fini del racconto precedente abbiamo inserito la mappa n. 6 che visualizza topograficamente l'attività del Comitato di lotta per la casa Torricelli/Conchetta, perché evidenzia e sottolinea l'inesausta capa- cità del triangolo Sud di "fare rete", ma anche perché esemplifica un uso concreto della lotta territoriale che, a partire da un "luogo di au- torganizzazione", costruisce ininterrottamente altri spazi da sottrarre alla speculazione e al dominio istituzionale cercando di realizzare "co- munità reale e territoriale". Molti altri e altrettanto importanti sono stati, comunque, gli organismi che hanno portato avanti le lotte per la casa." Appare evidente che a diverse collocazioni territoriali corrisponda tendenzialmente un diverso modo di fare laboratorio politico, allean- ze, intervento. Così il Leoncavallo, verso la fine degli anni Settanta, troverà e rinnoverà continuamente sinergie con la complessa compo- sizione operaia del triangolo Nord-Est, caratterizzandosi come una delle "frontiere" dure di resistenza e difesa della "centralità operaia", mentre gli organismi sociali disseminati nel triangolo Sud avranno evoluzioni di carattere " controculturale " e una diffusa adesione alle pratiche dell'autonomia operaia organizzata o diffusa. 1 -' 176 Centri sociali: geografie del desiderio Mappa n. 6 Gelo occupazioni del comitato di lotta per la casa di via Conchetta/Torrìcelli (1978-1988) Un certo uso sociale dello spazio urbano 177 UN FINALE D'EPOCA? I circoli cominciano a entrare in crisi verso la fine del 1976 e alla vigi- lia dell'esplosione del movimento 77 nelle altre città. Milano è uno dei punti focali dell'offensiva ristrutturatrice e il tes- suto dei circoli si rivela troppo fragile rispetto alle forze in campo. La componente militante dei giovani operai delle fabbriche si appresta a fare delle scelte molto radicali e la stessa pratica delle "ronde proleta- rie" si incrocia frequentemente, per mezzi e obiettivi, con le dinami- che di clandestinizzazione di una parte degli storici militanti formatisi nel quinquennio precedente. L'eroina avanza senza sosta (Milano di- venterà la capitale del consumo e dei morti di eroina e manterrà que- sto primato per tutti gli anni Ottanta) e, per molti, la scelta armata as- sume i contorni di una necessità esistenziale, di un gesto di rigore per reagire alla distruzione dei fragili legami sociali appena costruiti. Molti "luoghi" si chiudono in se stessi. Rimangono nelle periferie e nell'hinterland alcuni circoli che consumeranno con forza e dignità la loro esperienza. Una parte degli stessi centri sociali diventa abbastan- za silenziosa, altri chiuderanno tra la fine degli anni Settanta e i primi anni Ottanta. Ma l'esperienza dei circoli e dei centri sociali ha segnato definitiva- mente i modi nuovi di intervento territoriale. L'autodeterminazione di ogni singola esperienza, l'autogestione, l'esigenza del radicamento territoriale, il rifiuto, spesso radicale, della delega, la percezione di un processo sociale che tende inesorabilmente a emarginare i soggetti non disciplinati, la caduta della speranza degli "orizzonti ultimi" co- me programma, lo spostamento dei propri universi vitali e conflittuali dal problema del tempo a quello dello spazio e il bisogno di felicità "qui e ora": sono frammenti di un mosaico che segnerà tutte le espe- rienze successive." La "politica dell'emergenza", autentico sostegno dell'offensiva an- tioperaia, che sarà la forma di governo degli anni Ottanta, non lascia spazi possibili di ricomposizione. Lentamente l'azione dei circoli sfu- ma nella separatezza, abbandonando i luoghi dell'azione territoriale e sostanzialmente si distacca dai processi produttivi in corso. Intorno alle ceneri dei circoli rinascono aggregazioni di strada che si ricono- scono quasi esclusivamente nell'autoreferenzialità amicale del proprio piccolo gruppo. Ma il bisogno di produzione di "senso" per darsi nuove forme di "identità" a fronte del vissuto esaurimento di tutte le 178 Centri sociali: geografie del desiderio precedenti favorisce, abbastanza rapidamente, la penetrazione delle pratiche e degli stili di vita punk. 1-4 Nell'esperienza punk confluiscono sia una parte degli "sconfitti" provenienti dai circoli, sia coloro, tra i più giovani, che "sentono" il bisogno profondo di un'azione collettiva, separata e fortemente rico- noscibile dai segni, dai modi e dallo "stile". La mappa n. 7 evidenzia come il movimento punk abbia sostan- zialmente origine negli stessi territori urbani dove era nato il movi- mento dei circoli. Il centro storico della città appare "ripulito" e lo stesso triangolo della zona Sud ha perso la gran parte dei suoi luoghi politici," mentre quello della zona Nord-Est dispone di due autentici baluardi di resi- stenza che sono il Leoncavallo e la casa occupata di via dei Transiti, che dispone di un collettivo politico assai riflessivo e combattivo. DI NUOVO ALLA CONQUISTA DEL CENTRO STORICO? Di nuovo alla conquista del centro storico? A giudicare dalla mappa n. 8 parrebbe di sì. In realtà la dinamica che porta di nuovo a "man- giare il centro" ha caratteristiche evidentemente diverse sia da quelle delle sedi politiche dei primi anni Settanta (concorrenza verticale con le sedi istituzionali), sia dalla pratica dei circoli (si cala in "centro" per rivendicare un uso ricco della città). I punk conquistano agibilità in- vece in spazi privati (bar e simili), nelle strade, nelle piazzette e lo fan- no "provocatoriamente", usando il "corpo" come un medium che fa circolare messaggi di rifiuto, diversità, separatezza. Ma appare evi- dente che il "palazzo", il luogo delle rappresentanze istituzionali è or- mai privo di un qualsiasi significato, è un luogo lontano, separato, che riproduce se stesso, ma che, forse, non governa praticamente più nul- la. I poteri veri sono altrove e le nuove tecnologie flessibili rendono per larga parte superfluo il concentrarsi della direzione dei processi produttivi nel centro storico. Quelli del "palazzo" sono, al più, dei semplici servitori prezzolati dei poteri reali. Gli stessi "triangoli" ur- bani che consentivano di leggere una certa storia del territorio urbano tendono ormai a decomporsi e a frantumarsi. Si potrebbe certo rivendicare un'orgogliosa appartenenza alle pe- riferie, ai luoghi della memoria dei circoli, ma la centrifuga della spe- culazione immobiliare espelle, decentra, distrugge interi microsistemi Un certo uso sociale dello spazio urbano 179 Mappa n. 7 Punk, area di orìgine (provenienza) 1978-1980 1IBAGGIO 141 SEGRATE 2 1 FORZE ARMATE 1 5 \ PALMANOVA - PADOVA »> G1AMBELLINO - LORENTEGGIO Io) COLOGNO 4) TREZZANO S/N 17 » SESTO S GIOVANNI I ) BUCCIN ASCO 1 8 ) MONZA 6ICORS1CO 19) BICOCCA 7 > RONCHETTO S/N 20) BR17ZANO 8) BARONA 2 1 1 QUARTO OGG1ARO S» GRAT( 1SCK ;UO 22) BOLLATE 101 ROZZANO 2*> GARBAGNATE II (CORVETTO 24 i G ALLARATESE 121 S GIULIANO 25» S. SIRO MI ORTICA — 180 Centri sociali: geografie del desiderio Mappa n. 8 Nomadismo punk (esodo verso il centro) 1980-1982 1) PIAZZA S. GIORGIO (via Torino - negozio dischi NEW KARYi l aggregazione di strada) 2) BAR MAGENTA )) BAR CONCORDIA 4) CENTRO SOCIALE SANTA MARTA 5) PARCO SEMPIONE 6) LOCANDA IBaggio) 71 COLONNE S. LORENZO (aggregazione di strada) 8) BAR POLINESIA 9) FIERA DI SENIGALLIA (aggregazione di strada) 10) VIALE MONZA 11) CORREGGIO 18 - VIDICON 12) LA FORNACE 1)) PIAZZA MERCANTI (aggregazione di strada) Un certo uso sociale dello spazio urbano 181 sociali. Trecentocinquantamila cittadini vengono sradicati dai propri quartieri e scaraventati chissà dove. Altri perdono in continuazione posizioni territoriali per essere a loro volta dislocati nelle prime peri- ferie oltre la terza circonvallazione. Tutto sembra diventare confuso e invivibile. I punk sentono come irrinunciabile il bisogno di radicamento in zone socialmente più dense di opportunità, incroci, visibilità. Sarà co- sì che per affinità, come in Correggio, o attraverso conquiste successi- ve che inizierà la fase del radicamento dalla periferia verso altre zone. E sarà un'autentica e inesausta pressione/invasione di spazi preesi- stenti, come viene visualizzato nella mappa n. 9. Tornando al presente, se avessimo visualizzato una mappa dei cen- tri sociali e della loro collocazione territoriale fino al 1989, l'effetto to- pografico sarebbe stato abbastanza singolare. Tutti i luoghi dell'auto- gestione risultavano collocati nelle sezioni Nord-Est e Sud-Est della città. Una linea invisibile che partendo idealmente da Corsico e tra- sversalmente attraversava la città verso Sesto S. Giovanni tagliava in due la città dei luoghi dell'autogestione da quella silenziosa delle zone Nord-Ovest e Sud-Ovest. Nella mappa n. 10, che invece pubblichia- mo risulta invece e comunque molto evidente che ben diciotto spazi di attività autogestiti sono comunque collocati tra Sud e Nord verso Est mentre quattro dei restanti cinque collocati a Nord-Ovest sono nati molto recentemente. La spiegazione di questa anomalia apparente è tutta inserita nella storia industriale della città che nel suo Nord-Est ha avuto il territorio a maggiore intensità di insediamenti produttivi. E, anzi, l'asse del Nord-Est è attualmente il principale polmone dello sviluppo tecnolo- gico della città stessa. È ovvio che in questo territorio la ristrutturazio- ne abbia agito più in profondità che altrove, ed è altrettanto ovvio che i soggetti sociali siano stati quindi costretti a dare continuamente ri- sposte vitali al piano del capitale, che siano stati costretti a inventarsi spazi di appartenenza e di progetto. Si potrebbe osservare che nella zona Nord-Ovest ci sono stati, e ci sono tuttora, vasti agglomerati popolari (si pensi a Baggio, a sua volta storica "residenza operaia" 16 o alla zona intorno a S. Siro (le vie Arethusa e Selinunte ecc.), ma in realtà la differenza di fondo consiste nel ruolo diverso che hanno i quartieri monoclasse (solo impiegati, so- lo operai o solo dirigenti) con quelli a composizione mista. I primi re- stituiscono un vissuto e un'appartenenza univoca e bassa flessibilità, 182 Centri sociali: geografie del desiderio Mappa n. 9 Radicamento punk (1982-1989) Centri 1ICSOACOX18 2) ACQUARIO (1989) 3) ADRENALINE 4) SQUOTT 5) LABORATORIO ANARCHICO 6) CASCINA VAIANO VALLE 7) CSOA LEONCAVALLO 1 vii Leononalb (197J- 1994) 8) CSOA LEONCAVALLO 2 vii Sdamane (1994) 9) CSOA LEONCAVALLO 3 vi. Wnau 10) PERGOLA TWBE 1 1) S. ANTONIO ROCK SQUOT vh GutfàBO 12) CSOA TORKIERA 13) CSOA DEL GALLARATESE (KANTTERE) 14) TRANSITI (CON AMBULATORIO AUTOGESTITO) 13) CSOA MICENE 16) NOVATE - BAKEKA 17) CSOA GARIBALDI 18) CENTRO ANARCHICO DI VIA TORRICELLI 19) ETEROTOPIA (S. GIULIANO) 20) CORTE DEL DIAVOLO (SESTO S. GIOVANNI (1992) 21 ) CSA DEL GRATOSOGUO v» da Mmmjm 22) ASSOCIAZIONE GOLGONOOZA 23) CSA VITTORIA 24) PONTE DELLA GtflSOLFA - BAR ZABRISKIE POINT 25) VILLA AMANTEA 26) PANETTERIA OCCUPATA 27) CASCINA NOVELLA 28) P.ZA ASPROMONTE ^» . . Centri sooafc geografe del deswJoi Z 184 mentre i secondi favoriscono la formazione di un soggetto sociale con una più ricca percezione delle differenze e delle opportunità. A que- sto si può aggiungere che il sistema sociale urbano e industriale del Nord-Est/Sud-Est è stato storicamente un'esemplare miscela di inse- diamenti industriali, di supporto terziario e di strutture residenziali che alternavano in continuazione ceti popolari e strati di classe (ope- rai, impiegati, media e piccola borghesia). Il ragionamento sarebbe piuttosto lungo, ma per concludere, e nei limiti di questo intervento, si possono fare alcune ultime osservazioni inerenti le memorie e le forme di azione e resistenza che si sviluppano nel conflitto urbano per ciò che riguarda un "certo uso sociale del territorio". La prima e abbastanza evidente è che permane una certa funzione di penetrazione verso il centro storico del triangolo della zona Sud. Gli esiti storici (e le memorie delle lotte chi vi permangono) della sua di- versa collocazione urbana rispetto al centro storico, continuano a fun- zionare come universo che determina un singolare segmento di "resi- stenza" contro la tendenza generale che dilata sempre più la città del- l'eccellenza oltre la prima cerchia dei Navigli (da piazza Cadorna a piazza Cavour) per invadere lo spazio tra la stessa e quella delle mura spagnole (corso di Porta Vercellina/Papiniano/ D'Annunzio/Gian Ga- leazzo/Beatrice d'Este/Filippetti/Caldara/Regina Margherita/ Bianca Maria/Viale Maino/Bastioni fino a piazza della Repubblica) per pro- seguire "invasivamente" verso la circonvallazione delle Regioni (però in particolare nella zona Sud/Sud-Est). 17 La seconda è che appaiono in formazione nuove autodetermina- zioni territoriali sia nella parte Sud-Est sia nella parte Nord-Ovest della città. La terza, infine, riguarda la verticale verso Nord, dal quartiere Ga- ribaldi, attraverso l'Isola fino a Greco. Anche questo è uno storico triangolo che era rimasto in parte silenzioso dopo le grandi lotte del 1968/1973 e che ritornò ad avere un cuneo organico di penetrazione a rete dentro il tessuto cittadino. In realtà l'importanza del centro storico come luogo della possibile rappresentanza appare attualmente depotenziato di un qualsiasi signi- ficato. E ciò a dispetto di alcune frustrazioni dei centri sociali per le proibizioni connesse alla sua agibilità. La frontiera della possibile rappresentanza è in tutta evidenza l'in- tero territorio cittadino strutturato nelle sue gerarchie di classe e di Un certo uso sociale dello spazio urbano 185 fruizione. L'intelligenza possibile potrebbe proprio consistere nella conoscenza profonda, leggera e dialettica delle gerarchie territoriali. Non si tratta tanto di avere nostalgia delle pratiche di "contropotere", ma di costruire spazi di sperimentazione lontano e contro l'istituzio- ne, ovvero rapportandosi alla stessa esclusivamente per ribadire "di- ritti negati". Costruire spazi-laboratorio, indispensabilmente in rete tra loro, come un reticolo ostile, ma progettualmente dentro i proces- si stessi di uso speculativo o localistico del territorio urbano. L'agire metropolitano non potrà che essere continuamente dentro il continuo ridisegnarsi della città dell'eccellenza, di quella di "frontiera" e di quella dell'"abbandono". E lo potrà fare solo costruendo reti, allean- ze, contaminazioni, forme di convivenza orizzontali e paritarie. Qual- siasi desiderio di "centralità", al di là del suo possibile realizzarsi non potrebbe, nel tempo, che rivelarsi un errore imperdonabile. NOTE 1 Questo intervento è tratto da un lavoro molto più vasto e analitico ancora in la- vorazione intitolato La luna sotto casa che analizza l'uso sociale dello spazio ur- bano a Milano dal 1948 a oggi. Qui ne viene data un'estrema sintesi necessaria- mente rigida e un po' schematica. 2 In questo secondo piccolo "racconto", i luoghi sono i quartieri letti come micro- sistemi sociali e commerciali che producono non solo lo spazio di appartenenza, ma anche la personalità di chi vi abita e la percezione che la stessa ha della sua collocazione gerarchica all'interno dello spazio urbano. Così come viene descrit- ta Madame Vaquer da Balzac, e cioè attraverso la consonanza della sua persona con il luogo, il milieu influisce sulla sua cultura e visione del mondo. Vedi G. Bassanini, C. Braga. L. Cascitelli. F. Celaschi, I. Fare, B. Giorgini, P. Moroni, N. Piccolo (a cura di), // discorso dei luoghi, Liguori. Napoli 1992. 3 Pubblicato da Mondadori, Milano, nel 1963. Al proposito vedi il saggio ivi con- tenuto Il paradosso di Porta Ludovica. Saggio di fenomenologia topologica. 4 O almeno questa era la situazione nei primi anni Settanta per ciò che riguarda i locali pubblici. È piuttosto noto che gli stessi hanno subito negli anni Ottanta una trasformazione commerciale molto profonda. 5 Vedi il saggio esemplare che M. Cerasi e G. Ferraresi hanno dedicato al quartie- re Crescenzago/Padova in La residenza operaia a Milano, Officina, Bologna 1974. 6 È stato per molti decenni il "porto di Milano" e negli anni Trenta era il secondo porto italiano per tonnellaggio di merci. Ovvio che intomo a "un porto" si for- masse un milieu extralegale e che lo stesso resistesse nel tempo. 7 "Finalmente il cielo è caduto sulla terra" scriverà il giornale A/traverso (il più importante del movimento '77 ma che nascerà, non a caso, proprio nel 1975). 186 Centri sociali: geografie del desiderio Alcuni mesi dopo, il "ciclo" della politica è proprio quello plumbeo, "verticale" e autoritario sia nella sua versione istituzionale sia in quella extraparlamentare. 8 Come si deduce da questo volantino, molte delle recenti polemiche che hanno attraversato i centri sociali in relazione al problema delle "trattative" con le isti- tuzioni, sono quantomeno improprie se riferite storicamente a una supposta ori- ginaria e incontaminata irriducibilità dei centri sociali. 9 Da "Eppur si muove..." foglio dei circoli del Coordinamento zona Sud, Milano 1976. 10 Le lotte per la casa del quartiere Garibaldi/Isola risalgono addirittura al 1968. In quell'anno si formò un Comitato unitario di base per iniziativa di un gruppo di studenti di architettura e delle facoltà umanistiche con l'adesione di molti abi- tanti dei due quartieri. Comitati dello stesso tipo si formarono in tutta la città prima e dopo l'"autunno caldo" (famosi quelli del Gallaratese, di Quarto Oggia- ro, che poi divennero l'Unione inquilini a livello cittadino). Nel racconto ci rife- riamo in particolare allo stabile di corso Garibaldi 89 che fino ai primi metà degli anni Onanta sarà occupato e diventerà anche polo di riferimento politico. Ai bordi di questo stabile (poi ristrutturato) ci sono attualmente il Csa Garibaldi e l'associazione Filo rosso. 11 Per il ciclo dei primi anni Settanta vedi tra gli altri: AA.W., Città e conflitto so- ciale, Feltrinelli, Milano 1972; F. Di Ciaccia, La condizione urbana. Storia dell'U- nione inquilini, Feltrinelli, Milano 1974; A. Daolio, Le lotte per la casa in Italia, Feltrinelli, Milano 1974. Sul "territorio come strumento di controllo sociale", ve- di G. Della Pergola, Diritto alla città e lotte urbane, Feltrinelli, Milano 1976. 12 Ciò non vuol dire che nella zona Sud non esistessero organismi operai e sociali con pratiche di lotta dura e determinata, ma che gli stessi avessero un'attività propria, autonoma e indipendente dai "luoghi di socializzazione" che venivano piuttosto "usati" come ambiti di possibile reclutamento. 13 Non viene qui analizzata la "scelta armata" che richiederebbe un tempo e uno spazio di riflessione molto più vasto di quello qui a disposizione. 14 Su alcune delle caratteristiche di questa esemplare controcultura metropolitana molto è stato scritto e in parte sintetizzato in altra parte di questo volume. 15 "Resisteranno" fino al 1985-86, la redazione di "Controinformazione", la libreria Calusca e poco altro. Sono tuttora operanti la sede dei Caf, Comitati antifascisti, e quella di Avanguardia operaia (poi diventata Democrazia proletaria e, oggi, Rifondazione comunista). Reggono invece le occupazione con spazi sociali di via Conchetta e Torricelli, mentre c'è tutta una lunga storia piuttosto originale che riguarda il Centro sociale territoriale di via Scaldasole dove convivono con l'isti- tuzione un gruppo di occupanti che collabora con alcuni comitati di cittadini ed è molto attivo sul territorio. 16 Vedi il volume di Cerasi e Ferraresi, op. cit. 17 Parliamo qui di processi di "invasione" relativamente recenti, come quelli, per esempio, verso Porta Romana/Vigentina, del Ticinese/Navigli, di Porta Genova verso il Giambellino, della zona tra viale Montenero/Piave e viale Umbria/Pice- no/Mille, di quella tra viale Abruzzi e viale Romagna fino a viale Lombardia ecc.; perché in altre parti di questo territorio "intermedio" l'"invasione" era avvenuta da tempo (per esempio lo spazio urbano della zona di Porta Nuova, quello intor- no alla Fiera campionaria, la zona di corso Vercelli ecc.). Un certo uso sociale dello spazio urbano 187 CREDITI FOTOGRAFICI II cop. • Swarz bombarda la Richard, 1986. Foto Gomma-Archivio ShaKe • Dalle macerie del Leoncavallo, 1989. Foto Livio Senigalliesi III cop. • Milano, manifestazione 19/8/1989. Foto Livio Senigalliesi p. 4 • II Professor Bad Trip dipinge un "faccione" sulla "facciata" di Cox 18, 1992. Foto Paoletta- Archivio ShaKe p. 6 • Composizione fotografica sulle macerie del Leoncavallo di Livio Senigalliesi, 1989 p. 20 • Folla durante la prima edizione del Parco Lambro, 1989. Foto Isabella Balena p. 27 • Pubblico in Cox 18 durante la presentazione di "Decoder" n. 10, 1995. Foto Luca Candiotto p. 32 • Milano, manifestazione 23/9/1989. Foto Isabella Balena p. 45 • Decoder Bbs. Screen capture Gomma p. 49 • Ecn Milano. Screen capture Gomma p. 5 1 • Milano, manifestazione contro la legge Russo-Jervolino, 1988. Foto Archivio Cox 18. • La foresta delle idee. Foto Archivio Leoncavallo • Milano, manifestazione 19/4/1986. Foto "Autonomen" • Milano, via Mancinelli 17/3/1991. Foto Isabella Balena • Foto Isabella Balena • Udienza del processo 19/6/1990. Foto Isabella Balena • Foto Archivio Leoncavallo • Foto Archivio Leoncavallo • Foto Archivio Leoncavallo • Fotografando i fotografi, Milano, manifestazione 23/12/1995. Foto Archivio Leoncavallo • Scaffotd, opera di Mutoid Waste Company, 1991, Cox 18. Il muro è stato successivamente abbattuto. Foto Xa • Foto Gegé • Foto Gegé • Foto Gomma-Archivio ShaKe • Foto Paoletta-Archivio ShaKe • Manifesto Cox 18, foto Richard Kem • Foto Xa p.74 p.81 p.84 p.88 P 91 p.94 p.96 p.99 p. 100 p. 103 p- 104 p 108 P- 121 p- 126 p- 131 p 137 P- 155 Inserto fotografico • Foto Duilio Zanni p. I • Foto Mario Taito p. II • Foto Gaetano Montingelli p. Ili (alto) • Foto Gaetano Montingelli p. ITI (basso) • Foto Archivio "Autonomen" p. IV (alto) • Foto Archivio "Autonomen" p. IV (basso) • Foto Archivio "Autonomen" p. V (alto) • Da Stranieri a Milano, fotografìe di Lalla Golderer e Vito Scifo, Mazzotta, Milano 1985 p. V (basso) • Foto Gin Angri p. VI (alto) • Collage Archivio ShaKe p. VII (alto) • Archivio ShaKe p. VII (basso) • Foto Gomma-Archivio ShaKe p. Vili (alto) • Foto Archivio "Autonomen" p. VHI (basso) • Foto Archivio "Autonomen" p. LX (alto) • Foto Archivio "Autonomen" p. IX (basso) • Foto Archivio "Autonomen" p. X (alto) • Foto Archivio "Autonomen" p. X (basso) • Foto Archino "Autonomen" p. XI (alto) • Foto Archivio "Autonomen" p. XI (basso) • Foto Archivio "Autonomen" p. XII (alto) • Foto Gomma-Archivio ShaKe p. XH (basso) • Foto Archivio "Autonomen" p. XIII (alto) • Foto Archivio "Autonomen" p. XM (basso) • Foto Isabella Balena p. XTV • Foto Isabella Balena p. XV (alto) • Foto Isabella Balena p. XV (basso) • Foto Isabella Balena p. XVI (alto) • Foto Livio Senigalliesi p. XVI (basso) • Foto Ag. Fotogramma p. XVII (alto) • Foto Maki Galimberti- Ag. Fotogramma p. XVII (basso) • Foto Livio Senigalliesi p. XVHI • Foto Archino Leoncavallo p. XLX (alto) • Foto Livio Senigalliesi p. XIX (basso) • Foto Livio Senigalliesi p. XX (alto) • Foto Livio Senigalliesi p. XX (basso) • Foto Gomma- Archivio ShaKe p. XXI (alto) • Foto Isabella Balena p. XXI (basso) • Foto Alessandra Attianese p. XXII (alto) • Foto Renzo p. XXII (basso) • Foto Archivio Leoncavallo p. XXIII (alto) • Foto Alessandra Attianese p. XXIII (basso) • Foto Coli, fotografico Leoncavallo p. XXTV (alto) • Foto Isabella Balena p . XXIV (basso) • Foto Isabella Balena p. XXV (alto) • Foto Archivio Leoncavallo p. XXV (basso) • Foto Archivio Leoncavallo p. XXVI (alto) • Foto Coli, fotografico Leoncavallo p. XXVI (basso) • Foto Isabella Balena p. XXVII (alto) • Foto Maurizio Maule- Ag. Fotogramma p. XXVII (basso) • Foto Coli, fotografico Leoncavallo p. XXVIII (alto) • Foto Coli, fotografico Leoncavallo p. XXVIII (basso) • Foto Ag. Fotogramma p. XXIX (alto) • Foto Ag. Fotogramma p. XXIX (basso) • Foto 3Mend p. XXX (alto) • Collage Archino ShaKe p. XXX (basso) • Foto Archivio Leoncavallo p. XXXI (alto) • Foto Archivio Leoncavallo p. XXX3 (basso) • Da Leonkart. Città del desiderio, autoprodotto dal Csoa Leoncavallo, Milano 1 996 p. XXXII ( alto) • Foto Archivio Leoncavallo p. XXXII (basso) • Foto Pino Petita p. XXXm •Foto Pino Petita p. XXXTV (alto) • Foto Pino Petita p. XXXTV (basso) • Collage Archivio ShaKe p. XXXV (alto) • Archivio ShaKe p. XXXV (basso) • Foto Archivio Tvor p. XXXVI (alto) • Foto Archivio Tvor p. XXXVI (basso) • Foto Archivio ShaKe p. XXXVII (alto sin.) • Foto Gomma- Archivio ShaKe p. XXXVII (alto des.) • Foto Gomma- Archivio ShaKe p. XXXVII (basso) • Collage Archivio ShaKe p. XXXVIII • Foto Gegé p. XXXLX (alto) • Foto Gegé p. XXXIX (basso) •Foto Gegé p.XL(alto) • Foto Gomma- Archivio ShaKe p. XL (basso) • Grafica Kix, Archivio ShaKe p. XLI (alto) • Foto Gomma-Archivio ShaKe p. XLI (basso) • Foto Gomma-Archivio ShaKe p. XLII (alto) • Foto Gomma- Archivio ShaKe p. XLII (basso) • Opera al Frizzi e Lazzi di Atomo e Swarz. Foto Gomma- Archivio ShaKe p. XLIII (alto) • Opera di Atomo e Swarz. Foto Gomma-Archivio ShaKe p. XLIII (basso) • Opera di Atomo e Swarz. Foto Gomma- Archivio ShaKe p. XLIV • Opera di Atomo e Swarz. Foto Gomma-Archivio ShaKe p. XLV (alto) • Opera di Atomo e Swarz. Foto Gomma-Archivio ShaKe p. XLV (basso) • Foto Paoletta-Archivio ShaKe p. XLVI (alto) • Foto Livio Senigalliesi p. XLVI (basso) • Foto Gomma- Archivio ShaKe p. XLVII (alto) • Foto Archivio Cox 18 p. XLVII (basso) • Da "Decoder", n. 3, ShaKe, Milano 1988 p. XLVIII (alto) • Foto Archivio Cox 18 p. XLVIII (basso) • Foto Livio Senigalliesi p. XLLX • Foto Livio Senigalliesi p. L (alto) • Foto Archivio Cox 18 p. L (basso) • Foto Archivio Cox 18 p. LI (alto) • Foto Livio Senigalliesi p. LI (basso) • Foto Ag. Fotogramma p. LII • Foto Ag. Fotogramma p. LUI (alto) • Foto Ag. Fotogramma p. LIII (basso) • Foto Archivio Cox 18 p. LIV (alto) • Foto Xa P. LTV (basso) • Foto Xa P. LV • Foto Xa P. LVI • Foto Gomma-Archivio ShaKe p. LVII (alto) • Foto Gomma- Archivio ShaKep. LVII (basso) • Foto Archivio Cox 18 p. LLX (alto) • Foto Luca Candiotto p. LLX (basso) • Foto Luca Candiotto p. LX (alto) • Foto Luca Candiotto p. LX (basso) • Foto di AA., inviata a "Decoder" p. LXI (alto sin.) • Foto Luca Candiotto p. LXI (alto des.) • Foto Xa p. LXI (basso) • Grafica Philopat p. LXII (alto) • Grafica Casalone e Loia p. LXII (basso) • Foto Luca Candiotto p. LXflI (alto) • Foto Luca Candiotto p. LXIII (basso) • Grafica Cyber-E p. LXTV (alto) • Foto Paola Bensi p. LXTV (basso) Alcune attribuzioni all'Archivio Leoncavallo sono in realtà da assegnare ad Alessandra Attia- nese, Bruna Orlandi, Isabella Balena, Enzo Gargano, Renzo. Ci scusiamo, ma non era pos- sibile risalire all'autore. Uia Cesare Balbo 10 - ITlilano - Tel. 02/58317306 MINDPLAYERS Pat Cadigan. È il primo romanzo psycocyber dell'unica scrittrice riconosciuta dal movi- mento letterario cyberpunk pp. 240 Lit. 23.000 - PANTERE NERE Paolo Bertella Farnetti. Il libro sull'or- ganizzazione politica che più ha acceso l'immaginazione di varie generazioni di giovani rivoluzionari e ribel- li: il Partito delle Pantere nere, pp. 288, 100 foto Lit. 25.000 - L'OCCHIO NELLA PIRAMIDE Primo vo- lume della trilogia GLI ILLUMINATI R. Shea - R.A. Wilson. Questo romanzo si snoda tra magistrali fanta- sie paranoiche e un'intrigante analisi della realtà "occulta" pp. 304 Lit. 23.000 - VIA RADIO Hakim Bey. Dallo stesso autore di T. A.Z., una raccolta di brevi saggi sull'immediatismo, una strategia di accesso al piace- re, "la TV è per l'immaginazione quello che il virus è per il DNA: la fine" pp. 64 Lit. 8.000 - T.A-Z. Hakim Bey. Dalle comunità dei pirati di Captain Mission alle comunità telematiche Cyberpunk. L'elogio del noma- dismo psichico in un saggio che è già un classico delle controculture, pp. 175, 80 foto Lit. 20.000 - GIRO DI VITE CONTRO GLI HACKER Bruce Sterling. Testo fondamentale per chi desidera conoscere le di- namiche del cyberspazio, pp. 254 Lit. 23.000 - SENZA ILLUSIONI a cura di Bruno Cartosio. Antologia sui neri americani dalle Black Panther alla rivolta di Los Angeles, contributi dei migliori saggisti afroameri- cani, pp. 272 Lit 28.000 - RE/SEARCH Edizione italiana J.G. Ballard. Antologia del grande anticipatore del futuro prossimo venturo. Contiene 29 saggi originali inediti di non-fiction, pp. 272 Lit. 20.000 - RE/SEARCH Edizione italiana W.S. Burroughs, B. Gysin. Questo libro rilegge "il demone" Burroughs a partire dai movimenti e dalle scene più radicali, pp. 200 Lit. 20.000 - DECODER IL FILM Klaus Maeck. Un film cult e profetico. Con F.M. Einheit, G.P. Òrridge, Christiana F., W.S. Burroughs. Musica: Einstur- zende Neubauten, Soft Celi, The The, 58 minuti Lit. 35.000 - NO COPYRIGHT Raf Valvola Scelsi - per un nuovo diritto positivo dell'uomo. Un testo che chiarisce la questione della trasmissione del sapere nella società postfordista. Dal software al problema generale, pp 304 Lit. 23.000 - SNOW CRASH Neal Stephenson. Primo romanzo edito dalla ShaKe, vero e proprio tecno-giallo dell'età dell'informazione. Pre- miato come miglior libro di fantascienza nel 1994 con l'Arthur C. Clarke Award, pp. 416 Lit. 28.000 - VE- RE ALLUCINAZIONI Terence McKenna. U più grande studioso di psichedelici contemporaneo, in un ro- CATHL0G0 "a malcolm ) manzo-verità, un viaggio alla ricerca del più potente allucinogeno, pp. 248 Lit 23.000 - IL PASTO NUDO A FUMETTI Professor "Bad Trip". 11 classico sulle droghe illustrato dal grande cerimoniere acido. Introdu- zione-intervista a Fernanda Pivano, pp. 80 Lit. 20.000 - CON OGNI MEZZO NECESSARIO Malcolm X. I discorsi e le interviste dell'ultimo anno di vita. Uno strumento indispensabile per la conoscenza delle lotte radicali nere pp. 224, 20 foto Lit. 20.000 - CYBERPUNK Antologia dì testi politici. II ritorno ruggente del- la stampa underground, 33 metri di citazioni positive sulla stampa italiana, 18 edizioni, pp. 224 Lit. 20.000 - COMMISSIONER OF SEWERS William Burroughs. Un film di Klaus Maeck VHS 60 min. di documenti su zio Bill, altamente professionali, Lit. 35.000 - VIDEOZINE CYBERPUNK voi. I Videocassetta VHS con libretto, antologia di futuri contemporanei, 80 minuti Lit. 25.000 - VIDEOZINE CYBERPUNK voi. II Videocassetta VHS con libretto, filmati di: Realtà virtuali a basso costo, Movimento Anticopyright, Cyberar- tisti, Traveller, Raver, Black Ice, Cyber comics, Technomusic, Hacker, 90 minuti Lit. 25.000 - DECODER 10 Speciale Femminismo Cyborg; Reti: No alla legge; Free Softw. Found.; California News; Virtual sex; Giu- risprudenza informatica; 144: nuovi lavori servili; K.L.F.; Raver italiani e londinesi e CJB, Sadie Plani- T.V. comunitarie, Videogame, Harwood, Bad Trip; pp. 96 Lit. 8.000. Numeri arretrati disponibili: DECODER 8 B. Sterling; Mondo 2000; G. Harwood; Attualità di Malcolm X; P. Moroni; Katodika; Cromosoma X; N. Balestrini; Stelarc; Terminal; Lit. 7.500; DECODER 9 Speciale Italian BBS Crackdown; Travellers, Mike Davis; Scrittura Radicale; Hacking; Rheingold; MUD; Sterling, LSD; Bad Trip Comix; Lit. 7.500. DECODER BBS 0Z/Z9527597 Aperta dalle ore IH alle ore 8 del mattino 300-28800 8aud. 8. 1, fi ORA nnCHE SU IflTERflET http://uiiiiiiiH.iol.it/decoder PROSSIfTlE USCITE HACKERS: eroi della rivoluzione del computer • di Steven Levy • trai di Syd Migx • collana Cyberpunkline • pp. 416, Lit. 30.000, in uscita È il libro definitivo della storia degli hacker dal 1958 al 1983. La storia inizia con il "Tech Model Railroad Club", le furtive utilizzazioni dei computer militari e la nascita dei primi programmi per giocare o suonare fatti girare clandestinamente su queste macchine. Così nacque luetica hacker" • A Berkeley una serie di techno-anarchid, che si divertiva creando radio pirata di movimento o interferenze televisive, progettò le prime interfacce "user friendly". Un viaggio avvincente che rende giustizia su di un periodo storico spesso mistificato. LA SADICA PERFETTA • di Terence Sellers • trad. di Capitan Kirk • collana Corp indicali, pp. 208, Lit. 20.000, in uscita Terence Sellers proviene dalla scena punk americana della fine degli anni Settanta. Dopo aver scoperto le proprie attitudini più recondite durante una serata passata al C.B.G.B., apre una sua dungeon a New York. La sadica perfetta rappresenta la summa teorica della sua riflessione sull'argomento. In successione vengono toccati i classici temi della disci- plina quali il bondage e il feticismo. Tutte discipline comunque che hanno nel linguaggio e nel suo sottile uso la propria fonte originatrice.Completano il testo una decina di tavole di Genesis P-Orridge, artista multimediale e fondatore degli Psychic TV. UTOPIA PIRATA f UTOPIA PIRATA • di Peter Lambom Wilson (Hakim Bey) • trad. Syd Mgjf colla- na Piratini, pp. 160, Lit. 18.000, in uscita Dal XVI al XIX secolo i corsari provenienti dalla Costa atlantica del Marocco hanno conti- nuato a razziare le navi; al con tempo mdtissimietiropd si sono co^ aggregati alla "guerra santa" dei pirati. Erano "rinnegati" oppure hanno abbandonato e tradi- to il cristianesimo come pratica di resistenza sociale? P.L. Wilson, esperto di zone temporanea- mente autonome, mette a fuoco le caratteristiche agl'organizzazione pirata: corsari, sufi, pe- derasti , irresistibili donne, schiavi, avventurieri, ribelli irlandesi, ebrei eretici, spie britanniche | ed eroi popolari radicali.. . la popolazione di queste or TRAVELLERS - Voci dei nomadi della nuova era • di R. Lowe e W. Shaw, • trad. di M. Garuti • collana Undergr oun d • pp. 224, con immagini, Lit. 22.000, ài uscita Nella tradizione del "racconto orale", le vere storie di 30 "nomadi della nuova era". Parlano i protagonisti di un movimento che solo in GB conta mezzo milione di aderenti, tra vecchi hippy e nuovi raver, gente che si sposta continuamente a bordo di furgoni, camion e auto scassate. Una dimensione nuova della socialità, dello spazio e del tempo, del (non)lavoro e della musica. Ora questi "angari della modernità" sono divenuti uno pro- blema di "ordine pubblico", per il loro uso di droghe, per le loro feste e per le loro conti- nue violazioni dei confini delle proprietà terriere e delle strade d'Inghilterra. DECODER N° 11 - rivista ini • pp. 96, Lit. 8.000, ii D caso Zimmerman • Interviste: Neal Stephenson, Hakim Bey, R. Anton Wilson, J. G. Ballard, Rosi Braidotti • Junglist, la musica della giungla metropolitana • Squatter e raver in Inghilterra • Tedino U.K. • Come si beffa il giudice • I consigli legali del dot- tor Kabel • Ire e #cybernet • Professor Bad Trip • Cromosoma X e cyberfrmminismo • Energia alternativa • Centri e impresa sociale • Telecomunicazioni e privatizzazioni • Virus informatici • Access for ali.